Politica

Da laico vi dico: quanti errori abbiamo fatto

Benedetto XVI, dunque, ha rinunciato alla visita all’Università La Sapienza di Roma. È la conseguenza dell’intolleranza dei contestatori? Si tratta dell’esito prevedibile di decisioni forse troppo affrettate? Si è caduti nella trappola di una minoranza faziosa, intollerante e violenta? Al di là degli anatemi che continueranno ad essere scagliati in tutte le direzioni, a me pare che la decisione dolorosa, per la quale io laico mi rammarico, sia l'ultimo anello di una lunga catena di errori.
È stato un errore iniziale invitare il Pontefice alla Sapienza come oratore ufficiale alla solenne inaugurazione dell'anno accademico, quasi che l'alta autorità religiosa potesse esprimere un'opinione comune sui grandi problemi del nostro tempo, in grado di essere condivisa dalla comunità universitaria. Un errore maldestramente corretto con il declassamento della lectio magistralis in normale allocuzione da tenere nello stesso giorno dell'inaugurazione solenne.
È stato un errore volere discutere il pensiero di Benedetto XVI su religione e scienza, con schieramenti abbastanza ridicoli di sostenitori e detrattori, come se si trattasse di giudicare un filosofo qualsiasi, e non del capo della religione cattolica che proclama la sua dottrina, al di là di qualsiasi argomentazione scientifica.
È stato un errore tirare in ballo Galileo, la sua condanna da parte della Chiesa, la storia delle posizioni della Chiesa sulla scienza e i riferimenti ancor oggi compiuti dalle gerarchie ecclesiastiche, quasi si trattasse di imbastire una discussione storico-scientifica tra soggetti che non hanno e non possono avere alcun terreno in comune tra fede e scienza.
È stato un errore la contestazione della visita di un capo religioso, come di qualsiasi altro leader religioso, politico o intellettuale, in una sede universitaria che dovrebbe sempre restare il tempio del Free Speech (come dicevano gli studenti in rivolta a Berkeley nel 1964), ossia delle libere manifestazioni di qualsivoglia opinione politica, ideologica, sociale e religiosa.
È stato un errore anche prendersela con i critici del pensiero del Pontefice nella presunzione che la contestazione di una così alta figura morale sia inammissibile, senza pensare che qualsiasi pubblico dibattito comporta sempre i rischi della contestazione. Certo, le critiche e le contestazioni sarebbero dovute restare nei limiti della civiltà, della tolleranza e del dibattito delle idee senza tradursi in atti di violenza materiale o verbale.
È stato un errore chiamare in ballo il diritto della Chiesa ad un maggiore spazio pubblico perché la questione vera del momento attuale, all'università di Roma, come in qualsiasi altra sede della cosiddetta «società civile», non è tanto l'accessibilità, quanto il mantenimento delle sfere autonome e distinte di religione e politica. Perché ogni volta che le si confonde, accadono dei grandi pasticci come oggi a Roma.
È certo che l'invito al Pontefice sarebbe stato più opportuno se fosse stato formulato normalmente come ad altre grandi personalità, senza conferirgli la controversa responsabilità di aprire ufficialmente l'anno accademico in rappresentanza, o almeno non in contrasto, con i sentimenti e le ragioni dell'intera comunità accademica. E i docenti, che hanno giudicato l'intervento del Pontefice «incongruo» perché «non in linea con la laicità della scienza», avrebbero fatto meglio a comportarsi davvero da laici se si fossero battuti per garantire che la pubblica università restasse aperta e disponibile per tutte le idee, tutte le fedi, tutte le ideologie, e tutti i punti di vista, indipendentemente dalle opinioni che ognuno ha.

m.

teodori@mclink.it

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