«Ma è legittimo non rivelare chi è il padre»

L’aumento dei bambini nati al di fuori delle unioni ufficiali è un «fenomeno di costume» secondo la professoressa Alessandra Graziottin, direttrice del centro di ginecologia del San Raffaele di Milano. Che poi siano più le donne o gli uomini a richiedere i test di paternità è un dettaglio.
Come mai sempre più donne richiedono il test?
«La responsabilità nei confronti delle proprie trasgressioni è un passo molto importante da parte delle donne. Specie verso i figli. In Italia c’è però soprattutto il fenomeno maschile».
Ovvero?
«Nell’ultimo anno le richieste di kit con i test di paternità da parte degli uomini sono aumentate del 300 per cento, come sostengo in un articolo (www.alessandragraziottin.it)».
Perché parla di fenomeno di costume?
«Oggi nel mondo occidentale dal 6 al 10 per cento dei bambini hanno un gruppo sanguigno non compatibile con quello del padre anagrafico. Un dato spesso trascurato».
C’è dunque più trasgressione di un tempo?
«Ieri le relazioni extraconiugali erano sinonimo di ribellione o di vendetta, oggi non è più possibile farla franca. Ieri un figlio illegittimo veniva fatto passare per legittimo. Con conseguenze gravi per i ragazzi: sia dal punto di vista dell’asse ereditario, sia perché in loro si creano forti traumi. Oggi prevale il senso di responsabilità».
Non è la donna che costringe l’uomo a sottoporsi a un test perché riconosca un figlio?
«È un caso raro.

Specie ora che il test del dna, attendibile nel 99,9 per cento dei casi, si può fare facilmente: è in vendita anche su Internet dai 200 ai 600 euro».
Quanto si espongono le donne con il proprio medico?
«Pochissimo. Il fatto di non sapere chi sia il padre rientra in una sfera di segreti personali. Da non rivelare».

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