Controcultura

Un libro perfetto Ma soltanto se «capovolto»

Ho sempre pensato che gli editori siano disinvolti, diciamo così, nel titolare un libro. Fanno il loro mestiere, per carità. E gli autori li assecondano, credendo o cedendo alle supposte virtù del marketing: un buon titolo è come una buona vetrina, fa vendere di più. Oggi voglio parlare di un libro che un tempo definii brutto, ma che più correttamente sarebbe stato meglio definire mal titolato. Anche se, in questo caso, con l'innegabile complicità dei due autori. Stiamo parlando del libro del 2007 di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, Il Liberismo è di sinistra (Il Saggiatore). La coppia di professori non sostiene, alla maniera dell'Avvocato, che solo la sinistra è in grado di realizzare riforme di destra. No, scrive una cosa diversa: i veri liberisti sono di sinistra. È una balla, che rischia di confondere le idee. È un libro che consiglio di leggere davanti ad uno specchio, ribaltando la prospettiva e così apprezzandola. La personalità più citata nel libro è la signora Thatcher. In un passo leggiamo: «Si continuano a proteggere le rendite dei tassisti limitando le licenze e impedendo agli studenti universitari di lavorare qualche ora al giorno guidando il taxi alla sera, o nelle giornate in cui la domanda è più elevata. Lo stesso accade nei supermercati, che non possono assumere ragazzi come cassieri per qualche ora al giorno, pagandoli meno dei dipendenti regolari». E questo sarebbe un manifesto sottoscrivibile dalla sinistra? Con i cassieri à la carte.La riforma delle pensioni che i professori auspicano è quella del fully funded e cioè «il lavoratore gestisce i suoi risparmi investendoli liberamente». Chiaro il concetto? Nessuna pensione pubblica: il sistema ricalca quello realizzato con successo nel 1980 dai Chicago boys e da José Pinera nel Cile di Pinochet. E che in effetti ha risolto la tenuta del loro sistema pensionistico. Fino ad ora sulle riforme liberiste di quegli anni in Cile se ne sono sentite di tutti i colori; non certo di essere di sinistra. E pensare che il magico trio Panatta-Barazzutti-Bertolucci ancora paga lo strappo con la sinistra per essersi presentato alla finale della Davis in Cile. Per Alesina e Giavazzi sembrerebbe più semplice accucciarsi nella casetta comoda e calduccia della sinistra. Hanno capito l'opportunità di sottomettere le idee ancora rivoluzionarie dei liberisti al giogo del politicamente corretto. Roger Scruton nel suo interessante Essere conservatore (D'Ettoris Editori) del periodo thatcheriano nota: «non ho mai mandato giù per intero la sua retorica del libero mercato». Verrebbe da pensare che sinistra e conservatori non sono esattamente dei liberisti. In fondo è così. Ma poi andando avanti nel testo, Scruton scrive: «ma ho profondamente simpatizzato per le ragioni della Thatcher il cui desiderio era che l'elettore riconoscesse che la vita di un individuo è sua e la responsabilità di viverla non può essere demandata ad un altro, tanto meno allo stato».

Un liberista talvolta è un conservatore, o viceversa, ma altrettanto non si può mai dire per chi si professa di sinistra: per quest'ultimo, Stato e società vengono sempre prima dell'individuo.

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