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Renzi: "Io candidato a segretario? Se il Pd decide di vincere..."

Il sindaco di Firenze al Giornale: "Tutto dipende da cosa vuol fare il partito, se ha capito di aver perso le elezioni. Non farò cadereil governo, tifo per Letta"

Renzi: "Io candidato a segretario? Se il Pd decide di vincere..."

Sindaco, si candida o no alla segreteria del Pd?
«Aspetti che la signora qui vuol farsi una foto con me…». Intervistare Matteo Renzi è un po' come intervistare una rock star in tournée: bisogna inseguirlo tra manifestazioni, taxi, stazioni e Frecciarossa Roma-Firenze, interrotto a ogni passo da gente che lo saluta, lo invoca, lo contesta, lo abbraccia o vuol farsi fotografare con lui. «Piaccio tanto alle signore attempate, con le ragazze vado meno forte», scherza lui.

Ci dice o no se si candida, che tutti la stanno tirando per la giacchetta?
«Il tormentone su cosa fa Renzi è non solo insopportabile ma anche inutile e non coglie il punto centrale, che è cosa farà il Pd: farà un congresso serio o no? Accetterà la sfida del cambiamento e della novità o no? Perché questa è la questione in ballo, su cui non decido io. La domanda che faccio io al Pd è: ha capito di avere perso le elezioni di febbraio? E ha voglia di provare a vincere le prossime? Dipende tutto dalle risposte a queste domande, quel che farà Renzi».

E se dunque lei - a certe condizioni - farà il leader del Pd, costituirà un pericolo o una risorsa per il governo Letta?
«Questa contrapposizione forzata non la capisco, lo dico anche al Giornale e al direttore Sallusti, che mi ha rimproverato di volere far cadere Letta. Enrico ha tutte le caratteristiche istituzionali, politiche e personali per governare, e io faccio il tifo per lui. Per carattere, io non tramo. E neanche tremo: se ho qualcosa da dire lo dico in faccia, chiaramente. Peraltro non capisco perché, se dico che il governo non deve “vivacchiare”, le mie parole vengano così drammatizzate: è una banalità che pensano tutti, credo. Questo governo è una bicicletta che sta in piedi solo se si pedala forte. Il ruolo del Pd non è quello di essere pro o contro governo, è quello di farsi sentire sulle sue istanze, come ha saputo farsi sentire Berlusconi sull'Imu».

Sull'Imu ci sono state molte proteste, a sinistra.
«Lo so, e l'ho scritto anche nel mio libro Oltre la rottamazione: fui l'unico in campagna elettorale, mentre tutti a sinistra si stracciavano le vesti perché Berlusconi aveva proposto di abolirla, a dire che il problema del Paese non erano certo quei 2,9 miliardi, che sono meno di quanto si è speso per le quote latte della Lega. Si trovano, e non c'è niente di male ad abbassare la tassazione. Mi hanno dato tutti addosso perché ho detto che l'Imu è stata una vittoria di Berlusconi, ma è la verità. E quando arriveranno sul tavolo del governo le proposte del Pd, il Pd deve essere altrettanto forte nel difenderle. Invece di lamentarsi per l'Imu, abbia il coraggio di fare le sue battaglie».

A proposito di operato del governo, è soddisfatto dell'abolizione del finanziamento pubblico annunciata da Letta?
«Non commento gli atti del governo proprio per evitare tensioni. Ma diciamo che quello è un primo passo, per molti aspetti un passo dovuto. E sono ben contento di vedere che ora sono a favore dell'abolizione anche quei tanti che nel Pd, quando alle primarie dicevo che il finanziamento pubblico andava eliminato, mi replicavano che era impossibile e sbagliato».

Eppure sospettano sempre di lei, quando c'è qualche guaio per il governo. L'hanno accusata anche di essere la manina dietro la mozione Giachetti contro il Porcellum…
«Chi lo dice non conosce né Roberto Giachetti né me. Siamo due persone libere, che fanno le cose dietro le spalle di nessuno ma conducono le loro battaglie a viso aperto e mettendoci la faccia. Giachetti non solo quella: è stato l'unico parlamentare che nella scorsa legislatura ha condotto una solitaria e coraggiosa battaglia contro il Porcellum, anche con un lungo sciopero della fame. Non è il mio metodo di lotta, ma gli va riconosciuto uno straordinario valore morale e politico. Lui ha avuto il coraggio di fare quella battaglia mentre nessuno ne parlava. E ora sarebbe un grande errore verso l'opinione pubblica non capire che la riforma della legge elettorale è centrale e prioritaria: se i parlamentari non dimostrano di essere in grado di cambiare le regole che riguardano loro, come possono essere credibili su qualsiasi altra riforma?».

La legge elettorale e poi?
«Il messaggio più forte che il Parlamento potrebbe dare, sulle riforme, è partire subito dall'abolizione del Senato: sarebbe un segnale chiarissimo all'opinione pubblica che si è recepito il messaggio “anti-casta” del 25 febbraio. Trasformare il Senato in una Camera delle autonomie, nella quale siedono - senza indennità - sindaci e presidenti di Regione».

Sul governo grava un'altra incognita: che succederà se Berlusconi verrà condannato in Cassazione e sospeso dai pubblici uffici?
«Non lo so, ma io ho sempre sognato un finale politico per la querelle tra anti e pro Berlusconi, non giudiziario. Mi sarebbe piaciuto batterlo nelle urne, non aspettare i tribunali. Di certo, il centrosinistra che ora guarda alla Cassazione ha la responsabilità di aver rilanciato il Cavaliere, e portato al governo di larghe intese. A Natale neanche lui si immaginava di poter tornare in gioco in quel modo: è stato il centrosinistra a fare il clamoroso errore di sottovalutare il “Giaguaro”, e a sbagliare tutta la campagna elettorale dal punto di vista mediatico e politico. Onore al merito del combattente Berlusconi, ma se siamo qui è perché il Pd ha perso la sua sfida».

A prescindere dal caso Berlusconi, non crede che anche sulla giustizia e il ruolo dei magistrati servano riforme?
«Non c'è magistrato che non lo riconosca, che bisogna riformare profondamente il sistema, con serenità e superando le esigenze particolari di un singolo come Berlusconi. Di certo, le ultime elezioni hanno segnato una clamorosa sconfitta per la sinistra più barricadiera e giustizialista, il cui emblema è Antonio Ingroia. Neppure Berlusconi, se avesse voluto inventare uno spot anti toghe avrebbe saputo farlo meglio di Ingroia: l'immagine del pm che, sconfitto in una campagna elettorale giocata in prima linea, vuole tornare a fare quel che faceva prima e subito si mette in ferie per un mese, è insuperabile».

È preoccupato per i sondaggi, Renzi? Qualcuno la dà per la prima volta in discesa.
«Non è la prima volta.

E comunque mi accontento di venire dopo Napolitano… Comunque no, non mi preoccupo: un vero politico non corre dietro ai sondaggi, se mai prova a cambiarli».

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