Politica

L’Italia vincerà la sfida

Intervengo in Parlamento per riferire sul cambiamento avvenuto nella composizione del Governo con la sostituzione, il 22 settembre scorso, del dimissionario ministro dell'Economia e delle Finanze, Domenico Siniscalco, con il vicepresidente del Consiglio, Giulio Tremonti.
Al professor Siniscalco, il Consiglio dei Ministri ha espresso il suo ringraziamento per l'opera prestata e per l'impegno con cui ha affrontato i difficili problemi congiunturali e strutturali dell'economia italiana.
All'onorevole Tremonti tutto il mio sostegno nel momento in cui tornando alla guida del ministero dell'Economia, deve affrontare immediate e non facili scadenze.
In tutti i Paesi democratici in cui la stabilità di Governo è un valore da tempo acquisito, non si verifica mai che, alla fine della legislatura, si trovino tutti gli stessi ministri che l'hanno iniziata. La stabilità dell'azione di Governo e la continuità del suo indirizzo politico è infatti data dalla persona del primo ministro e dalla sua maggioranza parlamentare che in questi anni non sono cambiate.
Trovo incredibile che le critiche al governo, prendendo a pretesto le dimissioni di Siniscalco, vengano rivolte da una opposizione che, quando ha avuto responsabilità di Governo, ha visto avvicendarsi tre presidenti del Consiglio (Prodi, D'Alema e Amato), quattro governi e ben 64 diversi ministri, e soprattutto - fatto che continuo a considerare molto grave - due diverse maggioranze parlamentari, l'ultima delle quali non rispettava il mandato degli elettori.
È noto che la decisione del professor Siniscalco è maturata principalmente per il contrasto venutosi a creare tra Tesoro e Banca d'Italia, rafforzato dalle polemiche che hanno investito la persona del Governatore Antonio Fazio.
Dal mondo politico e dal mondo economico e finanziario sono state sollevate critiche al più recente operato del Governatore.
Si tratta di critiche che non riguardano la legittimità degli atti ma la credibilità della istituzione.
Non avendo, come Presidente del Consiglio e come Governo, nessun potere formale di intervento sull'assetto di vertice della Banca d'Italia, ma dovendo e volendo d'altro canto rispettarne l'autonomia e l'indipendenza, che sono il fondamento e la garanzia che fanno della Banca d'Italia una vera istituzione, ho fatto l'unica cosa che potevo fare: ho fatto cioè appello alla sensibilità del governatore ed alla sua coscienza.
Questo dibattito avviene alla vigilia della presentazione della Legge Finanziaria.
Colgo l'occasione per esporre al Parlamento alcune valutazioni sulla situazione economica del Paese.
Il Governo è impegnato nel favorire la crescita economica sia lavorando ai problemi contingenti, sia avanzando in modo coerente sulla strada di quelle riforme strutturali che, anche quando non danno risultati immediati, garantiscono il futuro.
Un Governo deve lavorare oltre che per il presente anche per il futuro e deve avere fiducia nel giudizio degli elettori che sanno discernere ciò che è effimero da ciò che è duraturo.
All'opposizione che critica i conti pubblici, è facile ricordare che, in economia, il passato condiziona pesantemente il presente, e il nostro passato è quello del debito pubblico che costituisce, per noi, il vero fattore discriminante in Europa.
Ho già avuto modo di dire che l'adesione dell'Italia all'euro è stata positiva per i conti pubblici, perché ha alleggerito il peso degli interessi, ma è rimasta intatta la montagna del debito che ha continuato e continua ad esercitare un pesante drenaggio delle nostre risorse finanziarie, ma soprattutto, ha sottratto al governo l'asso nella manica di un tempo: quello delle svalutazioni competitive.
Certo era più facile governare quando si poteva ricorrere alle svalutazioni della lira, quando si poteva aumentare la spesa pubblica aumentando a dismisura il debito pubblico, con la conseguenza di moltiplicarlo per otto dal 1980 al 1992.
Ciò nonostante sono convinto che il nostro Paese, grazie al talento, al buonsenso e alla volontà degli italiani e grazie alle riforme strategiche e strutturali messe in atto da questo Governo, riuscirà a vincere ogni pessimismo e a riprendere la strada dello sviluppo.
Il dibattito politico non si è accentrato soltanto sui motivi delle dimissioni del ministro dell'Economia, ma anche sul delicato momento in cui sono avvenute, cioè a ridosso della presentazione della Legge Finanziaria.
Ma noi tutti sappiamo che il lavoro sulla Finanziaria non riparte da zero, perché sia il ministero dell'Economia, sia gli altri Ministri interessati hanno già compiuto gran parte del lavoro. E soprattutto perché il nuovo responsabile del Dicastero, in qualità di vicepresidente del Consiglio, è perfettamente a conoscenza dei contenuti e si è messo immediatamente al lavoro per rispettare impegni e scadenze.
La legge finanziaria cade in un momento cruciale, in cui l'economia mostra già promettenti segni di risveglio. Cito alcuni dati che molti si ostinano a non vedere o a sottovalutare:
1 Nel secondo trimestre 2005 il tasso di disoccupazione è sceso a un minimo storico, il 7,5%, con un aumento degli occupati di oltre 213mila unità. Questo dato conferma la bontà delle riforme attuate sul mercato del lavoro: in particolare quella legge Biagi che il centrosinistra vorrebbe cancellare.
2 Sempre nel secondo trimestre del 2005 il Pil è cresciuto dello 0,7%, una crescita inattesa per molti ma non per noi e che ha costretto l'Ocse a una revisione delle aspettative per il nostro Paese.
3 Nello stesso trimestre le nostre esportazioni sono aumentate del 5,5%. Nel solo mese di giugno l'export verso i Paesi europei ha registrato un +9,3%.
4 Sono cresciuti gli indici di fiducia delle imprese e delle famiglie.
5 Il 93% delle imprese quotate alla Borsa italiana ha dichiarato utili per l'esercizio 2004.
Le prime duemila società hanno chiuso i conti economici del 2004 con un saldo positivo di 28 miliardi di euro, 55.000 miliardi di vecchie lire, il valore più elevato del decennio, con fatturati ed esportazioni in crescita.
6 Le aziende quotate alla Borsa di Milano hanno distribuito per il 2004 un dividendo medio record del 3,8%.
7 Su trenta settori merceologici, tra il 2003 e il 2004, 23 settori hanno registrato un significativo sviluppo.
8 Da tre anni, dopo il crollo a seguito dell'11 settembre e dopo l'esplosione della bolla speculativa, la Borsa di Milano ha registrato incrementi annui a due cifre e quest'anno, sino ad oggi, un incremento del 12,8%. La collocazione di nuovi titoli si è moltiplicata, con richieste da parte di piccoli e grandi investitori di gran lunga superiori alle offerte.
9 Infine è significativo anche l'incremento dei proprietari di prima casa: l'81% delle famiglie italiane possiede oggi l'abitazione in cui vive e, di conseguenza, non paga l'affitto.
J E per ultimo siamo i primi in Europa per numero pro-capite di automobili, per numero pro-capite di telefonini e per numero pro-capite di televisori.
Mi rivolgo all'opposizione: vi sembrano, queste, cifre che giustificano le vostre profezie di sventura sui destini del Paese?
La campagna messa in atto, fin dall'insediamento del Governo, per accreditare l'idea di un Paese sempre più povero, allo sbando, trascinato in un declino inarrestabile non soltanto è lontana dalla realtà e dai numeri, ma ha provocato e sta provocando danni seri all'immagine del Paese sui mercati internazionali. È una operazione ingannevole, ambigua che, inducendo nei cittadini la percezione di una realtà che non c'è, ne sta minando la fiducia, frena i consumi, rallenta gli investimenti con la conseguenza di rallentare la crescita.
Il pessimismo, il catastrofismo sono vere patologie di una economia. Il Governo sa bene che esiste un problema di perdita di potere d'acquisto per una buona parte dei lavoratori dipendenti a reddito fisso. Non a caso siamo già intervenuti col primo modulo fiscale a favore dei redditi più bassi. Ma questo intervento non basta e il Governo è determinato a tutelare e sostenere la grande fascia del reddito fisso che più ha risentito dell'introduzione dell'euro, del suo cambio con la lira e della difficile congiuntura economica. I fatti ci dicono che dalla ripresa dello sviluppo deriveranno le nuove risorse necessarie per risolvere, primo fra tutti, questo problema.
Ecco perché il pessimismo e il catastrofismo si aggiungono alle tante difficoltà di una congiuntura internazionale che questo Governo deve affrontare al pari degli altri governi dell'area dell'euro; una congiuntura che registra tre fenomeni negativi:
la ipervalorizzazione dell'euro con l'eccessivo e penalizzante rapporto di cambio con il dollaro che ha reso meno convenienti i nostri prodotti per chi acquista in dollari. Infatti il recente ridimensionamento a 1,20 del cambio ha subito fatto rialzare la testa all'export italiano.
Secondo fenomeno: l'aumento del prezzo del petrolio e del costo dell'energia che colpiscono particolarmente un Paese, come il nostro, che negli anni Ottanta fece la discutibile scelta di rinunciare all'opzione nucleare.
Infine l'entrata nell'economia globale dei Paesi dell'Est, dell'India e della Cina che, favoriti da costi di produzione infinitamente inferiori e dal vantaggio derivante dal dumping sociale, hanno invaso l'Europa e l'Italia con merci a prezzi imbattibili, in settori importanti della nostra economia.
Sono fenomeni globali per i quali nulla possono i governi nazionali dei singoli Paesi che sono invece costretti a subirne le conseguenze. Ma sono convinto che anche questa volta ce la faremo. Ci accingiamo a presentare una Legge Finanziaria che accompagni i segnali di crescita che si registrano nel Paese. Non sarà una finanziaria elettorale, come qualcuno insinua prima ancora di conoscerla.
La faremo rispettando gli impegni di bilancio che abbiamo assunto con Bruxelles, pur consapevoli di essere in buona e folta compagnia, e non certo i peggiori, fra i Paesi che nel 2004 hanno superato la soglia del 3% del deficit: i recenti dati Eurostat ci dicono che questi Paesi sono dodici su diciotto e che rappresentano il 75% dell'economia europea. E solo un altro Governo ha ereditato dai precedenti, come è accaduto a noi, un debito pubblico tanto rilevante in proporzione al suo prodotto interno.
Il nostro Governo, verso il quale l'opposizione continua ad utilizzare pesantemente l'arma del discredito, alla vigilia della Finanziaria può vantare, pur in un momento così difficile, di aver portato a buon fine l'ottanta per cento di quanto si proponeva nel suo programma. Abbiamo varato 24 riforme, alcune delle quali decisive come quella del mercato del lavoro e della scuola; abbiamo prodotto 601 provvedimenti, sotto forma di disegni di legge, decreti-legge e quant'altro; abbiamo avviato 86 opere pubbliche, alcune delle quali epocali, dopo decenni di inerzia e di ritardi, abbiamo dato al Sud più risorse di quante ne siano mai state date.
Da ultimo, lo dico con una punta di orgoglio personale, questo Governo ha finalmente restituito un ruolo sul palcoscenico internazionale a un'Italia la cui immagine era condizionata dalla successione di ben 56 governi in cinquant'anni. La stabilità del Governo ha permesso all'Italia quella continuità nella politica estera che ci ha resi primi attori nel consesso internazionale. Protagonisti ascoltati, affidabili, partecipi delle più importanti decisioni.


È con questa coscienza, di aver ricevuto un fardello pesante dal passato ma di avere lavorato bene, con tenacia e con passione, che affrontiamo con impegno e con fiducia quest'ultima fase della legislatura.
*presidente del Consiglio

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