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Mai dette, ma le ripetiamo sempre Ecco le frasi fantasma della storia

Poiché l’autore della ricerca, il giornalista inglese Daniel Finkelstein, non fornisce alcun dato per verificare la scientificità delle sue conclusioni pubblicate ieri sull’edizione online di Times in merito alle «dieci frasi più celebri mai dette», non siamo per nulla d’accordo con quello che dice. Ma difenderemo fino alla morte il suo diritto a dirlo. Un principio cardine del concetto di tolleranza per il quale non dobbiamo ringraziare, come si crede, Voltaire (né tantomeno Rousseau), ma Evelyn Beatrice Hall, una oscura saggista che agli inizi del Novecento ricostruì vita e opere del filosofo nel libro The Friends of Voltaire. Fin troppo semplice... Anzi, «Elementare, Watson!». Battuta peraltro infilatasi di soppiatto nella storia della letteratura e dell’immaginario collettivo ma che Sherlock Holmes non ha mai detto e Arthur Conan Doyle non ha mai scritto. Sebbene in una pagina del racconto intitolato Il caso dell'uomo deforme, del 1893, c’è uno scambio di battute che può aver generato la leggenda: Watson, dopo aver ascoltato una delle proverbiali deduzioni di Holmes, esclama: «Semplice!». E Holmes risponde: «Elementare!». E così oggi tutti ripetono fideisticamente la nota citazione... Del resto «Quando la gente smette di credere in Dio, non è vero che non crede in niente, perché crede in tutto»: uno straordinario insegnamento tramandatoci da qualche divulgatore un po’ troppo entusiasta di Gilbert Keith Chesterton, ma che non è certo appartenga al famoso scrittore. D’altronde «Al mondo di sicuro ci sono solo la morte e le tasse». Un detto popolarissimo che la tradizione attribuisce a Benjamin Franklin il quale, essendo un politico oltre che uno scienziato, era probabilmente abituato a rubare frasi altrui. Ad esempio una di Christopher Bullock che nel 1716 - quando Franklin aveva dieci anni - scrisse: «Impossibile essere sicuri di altro se non la morte e le tasse».
Frasi celebri, che hanno sfidato i secoli e le traduzioni, diventate proverbi, luoghi comuni, battute di culto. Peccato che non siano mai state pronunciate. Daniel Finkelstein, il cacciatore di citazioni-bufale, nel sito di Times elenca le dieci più ripetute fra quelle mai dette: dalla cinematografica «Suonala ancora Sam» (la battuta più famosa di Casablanca ma che il Rick di Humphrey Bogart non pronuncia affatto, semmai sussurra «Suona la nostra canzone, suona come a quel tempo. Suona Sam, suona “Mentre il tempo passa”», che non è proprio la stessa cosa) all’aforisma «Solo i morti hanno visto la fine della guerra» che all’inizio del film Black Hawk Down Ridley Scott, come molti del resto, attribuisce a Platone ma che in verità non ha nulla a che fare con il filosofo greco: lo scrisse nel 1924 George Santayana nel suo Soliliquies in England. Il pasticcio lo combinò il generale Douglas MacArthur citando, male, l’epigramma nel suo discorso d’addio ai cadetti dell’Accademia di West Point nel 1962. Le frasi fantasma della storia però, a pensarci bene, sono molte di più. Da farci un dizionario.
Maria Antonietta, regina di Francia dal 1774 al 1792 come sposa di Luigi XVI, ebbe una vita degna di un feuilleton. Però la ricordiamo quasi solo per una risposta - «Qu’ils mangent de la brioche!», «Che mangino brioche» - sbattuta in faccia a chi la avvisava che il popolo non aveva pane. Una frase che non disse mai, ma per la quale all’epoca della ghigliottina si rischiava la testa. Come fu. Parliamo dei francesi. Ma noi italiani non siamo meglio. È da cinque secoli che ripetiamo machiavellicamente «Il fine giustifica i mezzi», sentenza che compendierà anche il pensiero del Segretario fiorentino, ma che negli scritti del Segretario fiorentino non appare mai. Solo nel 1650 il gesuita tedesco Hermann Busembaum nella Medulla Theologiae Moralis scrisse: «Se il fine è lecito anche i mezzi lo sono». Simile, ma non identico. A proposito: la frase esatta di Karl Marx non è «La religione è l’oppio dei popoli». Ma «La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli». Anche se forse è più bella la citazione del dottor House - alter ego clinico di Sherlock Holmes - quando in un episodio della serie, mentre assume una dose di Vicodin, riflette sul fatto che «La religione è il placebo dei popoli».
Filosofia per filosofia, val la pena di ricordare che «Vivi come se dovessi morire domani, pensa come se non dovessi morire mai» - attribuita un po’ a tutti, da Mussolini a Jim Morrison - è una frase che, detta così, non esiste. «Vivi come se tu dovessi morire subito. Pensa come se tu non dovessi morire mai» è la conclusione di Autobiografia di un fucilatore di Giorgio Almirante. Poi «Sogna come se dovessi vivere per sempre, vivi come se dovessi morire oggi» lo disse - profeticamente - James Dean. Mentre «Vivi come se dovessi morire domani, impara come se dovessi vivere per sempre» è un insegnamento - eterno - del Mahatma Gandhi. Faceva bene Montanelli: «Quando mi viene in mente una bell’aforisma, lo metto in conto a Montesquieu, o La Rochefoucauld. Non si sono mai lamentati».
La citazione, si sa, è sempre scivolosa. Basta un nulla per andare piedi all’aria. Soprattutto se è latina. Soprattutto se a farla sono i politici. Claudio Martelli, negli anni d’oro del socialismo, lanciandosi in un «Simul stabunt, simul cadunt», si fece infilzare dal vecchio saggio Alessandro Natta: «Cadent - Martelli - cadent...». Mentre Gianfranco Fini, reo di un «Timeo Danaos ut dona ferentes», dovette subire in diretta televisiva la lezione di Giuliano Ferrara: «et dona ferentes».
Per il resto, la prossima volta che volete azzardare una citazione latina, non abbiate timore a chiamarci, prima di rischiare una brutta figura. Sine qua non.

«Siamo qua noi».

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