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"Livello 7: uccidi il kamikaze". Il terrorismo ora diventa pop

Sono mostri, cattivi e da eliminare. Ma gli attentatori ormai fanno parte dell'immaginario collettivo: così si annacqua anche l'orrore?

"Livello 7: uccidi il kamikaze". Il terrorismo ora diventa pop

Livello 7, sulla Luna, Tempio di Crota. Gli eroici Titani hanno avuto l'incarico di spazzare via dal satellite gli invasori alieni. Siamo in pieno «sparatutto». Il giocatore guida il suo Titano rovesciando sui nemici una pioggia di proiettili. A un certo punto si fa sotto un alieno molto brutto, un incrocio tra una larva e uno scheletro, che sembra stringere qualcosa al petto. Il Titano apre il fuoco, l'alieno molto brutto resiste e si avvicina ancora un po'. Il Titano apre ancora il fuoco, l'alieno molto brutto ora è soltanto a un passo. Un attimo dopo il Titano salta in aria in mille pezzi. L'alieno molto brutto era un kamikaze.

Quella descritta è una scena di Destiny , videogioco sconsigliato ai minori di 16 anni. Uscito il 9 settembre, prodotto dal colosso Bungie, Destiny nei primi dodici mesi dovrebbe vendere circa 15 milioni di copie. Secondo gli esperti, il successo è sicuro. Destiny è un gioco molto atteso. Promette infatti di rivoluzionare il settore, con la creazione di un universo in continua espansione, capace di dare vita, grazie agli aggiornamenti, a una saga di almeno 10 anni: come una serie tv, con la differenza che il pubblico è parte attiva e condiziona la narrazione.

Torniamo al kamikaze, descritto come tale in tutti i siti internet di riferimento. Molti lo hanno notato. Una giocatrice ha ricordato, su Twitter, che non è la prima volta in cui un kamikaze appare in un videogame. Ha ragione. Cambiamo genere e immergiamoci nell'iper-realistico Call of Duty: Modern Warfare 3 (2011), tra spioni, eserciti, traditori e politicanti. I buoni, cioè gli occidentali, combattono contro i nazionalisti russi in un rigurgito di guerra fredda. Ma si trovano davanti anche un altro tipo di nemico, il kamikaze munito di cintura esplosiva. Anche Call of Duty: Modern Warfare 3 è uno «sparatutto», ambientato in Somalia, Europa, America e penisola arabica. La trama è fantapolitica ma riecheggia tragedie reali, in particolare le minacce del terrorismo. Graficamente siamo all'avanguardia. Il kamikaze, pronto a imbottire di tritolo anche il suo cane, sembra uscito dalle pagine di un quotidiano. Il videogame, prodotto da Activision e sconsigliato ai minori di 18 anni, ha venduto 20,5 milioni di copie nelle prime 24 ore, incassando 400 milioni di dollari. Un record.

Potremmo aggiungere altri esempi, meno rilevanti sul piano delle vendite e dell'impatto. Fermiamoci dunque a Destiny e Call of Duty . Fantascienza e guerra (più o meno) tradizionale. Siamo agli antipodi. Eppure entrambi i giochi hanno «registrato», ciascuno a suo modo, la figura del kamikaze. Il punto di vista dei programmatori, va precisato, non presta il fianco all'equivoco. I kamikaze sono cattivi, punto e basta. In Destiny sono mostri. Per quanto fantasiosi, i videogiochi riflettono ciò che accade nel mondo: i kamikaze esistono e l'industria ne prende atto. Dunque nessuna polemica. Porsi invece qualche domanda è opportuno. Nella realtà, vediamo veri kamikaze, veri rapimenti, vere decapitazioni, vere crocifissioni, vere fosse comuni. I veri fanatici musulmani che predicano l'aggressione all'Occidente e auspicano attentati in Europa. Per pubblicizzare le proprie disgustose imprese e fare proseliti, i militanti della Jihad diffondono in Rete filmati simili a trailer di un videogame. Avete presente il recente Flames of War ?

Nel frattempo il terrorismo diventa pop, entra nel dominio dell'intrattenimento, si trasforma in una cosa divertente in mezzo alle altre. Non sappiamo ancora quali, è troppo presto per dire, ma ci saranno conseguenze culturali. E potrebbero anche non piacerci. Oggi imbattersi in un kamikaze nel corso di una partita notturna a un videogame di fantascienza è scioccante ma presto o tardi ci si abitua a tutto. Vedere a ripetizione un attentato suicida virtuale, nel contesto di un gioco, rafforza la nostra indignazione di fronte a un attentato suicida reale? O finisce con l'annacquarla? La potenza delle immagini è grande.

E imprevedibile.

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