Economia

Intesa, la cordata non decolla Per Parmalat restano 24 ore

L’offerta va presentata entro domani alle 12. L’ipotesi della "promessa d’acquisto". E Lactalis fa i conti con l’Antitrust Ue e le critiche interne

Intesa, la cordata non decolla 
Per Parmalat restano 24 ore

Intesa Sanpaolo ha tempo fino alle 12 di domani: poco più di 24 ore per ripetere il miracolo Alitalia e mettere in piedi una cordata industriale che salvi la Parmalat dai francesi. Domani si riunirà il cda di Collecchio che per poter rinviare l'assemblea a fine giugno dovrà avere pronta sul tavolo una proposta alternativa a quella di Lactalis. Altrimenti l'assemblea non potrà essere spostata per assenza dei «fatti rilevanti» indicati dal decreto anti Opa. Dalla banca guidata da Corrado Passera è atteso l’assist a Enrico Biondi e al cda. Ma la mossa al momento non ha trovato la quadra. Anche se Intesa ha assoldato lo Studio Pedersoli di Milano per un estremo tentativo: presentare al cda una accettabile proposta di rinvio dell’assemblea sulla base di un «promessa» di cordata industriale.
In realtà il pool finanziario c’è già, costruito attorno alla stessa Intesa e a fondi di private-equity (si è fatto il nome di Palladio e Tamburi), mentre meno certo è l’impegno di possibili partner industriali. Ferrero nicchia: ha confermato la disponibilità a partecipare, ma non da sola, preferendo una Telco del latte dove entrare a fianco dei francesi. Perché «la guerra a Besnier, loro non la fanno», ha commentato una fonte vicina al dossier. Così come non vuol ballare da sola Granarolo che chiede tempo sperando nel rinvio dell’assemblea. Il problema sono i soldi: per lanciare un’Opa preventiva servono circa 2,8 miliardi di cui 1,3 potrebbero arrivare dai fondi. Intesa metterebbe sul piatto 300 milioni puntando a coinvolgere Ferrero con altri 4-500. Nella partita entrerebbe poi Granarolo. Si allontana, invece, l’ipotesi spezzatino (ovvero rilevare gli asset domestici di Parmalat che poi potrebbero essere oggetto di fusione con Granarolo): primo perché non ci sarebbero i tempi per mettere a punto l’operazione, secondo perché i francesi sono proprio interessati alle attività italiane.
Nel frattempo, qualche sommovimento anti-francese si registra. Ma all’estero. A sorpresa ieri è arrivato l’altolà di Bruxelles: «La regola è che non si può acquisire il controllo di un gruppo senza prima il via libera della Commissione», ha ricordato la portavoce del commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia. «I servizi dell'antitrust europeo seguono da vicino e con interesse la situazione. Lactalis ha la responsabilità di sapere se il 29% della sua partecipazione in Parmalat le dà o no il controllo del gruppo. Se così fosse, Lactalis dovrebbe notificare l'operazione alla Commissione perchè in materia di fusioni e di acquisizioni non si può acquisire il controllo di una società senza prima avere il via libera dall'esecutivo Ue». Un messaggio chiaro arrivato dopo che martedì il presidente di Lactalis, Michel Besnier, ha contattato lo staff di Almunia per trattare la questione Parmalat. Non solo.
In Francia Lactalis ha dovuto incassare anche le critiche del giornale di casa Les Echos, che ieri ha definito i vertici della multinazionale, «filibustieri su un mare di latte». Puntando il dito sulla scarsa trasparenza dell’«impresa più misteriosa di Francia», quella «che non pubblica bilanci ufficiali, il cui presidente si rifiuta di farsi fotografare e non ama i politici, i sindacati e le cooperative». Ritratto impietoso che si conclude con un interrogativo: «Il gruppo ha davvero i mezzi finanziari per portare avanti le sue ambizioni planetarie?». Chissà. Di certo a corto di mezzi sembra essere l’industria italiana, che ha solo 24 ore per fare il miracolo.

E a respingere i filibustieri di Lactalis ci sta provando, paradossalmente, l’Europa.

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