Magistratura

Dell'Utri, così Palermo smentisce Firenze: nessuna dazione illecita

Per il tribunale siciliano illegittimo il sequestro del patrimonio: "Da Berlusconi solo regalìe"

Dell'Utri, così Palermo smentisce Firenze: nessuna dazione illecita

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Alla fine, dopo pagine e pagine di complesse analisi, l’accusa finisce nella polvere. «In altri termini - scrive il tribunale di Palermo anche a seguito di tale approfondimento istruttorio, non è emerso riscontro alla tesi di una possibile natura illecita di tali dazioni».

La prova che i soldi dati da Silvio Berlusconi a Marcello Dell’Utri siano il prezzo del silenzio, il frutto di un ricatto criminale, non c’è. Ma c’è di più: «Anzi insistono i magistrati palermitani - non è nemmeno stato possibile confutare la versione secondo cui tali regalie fossero disposte da Silvio Berlusconi in maniera volontaria, senza alcuna coartazione, per ragioni di amicizia, di riconoscenza per la collaborazione lavorativa, imprenditoriale e politica e da ultimo anche per sostenere le spese del nucleo familiare del Dell’Utri e le varie necessità dei suoi membri».

I bonifici, i versamenti e le suggestioni accatastate l’una sull’altra dalla Dia che ha rovistato ovunque nella storia criminale degli ultimi quarant’anni, non dimostrano nulla. E danno ragione agli avvocati Francesco Centonze e Filippo Dinacci. Per queste ragioni, la confisca del patrimonio non può essere disposta così come la «sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno». Una sconfitta sonora per la procura che da anni e anni cerca in tutti i modi di schiacciare l’immagine del senatore sul profilo del mafioso. Ma quel che stupisce è la data del verdetto: il 13 marzo scorso, solo una manciata di giorni prima del clamoroso sequestro disposto dalla procura di Firenze.

Quei che a Firenze è stato disposto, è stato negato come misura di prevenzione - dai giudici siciliani.

Certo, a Palermo si parla sempre di Cosa nostra, ma prevalgono i presunti intrighi e affari illeciti tessuti con i boss nel corso di decenni; a Firenze invece si va, se possibile, anche oltre tratteggiando un Dell’Utri stragista che si appoggia a Giuseppe Graviano fra il 93 e il 94 per spingere Cosa nostra a piazzare bombe, a uccidere e a profanare chiese.

Uno scenario apocalittico che coinvolgeva, finché è stato in vita, anche Silvio Berlusconi. Ma al di là delle sensibilità di ciascuna procura, il canovaccio é lo stesso. Solo che quello che a Palermo viene sonoramente bocciato, a Firenze viene riproposto, utilizzando la mancata segnalazione, sulla base della legge Rognoni- La Torre, delle variazioni patrimoniali. Che ammontano a 42 milioni di euro. Attenzione: si tratta di un’omissione formale, perché tutti i soldi dati sono tracciati in modo trasparente. Ma la sostanza è che la procura di Firenze prova a rilanciare, sulla base di questo mancato adempimento, un’indagine che ora è al quarto round, dopo tre archiviazioni. E che trova nuova apparente linfa nel sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di quasi undici milioni di euro.

Le basi di questo blitz, a leggere il severo decreto palermitano, sono però esili.

Certo, Dell’Utri è stato condannato con sentenza definitiva per concorso esterno e quella può essere una base per costruire verità giudiziarie, peraltro come si sa controverse, ma oltre non si è andati.

Il tribunale lo afferma con linguaggio asciutto e netto, dando per scontato il passato obliquo dell’ex senatore: «Nessun elemento concreto raccolto nell’ultimo trentennio consente di reputare attuale il rischio di reiterazione del proposto (Dell’Utri, n.d.r.) nei circoli criminali che lo hanno visto operare (con le peculiari modalità accertate con la sentenza di condanna per concorso esterno)». Le donazioni del Cavaliere sono ingenti. «Ma - prosegue il decreto - non ricorrono elementi sufficienti per escludere tale flusso finanziario dal novero delle entrate lecite».

Infine, «anche gli elementi posti a fondamento della reputata fittizietà della separazione “dalla moglie Miranda Ratti“ sono opinabili e di incerta significatività».

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