A tarda notte, l'ultima puntata del «Maurizio Costanzo Show» ha fatto registrare una grande audience. Il programma affrontava i temi drammatici legati all'eutanasia, al testamento biologico, all'accanimento terapeutico. Picchi d'ascolto si sono avuti quando l'argomento si è spostato sul tema della medicina palliativa, di quella medicina cioè che si occupa delle cure contro la sofferenza e il dolore nei malati terminali. Segno di quanto l'opinione pubblica segua con attenzione e interesse i grandi problemi etici che attraversano oggi la nostra società. Proprio in questi giorni all'interno del Comitato nazionale di Bioetica della Presidenza del Consiglio, ci si interroga sulle grandi questioni legate al «confine ultimo» della vita.
Ci si domanda, tra mille difficoltà, come la società può affrontare e regolamentare i diritti del malato terminale senza violare il rispetto della vita e il dovere deontologico del medico che lo assiste. Si discute di eutanasia, di testamento biologico e di accanimento terapeutico, sapendo che non è facile trovare risposte condivise che possano mettere tutto d'accordo: la morale e la religione, la scienza e il mistero stesso dell'esistenza. Ebbene, il sostegno alla medicina palliativa può rappresentare un terreno d'incontro tra posizioni che sembrano inconciliabili.
I laici in buona fede che dicono sì all'eutanasia e alla morte assistita perché non vogliono veder soffrire inutilmente una persona cara, i cattolici che rifiutano coerentemente l'eutanasia per difendere la sacralità della vita ma altrettanto coerentemente dicono no all'accanimento terapeutico e al suo bagaglio di torture e di pene. La Chiesa stessa è molto chiara su questo punto: «Il dovere del medico», scriveva già Paolo VI, «consiste nell'adoperarsi a calmare la sofferenza invece di prolungare il più a lungo possibile una vita che va verso la sua naturale conclusione». Giovanni Paolo II aggiunge come dall'eutanasia vada distinta «la possibilità per il medico di rinunciare ad interventi non più adeguati alla reale situazione del malato perché sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o perché troppo gravosi per lui e per la famiglia». In molti casi, nella maggior parte dei casi, le terapie contro il dolore allontanano il tormento di una scelta tanto drammatica. Vita, morte e sofferenza riconquistano la dignità umiliata dalla malattia. Affrancato dal dolore, il malato può ritrovare al termine dei suoi giorni il bene più prezioso: la coscienza di sé e la sua libertà di essere umano. L'applicazione della medicina contro il dolore è molto costosa per un sistema sanitario. E anche molto onerosa dal punto di vista economico e psicologico per i familiari del malato. Ma ancora molto si può fare. Nel campo della ricerca e delle applicazioni.
E a dimostrazione di quanto gli interventi in questo settore possono avvicinare anche posizioni molto diverse, con il Partito Radicale e in particolare con Marco Cappato sosterrò un'iniziativa nata proprio durante il dibattito al teatro Parioli: contribuire con iniziative parlamentari nell'ambito della Commissione Bilancio a dare ai tanti malati tagliati fuori dal mondo e rimasti imprigionati nel loro corpo da traumi e patologie del sistema neuromuscolare, la dotazione di quelle speciali apparecchiature elettroniche che permetteranno loro di comunicare con l'esterno anche con un semplice movimento degli occhi.