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Lusso sotto il velo Lingerie e gioielli trionfano nel Golfo

In Medio Oriente le donne amano sempre più abiti alla moda e trucchi costosi

Eleonora Barbieri

L’unico vestito può sembrare l’«hijab», il mantello che copre le donne musulmane dalla testa ai piedi: per le vie delle città mediorientali le signore sfilano ben protette da sguardi indiscreti. L’«uniforme», però, è solo apparenza. Sotto il velo, un mondo di griffe, lusso e colori: moda e sensualità, per vestire e scoprire il corpo. E anche il velo, l’«abaya» leggero che copre soltanto i capelli o, piuttosto, quello integrale che lascia intravedere soltanto gli occhi, a volte non è soltanto «un velo»: è di seta, firmato Fendi o Dior.
In molti paesi non possono guidare, andare in spiaggia con i loro mariti o portare la minigonna per strada, ma le donne d’Oriente non sono meno modaiole di quelle europee o americane. Può essere una consolazione, una forma di ribellione o puro piacere, ma amano truccarsi, anche in modo appariscente e, secondo il gusto occidentale, addirittura un po’ «pesante»: kajal calcato per contornare gli occhi e dare intensità allo sguardo, rossetto e matita dai colori caldi per far risaltare la carnosità delle labbra.
Sotto il velo, la realtà è la ricercatezza, in ogni dettaglio: dall’acconciatura alla lingerie, dalla blusa al sandaletto. Invisibili quando le donne girano per le città, ma tutte da gustare nel privato, non solo coniugale: «Quando c’è una festa al femminile - spiega Ferdinando Fiore, responsabile dell’Istituto per il commercio estero a Dubai - le signore sono vestite assolutamente alla moda: sfoggiano l’abito di marca, la calzatura del momento, il gioiello prezioso».
Per l’Italia, la passione per i prodotti di lusso è una benedizione: perché in molti paesi del Golfo il reddito è fra i più alti al mondo, e i mariti danarosi sono pronti a concedere molto alle loro dolci metà. Tanto più se possono permettersi non soltanto una moglie, ma sfiorare il limite massimo di quattro: in questo caso, desideri (e vendite) si moltiplicano.
A Dubai, una delle zone più liberali degli Emirati, i grandi magazzini fanno impallidire i negozi d’Occidente per il lusso sfrenato, l’attenzione al design, gli optional quasi unici (di recente, l’Emirates ha inaugurato persino una pista da sci) e un’offerta completa di prodotti di marca.
Non tutte possono permettersi il completo intimo di Dolce&Gabbana, la camicia di Cavalli o la giacca di Armani, ma molte sì: «Il reddito pro-capite degli “emiratini” è di 20mila dollari all’anno - continua Fiore - e, per quanto riguarda i locali, spesso sfiora una media di 50mila dollari». Negli enormi «mall» del Medio oriente, da Dubai ad Abu Dhabi fino a Riad, le donne spendono delle vere fortune in cosmetici, corsetti, babydoll, sandali (soprattutto se ornati da pietre e metalli preziosi) e gioielli: chili e chili di oro e diamanti, perché il monile dev’essere rigorosamente vistoso. E anche il vestito non può essere da meno: le donne mediorientali amano molto i tessuti lavorati, come quelli ricchi di paillettes o in lamé.
Il velo copre tutto? Non importa: anche i capelli, che pur sono immediatamente «schiacciati» e nascosti, meritano cura e attenzione, tanto che i parrucchieri, assicura Fiore, sono sempre pieni, così come centri estetici o per massaggi. Un capitolo a parte riguarda i costumi da bagno: è vero che le spiagge miste sono vietate (se non sono quelle private degli alberghi di lusso), ma esistono club sul mare riservati alle donne, in cui sfogarsi con bikini succinti, ricamati in color oro o argento e ciabattine sexy.


La scrittrice iraniana Azar Nafisi ha reso indimenticabili le sue studentesse disposte a rischiare punizioni severe pur di dipingere le unghie con lo smalto; nei suoi libri a fumetti, la sua connazionale Marjane Satrapi si è mostrata al mondo quando, adolescente, sfidava il regime e le bombe di Saddam pur di comprarsi i jeans attillati. Istinto, fantasia, vanità femminile: il censore, come nelle pagine della Nafisi, è sempre cieco.

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