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Macché 007, così è nato lo scoop di Montecarlo

Sinistra e finiani adombrano misteriosi dossier, ma il Giornale ha scoperto il Tulliani-gate grazie a un lettore. E i nostri inviati nel Principato hanno trovato i riscontri negli uffici del catasto: carte che avrebbe potuto ottenere chiunque. Con 51 euro. Un'altra valanga di firme: leggi i nomi (1-2). Aderisci (il modulo)

Macché 007, così è nato lo scoop di Montecarlo

Questa è la vera storia del «Fini-gate», che molti giornali al pari di numerosi politici si ostinano a liquidare come operazione di «dossieraggio» o frutto di veline passate al Giornale da chissà quali 007. Tutto ha inizio la mattina del 22 luglio, quando arriva in redazione una mail di Livio Caputo, firma storica del nostro quotidiano che non ha perso il fiuto del cronista. Il «memo urgente» (che pubblichiamo sopra) riassume un caso riferitogli da «un amico e lettore del Giornale» indicato con nome e recapito. È la storia dell’appartamento di Boulevard Princesse Charlotte 14 a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Anna Maria Colleoni ad Alleanza nazionale.

I particolari sono da chiarire, e talune informazioni si riveleranno imprecise: per esempio Caputo scrive che l’alloggio «del valore stimato di due milioni di euro» è stato ceduto nel 2009 (in realtà è il 2008). Che l’acquirente è la società inglese Timara Ltd (nome giusto ma nazionalità sbagliata: ha sede in un paradiso fiscale delle Antille additato come a rischio riciclaggio). Che vi risiede la compagna di Gianfranco Fini giacché sul citofono appare il cognome Tulliani (ma l’occupante è il fratello di Elisabetta, Giancarlo).

Insomma, una grande storia tutta da verificare. E proprio per fare le verifiche necessarie viene spedito nel Principato Gian Marco Chiocci. Il quale parla con gli inquilini del palazzo, con l’architetto che ha seguito i costosi lavori di ristrutturazione, con i titolari dell’impresa che li ha svolti, con l’amministratore condominiale: tutti colloqui registrati con data e ora. Cerca riscontri tra gli agenti immobiliari di Montecarlo e nel contempo ottiene la conferma dell’esistenza del testamento olografo a favore di An scritto dalla discendente del condottiero bergamasco. Viene a sapere delle laute offerte di acquisto inspiegabilmente rifiutate dal partito e dei sopralluoghi svolti dagli emissari di Fini, che pure non gli chiariscono la situazione.
Poco dopo le 9 del mattino di martedì 27 luglio, Chiocci suona il citofono di casa Tulliani, che si trova a due passi dal Novotel in cui alloggia (come prova il voucher riprodotto sopra). Il cognato di Fini gli risponde, ma quando apprende che lo scampanellatore è un inviato del Giornale cala il silenzio. Anzi, monsieur Tullianì chiama la Sûreté Publique a tutela della propria riservatezza e fa altre telefonate a «chi di dovere». Scatta la caccia al cronista che ha osato disturbare la quieta vita monegasca del giovin signorino. Chiocci viene rintracciato, portato in commissariato, interrogato due volte, fotoschedato e gentilmente invitato a fare le valigie, come da convocazione riprodotta sopra.

Non è un soggiorno piacevole in Costa Azzurra, ma i pezzi del puzzle cominciano ad andare a posto. C’è la conferma che la casa è effettivamente in uso alla famiglia Tulliani nel cui stato di famiglia Fini si è aggiunto di recente. E la sproporzionata reazione di Giancarlo dimostra che sotto c’è qualcosa di poco chiaro. Il giorno dopo il Giornale racconta i fatti in prima pagina. I toni sono prudenti, mancano ancora numerose conferme. «Fini, la compagna, il cognato e una strana casa a Montecarlo», è il titolo. Si parla di «una misteriosa finanziaria estera» e dell’appartamento abitato da «familiari del presidente della Camera».

Tocca al sottoscritto rimpiazzare l’indesiderato Chiocci. Il pomeriggio di quel mercoledì 28 passa nel vano piantonamento di Palais Milton in attesa che Tulliani si materializzi. Ed è egli stesso, tramite gli avvocati, a fornire un’indicazione preziosa: occupa quella casa in affitto, anche se si guarda bene dallo svelare quanto paga. Il giorno dopo però è il Giornale a scovare i documenti-chiave: gli atti di compravendita, depositati alla Conservatoria delle ipoteche di Montecarlo in rue Grimaldi 57, secondo piano a destra. Basta dare all’impiegata il nome della persona fisica o della società, e dall’archivio appaiono sullo schermo di un computer le pagine dei rogiti.

Nomi, date, somme, intrecci societari: sono carte esplosive. Secondo le regole del Principato si possono prendere appunti, ma la copia conforme stampata viene spedita per posta in 10 giorni previa domanda e pagamento anticipato di 1 euro per ogni foglio più i bolli. Totale 51 euro, messi in nota spese (e documentati qui a sinistra). C’è tempo soltanto per leggere uno dei due rogiti. Il lunedì, partito il sottoscritto per una settimana di ferie già programmate, è un terzo cronista del Giornale, Massimo Malpica, a presentarsi in Conservatoria. Saltano fuori le ultime conferme: la somma incamerata da An nettamente inferiore ai prezzi di mercato, i legami tra le misteriose società off-shore, i conti segreti esteri. Dettagli che il nostro quotidiano pubblica martedì 3 agosto.

Nel frattempo Fini querela, Tulliani tace e con lui quasi tutti i maggiori giornali con rare eccezioni, Libero in testa. Soltanto quando la Procura di Roma apre un fascicolo per truffa con relativa richiesta di rogatorie, la Stampa dedica all’affaire Montecarlo un angolo di prima pagina. È venerdì 6. Domenica 8 anche il Corriere decide di occuparsi a fondo della vicenda. E lunedì si accodano tutti gli altri giornali dopo il comunicato di Fini che non chiarisce nulla.

Ecco dunque il «Fini-gate». Un’inchiesta giornalistica vecchio stampo cresciuta un giorno dopo l’altro, senza veline né intercettazioni o verbali rubacchiati nelle Procure, costata poche migliaia di euro per alberghi, aerei, gasolio, parcheggi, bistrot. Ricostruzioni rigorose basate su atti ufficiali, che chiunque può consultare. Manca ancora qualche tassello: per esempio, il contratto di affitto intestato a Tulliani con il valore del canone e i personaggi occulti che manovrano le finanziarie caraibiche.

Perciò l’inchiesta continua.

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