Economia

«Investire in Italia? Si può. E a Brindisi ok al rigassificatore»

La British Gas è un colosso del settore energia, fra i numeri uno al mondo, che fattura (dati 2008) 14,3 miliardi di euro e ne guadagna 5,6. Con un utile simile, si può dire che abbia azzeccato il business giusto. Ora questo gigante, dopo un’anticamera durata circa otto anni, sta per diventare un protagonista anche sul mercato italiano: giovedì la Commissione tecnica del ministero per l’Ambiente ha dato il suo ok alla costruzione del rigassificatore di Capo Bianco, a Brindisi. L’impianto, quando sarà terminato, avrà una potenzialità di 8 miliardi di metri cubi all’anno, circa il 10 per cento del consumo nazionale. Secondo l’amministratore delegato di British Gas Italia, Damiano Ratti, il nulla osta appena ricevuto per l’avvio dei lavori è un segnale positivo per tutti gli investitori stranieri che hanno intenzione di venire in Italia, ma esitano a causa della complessità della nostra burocrazia.
Il via libera al vostro rigassificatore potrà fare da apripista ad altre operazioni?
«Questo non lo so. Certo che il nostro caso era seguito con attenzione in tutto il mondo: gli scettici pensavano che fosse la dimostrazione dell’impossibilità di realizzare grandi progetti in Italia. Lo sbocco che la vicenda ha appena avuto li ha smentiti».
La vostra prima richiesta è dell’ottobre 2001, siamo al dicembre 2009. Che cosa è successo lungo il cammino?
«Noi avevamo scelto una procedura semplificata, prevista dalla legge italiana. Ma c’è stato un ricorso alla Commissione europea che ha aperto una procedura per violazione della normativa comunitaria. Allora il precedente governo ha sospeso l’autorizzazione ai lavori e abbiano iniziato l’iter per chiedere la valutazione di impatto ambientale. E questo si è concluso, appunto, giovedì. Felicemente».
I vostri azionisti inglesi non si sono scoraggiati di fronte a queste lungaggini burocratiche?
«No. Non hanno mai messo in dubbio la validità di questo investimento. Stiamo parlando di circa mezzo miliardo di euro».
Adesso quali altri passi dovrete fare?
«Il dossier passerà al ministero dello Sviluppo che dovrebbe riconfermare l’autorizzazione del 2001. Poi si potrà ripartire con i lavori».
Non pensa che quando l’impianto entrerà in funzione opererà in uno scenario completamente diverso da quello ipotizzato nel 2001? Mi spiego: fino a due anni fa, con la crisi dell’Ucraina, si pensava che saremmo rimasti al freddo per mancanza di gas. Ora, all’opposto, c’è sovrabbondanza. Non rischiate di arrivare su un mercato già saturo?
«È vero che oggi non esistono problemi di scarsità di gas come un paio di anni fa. Ma questo succede non perché c’è un eccesso di offerta, ma perché la domanda è nettamente caduta. I consumi di gas sono scesi quest’anno del 10 per cento, un crollo che non si era mai verificato dalla fine della guerra. E questa è la conseguenza della crisi economica. Ma tutti pensiamo e speriamo che finisca. E quando finalmente succederà, la domanda risalirà con la stessa rapidità con la quale era calata».
E voi, con Brindisi, sarete pronti.
«Certo. Non bisogna dimenticare che per costruire questi impianti occorrono tempi lunghi. E che bisogna essere pronti a soddisfare i picchi di domanda e non solo i consumi medi. In questi giorni a Milano e in gran parte dell’Italia il termometro è sceso a cinque gradi sotto zero e i consumi di gas per riscaldamento hanno certamente avuto un’impennata.

Se non fossimo nella situazione che ho detto, cioè di domanda scesa a causa della crisi, avremmo dei problemi a soddisfare questo picco».

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