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Vietato dire "ebetino" a Renzi. Ma se lo fa Grillo non è reato

Una signora si è ritrovata querelata dal premier per avere scritto lo sfottò sul blog del leader M5S. Mentre il comico lo ripete da anni sui giornali e le tv del mondo

Vietato dire "ebetino" a Renzi. Ma se lo fa Grillo non è reato

Quel viziaccio ce l'ha sempre avuto. A vederlo così sembra tutto battutine, give me five, pacche sulle spalle, sorrisoni, un fare ì bischero. Ma se appena provi a criticare quello che fa o quello che dice, a sfotterlo un po', a riprenderlo sulle promesse che non mantiene, le date che non rispetta, gli annunci che restano solamente annunci, il premier di Rignano sull'Arno, Matteo Renzi, non ci pensa due volte a chiamare i suoi legali e a querelare seduta stante. A Firenze lo ha fatto diverse volte, con politici locali, giornalisti, semplici cittadini, un dipendente comunale e persino lo speaker di una nota radio Toscana, l'unica voce fuori dal coro in una Regione rosso fuoco, Radio Studio 54.

Un'arroganza istituzionale cui Renzi ha abituato nel corso dei suoi dieci anni di politica, sia da presidente di Provincia che da sindaco, fino a Palazzo Chigi. Una delle sue ultime vittime però riveste un profilo del tutto nuovo e bizzarro nel panorama dei querelati da Renzi. Ilda Iadanza, una signora friulana, mamma, moglie, con una piccola attività commerciale, racconta nella sua pagina Facebook, che solo per aver scritto «ebetino» sul blog di Grillo è stata denunciata da Renzi per diffamazione. Se lo fa il leader del M5S in tutte le piazze d'Italia e in tutti giornali, tv e radio del mondo, va bene, ma se lo ripete una normale cittadina scatta la sanzione. «Forte coi deboli, debole coi forti. Renzie l'ebetino debole con la Merkel e forte con una mamma, una semplice cittadina. #ebetinodenunciacitutti», scrive Grillo sul blog.

Ilda Iadanza racconta che nel giugno 2013 venne contattata dalla polizia postale di Gorizia: «Avendo a mio nome le utenze, sono risaliti a me ed avendo due figli, uno pre-adolescente e uno adolescente ho subito pensato: chissà quali siti sono andati a vedere...» e, invece, «mentre ero in attesa dell'assistente capo, notai sulla scrivania una cartella intitolata “Matteo Renzi”, e qualcuno a matita ci aveva aggiunto “sindaco di Firenze”, ma non ci feci troppo caso. Dopo aver comunicato le mie generalità arrivammo al dunque. Renzi aveva sporto denuncia di diffamazione nei miei confronti. Giuro che stavo per svenire». Da premettere che la signora Iadanza non aveva prima di quel momento avuto contatti con Renzi, «lo vedo solo sui giornali e su Internet».

Perché, dunque, l'allora sindaco aveva querelato proprio lei? Le venne spiegato che Renzi ha un ufficio stampa con decine e decine di persone al suo servizio, con il compito specifico di spulciare tra i blog, alla ricerca di una qualunque espressione, che anche alla lontana si possa considerare un'offesa, e scatta così automaticamente la querela.

Alla signora venne fatto il quarto grado: la polizia le chiese se il giorno 17 agosto 2012, alle ore 14 circa, si era collegata al blog di Grillo, e se era stata lei a scrivere un commento. «Rispondo che può essere, ma che non ricordo esattamente cosa ho scritto, essendo passato quasi un anno. Mi venne detto che avevo scritto “ebetino”.

Io incredula chiedo “ma scusi ho scritto solo ebetino? e null'altro, nemmeno un parolaccia piccola, piccola?”. “No niente di tutto ciò” e mi sento rispondere: “Solo ebetino”. Rimasi senza parole. Ma come, scrivo “ebetino” e vengo denunciata per diffamazione? Ora ho in corso un processo penale. Dopo aver ammesso le mie “colpe”, ho dovuto nominare un avvocato. Potrebbe chiedermi un risarcimento morale in denaro. Ora dipende tutto dal gip e sono ancora in attesa di avere notizie».

Tornata a casa, la signora Iadanza, ha raccontato tutto alla famiglia che quasi si è messa a ridere (se non ci fosse da piangere) per l'assurdità della situazione. «Dopo essermi scusata con i miei figli per averli incolpati ingiustamente, mi collegai al blog e cercai nell'archivio il post incriminato ma il mio commento non c'era più, era stato cancellato».

Come la coscienza di Renzi.

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