Meno ore e più qualità Ma la sinistra non vuole una scuola moderna

La battuta più esilarante sulla riforma scolastica del ministro Gelmini viene dall’Italia dai Valori: «Questa riforma è stata scritta da Confindustria». Già, la vedo la Marcegaglia a sostenere a spada tratta davanti ai sindacati: «Al biennio del liceo classico le ore di latino devono rimanere 5 alla settimana, e guai a modificare le ore di greco: 4 al biennio e 3 al triennio! E filosofia, mi raccomando, deve continuare ad avere le sue 3 ore alla settimana per tutti gli anni del liceo, com’è sempre stato!».
Niente da fare: le reazioni alla riforma della scuola superiore varata dal governo hanno per lo più carattere ideologico. Sembra che nessuno abbia preso le tabelle degli attuali piani di studio delle scuole superiori e le abbia confrontate con quelle previste dalla Gelmini.
Qualcuno ha fatto notare che, per quanto riguarda il liceo classico tradizionale, le 2 ore in meno alla settimana per italiano e storia sono compensate da un’ora in più di matematica, fisica e scienze nonché dalle due ore in più di storia dell’arte? No. Dietro questi cambiamenti, a quanto pare, si intravede la necessità di offrire anche a chi ha fatto il liceo classico, una preparazione scientifica accettabile, ciò che, ai tempi della riforma Gentile, non sembrava strettamente necessario.
Forse, a differenza di quanto sostenuto dal portavoce nazionale dei Cobas alle spalle di questa legge c’è effettivamente un progetto didattico: quello di aggiornare la scuola italiana senza sacrificare la preparazione specifica offerta dai diversi istituti.
Certo, la riforma è anzitutto una razionalizzazione nella giungla che si era venuta creando con i mille progetti di sperimentazione che rispondevano a logiche spesso improvvisate; ed è un adeguamento alle richieste dell’Ocse che raccomanda una scuola volta più alla qualità che non alla moltiplicazione delle materie e delle ore di insegnamento.
Siamo sicuri che i nostri figli costretti a fare licei classici con sperimentazione informatica, linguistica e artistica e più di 30 ore alla settimana siano davvero più colti? O non ha forse ragione quel dirigente scolastico (il vecchio preside) che si chiedeva: «Come mai noi facevamo meno ore di scuola, avevamo vacanze molto più lunghe ed eravamo molto più preparati?».
Ecco, questa è la sfida che riguarda la scuola del futuro, altro che lamentarsi perché al biennio del liceo scientifico le ore di storia e geografia sono passate da 2 + 2 a 3 ore complessive! Oggi, con il programma che stando all’opposizione politica sarebbe intoccabile, cosa sanno di geografia i nostri studenti? Niente. E allora è evidentemente una questione di metodo, di passione, di comunicazione, non di ore di lezione. Apriamo un dibattito serio sul motivo per cui i nostri studenti non sanno nulla di tutta una serie di materie: forse si dovrebbe tornare a spiegare durante le ore di lezione, piuttosto che interrogare, interrogare, interrogare.
Come mai nessuno si è alzato ad applaudire la nascita del liceo musicale e coreutico? Non era forse una lacuna inammissibile in una Italia da sempre eccellente in questo campo, ma solo a livelli altissimi, senza una corrispondente diffusa cultura musicale? Forse per Bersani anche questo «ci allontana dall’Europa e nega pari opportunità di vita, di educazione e di lavoro ai ragazzi e alle ragazze del nostro Paese»? Mah…
Qualcuno si è lamentato del calo delle ore di lingua e cultura straniera in alcune scuole, ad esempio nel liceo classico con sperimentazione linguistica e nel liceo scientifico.
Ma la riforma prevede esplicitamente l’insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica compresa nell’area delle attività e degli insegnamenti obbligatori: cioè, fisica in inglese, oppure storia in francese ecc... Certo, questo potranno farlo solo le scuole che nel frattempo hanno investito su professori capaci di insegnare le loro materie in lingue straniere. Risultato: le scuole che l’avranno fatto, aumenteranno anziché diminuire le ore d’insegnamento in lingua straniera e per di più si tratterà di un insegnamento linguistico applicato; quelle che non l’avranno fatto vedranno forse calare i loro studenti in favore delle prime.

È un male, questo spirito di sana concorrenza tra le scuole? È vero, non risponde a una logica prettamente sindacale, ma scuole, studenti e famiglie possono solo guadagnarci.
Sta all’autonomia delle scuole, sta alla professionalità dei dirigenti scolastici e dei docenti fare una scuola qualità, e non solo parlarne.

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