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"Ecco perché rischiamo l'islamizzazione delle città"

Il nodo francese e belga, la radicalizzazione dei giovanissimi e delle seconde generazioni e la spinta della sinistra europea: Silvia Sardone racconta l'islamizzazione dell'Ue nel suo primo libro dal titolo: "Mai sottomessi"

"Ecco perché rischiamo l'islamizzazione delle città"

"Mai sottomessi" è il primo libro di Silvia Sardone, europarlamentare della Lega e consigliere comunale a Milano, che da tempo lotta contro l'islamizzazione dell'Unione europea, della sostituzione culturale che il progressismo europeo tenta di attuare a discapito delle tradizioni millenarie. Una sostituzione alla quale ha contribuito anche l'immigrazione di massa incontrollata in Europa negli ultimi decenni. Le conseguenze sono state esposte dall'eurodeputato Sardone in questo volume, che vuol essere una finestra aperta su una realtà che viene troppo spesso ignorata. Abbiamo raggiunto l'onorevole Sardone per un'intervista.

Buongiorno onorevole, perché ha deciso di scrivere questo libro?

"Il libro nasce dall’esigenza di parlare di un pericolo che viene, colpevolmente, censurato. Parlo dell’islamizzazione dell’Europa e delle nostre città. Da parlamentare europea frequento molto Bruxelles e Strasburgo dove i segni della crescita delle comunità musulmane sono evidenti e particolarmente preoccupanti. Ghetti islamici, moltiplicazione delle moschee, veli integrali, bar per soli uomini, voglia di “sharia”. Segnali che si intravedono anche in Italia dove certe periferie, soprattutto nelle grandi città, incominciano a mostrare i segni di una deriva allarmante: comunità islamiche che non solo non si integrano ma che disprezzano chiaramente i nostri valori e le nostre tradizioni".

Secondo lei c’è stato uno “spartiacque” che ha portato l’Europa a inchinarsi alla cultura islamica?

"L’atteggiamento molle e lassista delle istituzioni europee, su spinta delle formazioni socialiste e di sinistra è stato decisivo. L’immigrazione clandestina vista come risorsa e non come problema ha portato a milioni di persone che hanno invaso le città europee. L’integrazione e l’inclusione sono state solo parole vuote “vendute” dalla sinistra ma con gli anni i danni di queste scelte sono evidenti a tutti. Tassi di natalità altissimi nelle comunità islamiche accompagnati da un preoccupante fatto culturale: molti giovani di seconda e terza generazione non si sentono affatto europei ma nordafricani o africani e spesso sono persino più religiosi dei genitori. Vivono con un enorme senso di rivalsa verso noi europei e considerano la religione islamica anche una mentalità di fiera opposizione ai valori occidentali".

Quella dell’Europa è stata una “resa” a un fatto inevitabile o una consapevole decisione figlia del progressismo?

"È una pericolosa scelta della sinistra europea: barattare i nostri valori, la nostra storia e la nostra cultura per “coccolare” un futuro bacino elettorale. In tanti Paesi i socialisti contano sul voto immigrato. È una strategia suicida: garantire aperture sulle richieste della comunità musulmane e allo stesso tempo arretrare su ciò che siamo. Basta vedere il caso del velo islamico: nelle istituzioni europee viene promosso come strumento di integrazione e diversità quando invece è solo un mezzo di sottomissione per le donne. Al Parlamento Europeo si discute spesso di islamofobia per costruire la narrazione del “musulmano insultato e minacciato” ma nulla si dice sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo e si fa finta di nulla sull’antisemitismo in crescita in tutto il continente".

Perché Francia e Belgio hanno abbandonato ogni resistenza al dominio musulmano?

"In Francia la repubblica laica si scontra in maniera pesante con un islamismo molto forte. I tentativi di vietare hijab e abaya nelle scuole hanno portato a fortissime proteste. Ci sono 120 persone sotto protezione a causa delle minacce ricevute, tra cui una giornalista di un canale francese colpevole di aver descritto l’islamizzazione nel nord della Francia. A ciò si aggiunge che importanti marchi commerciali, per avvicinare i giovani musulmani, arrivano a sostenere chiaramente le loro pretese come ha fatto una nota catena di profumeria, che ha fatto pubblicità a una squadra di calcio femminile in cui le atlete giocano con il velo. In Belgio la metà dei bambini e adolescenti è di origine straniera, a Molenbeek 9 nuovi nati su 10 hanno nomi stranieri e in un’area di appena 6 chilometri quadrati ci sono 25 moschee. C’è una cappa di ideologia pro islamista che porta addirittura nelle Fiandre alla condanna di alcuni attivisti per aver mostrato uno striscione contro l’islamizzazione del Paese".

Qual è attualmente la situazione di Milano?

"Nella città che il Pd amministra da quasi 13 anni abbiamo contato una ventina di moschee, più o meno conosciute, ma tutte rigorosamente abusive. Il Comune ne ha regolarizzate quattro e ha deciso di farne costruire una enorme in via Padova. In questi luoghi illegali non sono mancate le frequentazioni di terroristi e i sermoni d’odio di alcuni imam. Di recente, quello di via Padova 366 ha detto che “Hamas non è un gruppo terrorista, ma anzi sono come i partigiani”. Oltre all’abusivismo edilizio c’è il problema della sicurezza nazionale. Un’associazione turca, Milli Gorus, è nella black list del governo tedesco ma nonostante ciò gestirà la moschea regolarizzata dal Comune di via Maderna. La comunità musulmana rappresenta un bacino di voti non indifferente per il Pd milanese. Alle ultime elezioni comunali un candidato che appoggiava Sala ha volantinato all’esterno della moschea abusiva di via Lopez. Lo stesso sindaco Sala nella campagna elettorale del 2016 aveva promesso la chiusura della moschea abusiva di via Cavalcanti e dopo 7 anni i condomini devono ancora fare i conti con tale illegalità nonostante i pareri di tribunali e forze dell’ordine. Persino in queste ultime tremende settimane di guerra tra Hamas e Israele la sinistra milanese non ha trovato la forza di schierarsi apertamente contro il terrorismo islamico, tanto è vero che la Comunità ebraica milanese ha sonoramente fischiato Sala per ben due volte".

Nei “piani di conquista” silenziosi, l’Italia secondo lei è la prossima nazione da islamizzare?

"In molti proclami e sermoni imam e predicatori hanno indicato Roma come obiettivo finale di conquista. Per ora l’estremismo è un po’ meno evidente rispetto ad altri Paesi ma nelle manifestazioni di queste settimane abbiamo visto segnali di radicalismo e di odio. Nelle moschee, soprattutto quelle abusive, si incita alla ribellione e il prossimo passo, nella mente di qualche esagitato, potrebbe essere anche alimentare proteste e scontri di piazza sul modello francese. Serve un’opposizione culturale e ideologica forte: per fortuna in Italia c’è un governo di centrodestra che non intende dare spazi a posizioni e proposte di certe comunità islamiche che sognano le corti islamiche qui da noi, sul modello inglese".

Cosa possiamo fare, come Paese, per non perdere le nostre radici e non essere sottomessi?

"L’islamizzazione si basa principalmente sulle culle piene e sull’unità del mondo arabo. Detto ciò cosa possiamo fare noi? Innanzitutto politiche a sostegno delle genitorialità, e in questo il governo sta procedendo secondo quanto promesso. Dopodiché, a livello comunale, il superamento del sistema isee che, nel caso di Milano che conosco molto bene, produce sproporzioni esagerate a livello di welfare. Pensate che a Milano i sussidi per neonati e sostegno al reddito per famiglie in difficoltà vanno nel 70% dei casi a stranieri. La stragrande maggioranza di fede musulmana. Dopodiché dobbiamo riscoprire l’amore verso la nostra cultura, radici, tradizioni, simboli. Chiamare la festa di Natale festa del bianco inverno, come fanno le amministrazioni di sinistra, è il primo passo per auto-cancellarsi di fronte all’Islam che vorrebbe assoggettarci. Bisogna opporsi a chi vuole cancellare i simboli della nostra identità, come crocifissi e presepi nelle scuole, collante indiscusso di una comunità. Non dobbiamo svalutare i valori e i princìpi su cui si fonda la nostra società. Troppo spesso a furia di cancellare simboli, tradizioni, feste viene da chiedersi se sono gli stranieri a doversi integrare o noi a loro!".

Secondo lei c’è ancora una speranza per l’Europa di recuperare e tutelare la sua tradizione?

"Serve una presa di coscienza forte e convinta che l’islamizzazione dell’Europa è già in atto, come tra l’altro aveva scritto Oriana Fallaci molti anni fa. La debolezza delle istituzioni europee insieme al buonismo e al politicamente corretto cari a sinistra dipingono in pieno il panorama desolante in cui l’islamismo può prendere ancora più spazio e potere, contando anche sui grandi finanziamenti per i luoghi di culto provenienti da Qatar e Turchia. La speranza è riuscire a trasmettere anche alle nuove generazioni il valore di rispettare e diffondere la nostra storia e la nostra cultura e di non cedere sui valori e sui diritti, in particolare delle donne. Bisogna mettere dei paletti chiari e non retrocedere.

È una battaglia che mi costa minacce di morte continue, e recentemente anche la scorta per la mia protezione, ma è una battaglia che vale la pena combattere, a testa alta".

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