Economia

Il mercato italiano della clientela istituzionale

Le sgr estere non puntano solo sul ricco mercato del risparmio dei privati. C'è anche un altro grande bacino rappresentato dal mercato della clientela istituzionale

Il mercato italiano della clientela istituzionale

Le sgr estere non puntano solo sul ricco mercato del risparmio dei privati, da raggiungere attraverso la stretta collaborazione con le reti distributive bancarie e dei promotori finanziari, per incrementare il business. C'è anche un altro grande bacino rappresentato dal mercato della clientela istituzionale, cioè da quel variegato mondo che comprende fondi pensione negoziali, casse di previdenza, fondazioni e tesorerie bancarie, compagnie di assicurazione, sicav e unit linked, che si rivolgono a operatori di gran nome dell'asset management internazionale cui affidare la gestione finanziaria del proprio patrimonio.

Con l'obiettivo di evidenziare caratteristiche e problematiche di questa area di business al grande pubblico degli operatori, Banca Finanza ha organizzato la tavola rotonda Le sgr estere al servizio dei clienti istituzionali italiani. Obiettivi: prospettive e proposte per il rafforzamento della relazione. Alla tavola rotonda che è stata coordinata dal direttore Angela Maria Scullica e dal giornalista Marco Muffato hanno partecipato: Alessandro Fonzi, responsabile clientela istituzionale in Italia di Lombard Odier Im; Donato Giannico, country head per l'Italia di Raiffeisen international fund advisor; Renato Guerriero, head della branch italiana di Dexia asset management; Angelo Lazzari, amministratore delegato di Arc asset management; Pietro Martorella, amministratore delegato Italia di Axa Investment Manager Italia sim; Gabriele Tavazzani, condirettore generale e direttore commerciale di Amundi sgr; Stefano Rossi, amministratore delegato di Edmond de Rothschild sgr. Ed ecco che cosa è emerso dal dibattito.

Domanda. In cosa differisce il lavoro di una sgr nel comparto istituzionale rispetto al retail?

Rossi. La differenza in termini di proposte di investimento è poca. Cerchiamo di offrire qualità sia all'istituzionale che all'investitore da private banking con gestioni patrimoniali disegnate ad hoc sull'obiettivo di investimento del singolo investitore, della sua famiglia oppure dell'azienda. L'approccio degli altri operatori è diverso: si rivolgono al privato con i fondi mentre con il soggetto istituzionale stabiliscono collaborazioni sulla base di mandati gestiti tipicamente a benchmark. Anche se dopo gli scossoni avvenuti sui mercati dal 2008 a oggi, gli investitori istituzionali - in primis le fondazioni bancarie, ma anche i fondi pensione - che prima ritenevano prioritario battere il benchmark - danno oggi molta più importanza al ritorno assoluto. In questo cambiamento un ruolo fondamentale lo stanno rivestendo i consulenti, che effettuano la selezione dei gestori per conto dei soggetti istituzionali. E hanno la responsabilità di indirizzare le fondazioni bancarie verso una tipologia di gestione in grado di generare ritorni capaci di soddisfare le esigenze di cassa. L'asset principale delle fondazioni bancarie, infatti, sono il pacchetto di azioni di controllo delle varie banche, spesso quotate. Quando la banca non paga il dividendo, la fondazione entra in crisi ed è in difficoltà per sostenere economicamente le attività sociali previste. In questo contesto diventa fondamentale per la fondazione aver diversificato il proprio portafoglio in modo sufficiente per poter far fronte a queste esigenze di cassa. Gli stessi direttori finanziari di queste istituzioni sono coscienti del problema, ma spesso non hanno potere di convincere il proprio cda: il consulente può aiutare i consigli a prendere coscienza delle necessità. Altro problema collegato: abbiamo assistito a gare di appalto in cui venivano chiamati decine gestori da tutto il mondo ma alla fine si sceglieva di non cambiare, mantenendo lo stesso partner, che aveva fatto cattivi risultati negli anni precedenti.

Lazzari. La premessa è che la nostra sgr crea fondi su misura per i clienti che contemplano sia investitori istituzionali che clientela privata con un portafoglio di 20 milioni di euro. Siamo specializzati su tutti gli asset non finanziari: gli immobiliari, per esempio, ma anche le partecipazioni in private equity. Riteniamo preferibile lavorare con i privati perché il processo è più veloce, ci sono meno problematiche di compliance, di politica e di gestione. Alla fine, però, il prodotto è simile per entrambi i target. Quali sono le problematiche che emergono nella relazione con gli istituzionali? Con casse di previdenza e fondi pensione, in particolare, il confronto a volte è difficile sul piano culturale: fanno fatica a percepire che l'asset non finanziario deve essere gestito da professionalità pluridisciplinari e vigilato da organi di controllo, che lo stesso investimento in private equity non è rischioso, ma che va letto in un'ottica di lungo periodo, ed è un investimento con un fortissimo impatto sociale. Devo, però, fare un distinguo: nelle casse di previdenza ho trovato anche persone ben preparate, a livello di direzione generale e comunque nei livelli di responsabilità. Il problema è che spesso i dirigenti devono scendere a patti con il proprio consiglio: una parte delle casse di previdenza com'è noto è di emanazione governativa i cui componenti sono di nomina ministeriale. Spesso i consiglieri quindi hanno cognizioni molto modeste in tema di investimenti per cui si finisce con l'acquistare semplicemente Bot o Cct invece di fare qualcosa di diverso. Per paura del fallimento di un fondo hedge, non si investe più in fondi private equity. Ma che logica è questa? Cosa c'entra Madoff con un fondo private equity italiano che investe in aziende del nostro Paese? La logica che sembra emergere in alcuni consigli di amministrazione è: meglio non aver problemi che portare qualcosa di nuovo. E se a ciò si aggiunge la mancanza di competenza il quadro è esauriente. Nel caso delle casse di previdenza, a mio avviso, il governo dovrebbe stabilire l'obbligo di investire fino al 30% in asset non finanziari, investendo cioè nel sistema Paese.

Martorella. Prima di tutto, è opportuno evidenziare che Axa Im è un operatore più istituzionale che retail: dei circa 550 miliardi che gestiamo il 70% circa proviene dal segmento istituzionale in modo diretto o indiretto. Il secondo elemento di differenziazione è nelle dimensioni dei patrimoni interessati. Come Axa investment manager, la taglia minima dei mandati istituzionali che ci interessano si aggira tra i 70 e i 100 milioni. Il cliente privato tipicamente accede a un prodotto più o meno industrializzato, mentre il cliente istituzionale solitamente richiede un servizio più personalizzato, non solo in termini di soluzioni di investimento, ma anche in termini di set up operativo. Anche noi riscontriamo una domanda crescente di soluzioni total return e conseguentemente di gestioni meno legate ai benchmark. A fare eccezione sono i fondi pensione negoziali dove al contrario la tendenza è quella di minimizzare sia il rischio relativo al benchmark, sia il costo, con una netta preferenza per gestioni passive o semi-passive. Altre differenze sostanziali riguardano il processo distributivo. Nel caso del privato l'intermediario è un canale distributivo, nel caso dell'istituzionale il processo è intermediato da un consulente specializzato o attraverso una gara pubblica. Comunque, nel processo, c'è sempre coinvolto un dipartimento professionale e qualificato che opera la selezione di una specifica soluzione di investimento.

Tavazzani. Concordo che sul segmento istituzionale serva un approccio diverso proprio perché questo mercato, in particolare quello dei fondi pensione negoziali, è organizzato in bandi pubblici e mediato dai consulenti. Quindi, occorre dotarsi di un team dedicato e di elevata qualità professionale per rispondere ai bandi di selezione dei gestori: è un vero e proprio lavoro presentare i processi di investimento, la descrizione sia qualitativa sia quantitativa delle capacità gestionali a partire dai track record per le varie classi di attivo, i gestori e tutti i servizi di supporto alla gestione (risk management, reportistica, e così via). In questo l'Italia è simile al resto d'Europa. Dove, invece, emergono delle differenze è nei prezzi che il mercato italiano impone agli operatori. Per vincere una gara, infatti, bisogna offrire prezzi significativamente inferiori rispetto a quelli pagati dai clienti istituzionali in altri Paesi in base agli standard internazionali. Ciò che mi preme sottolineare è che la gestione ha notevoli costi: i compensi dei gestori, i sistemi e gli aspetti operativi da presidiare. Malgrado ciò, gli operatori non si tirano indietro investendo nel mercato istituzionale perché offre comunque una buona visibilità.

Giannico. Una premessa è d'obbligo: quando si parla di mercato istituzionale è importante sottolineare che esistono tanti microsegmenti - fondi pensione, casse privatizzate, fondazioni, assicurazioni, tesorerie bancarie,  corporate - con referenti, modelli d'acquisti e distributivi tutti diversi. Altra premessa: a prescindere che il target sia retail o istituzionale, il processo di investimento rimane lo  stesso. Detto questo, tra comparto istituzionale e retail si riscontrano cinque differenze: la prima è che nel mondo istituzionale il prodotto finale nasce on demand; la seconda risiede «nell'involucro»: i fondi retail, solo per fare un esempio, devono essere registrati e «consobizzati», mentre nel caso di un cliente istituzionale l'involucro può essere rappresentato da un mandato segregato, da un fondo riservato oppure da un fondo istituzionale. La terza differenza, normalmente è nella «taglia»: è impossibile realizzare un fondo istituzionale da 300.000 euro. La quarta differenza è nel costo che le istituzioni devono sostenere per comprare un determinato tipo di fondo, di prodotto o di gestione, che è molto più basso di quello praticato al mondo retail e il costo è tanto minore quanto è maggiore la size del cliente istituzionale. La quinta, infine, risiede nella distribuzione, che è completamente diversa. Anche all'interno della stessa categoria degli istituzionali: i fondi pensione normalmente sono intermediati dai consulenti professionali, ma esistono altri settori che sono meno intermediati come le tesorerie bancarie.

D. In cosa differisce il lavoro di una sgr nel comparto istituzionale rispetto al comparto retail?

Fonzi. La nostra è una banca privata svizzera che fa gestione del risparmio per clientela privata di fascia alta. Il nostro impegno sul mercato istituzionale è nato come una costola del private banking. Agli istituzionali abbiamo cioè cercato di dare quel tipo di servizio e di supporto che solitamente si offre alle famiglie facoltose. In Italia lavoriamo con clientela istituzionale e supportiamo i distributori per il collocamento dei fondi della nostra sicav di diritto lussemburghese, Lo Funds. Il mondo istituzionale è molto diverso da quello retail: nella gestione di un fondo comune veicolato ai privati, l'obiettivo dell'investimento è dichiarato nel fondo stesso. Nella gestione effettuata per un cliente istituzionale dietro ogni mandato c'è un investment management agreement: una convenzione che definisce nel dettaglio ciò che il gestore può o non può fare. Di conseguenza, una sgr deve disporre di un team di gestione dedicato al mondo istituzionale. Non solo: per la sgr estera è oggi fondamentale disporre di un'adeguata organizzazione. I professionisti che la sgr individua per dialogare con il mondo istituzionale devono avere delle competenze multidisciplinari, che spaziano dalla capacità di lettura delle esigenze di investimento finanziarie del cliente fino a quelle di tipo tecnico-legale e amministrativo.

Rossi. Per me anche altre regole andrebbero cambiate. Esempio: i fondi pensione negoziali italiani non possono investire in Paesi non Ocse. E questo mi sembra un limite notevole per una persona con molti anni di contribuzione davanti e che nel lungo termine potrebbe avere diversi vantaggi dall'investire in quei Paesi a più alto tasso di crescita. La normativa italiana, anziché fissare barriere all'operatività delle sgr estere, dovrebbe permettere di investire oggi nelle asset class che fra 30 anni probabilmente offriranno i maggiori ritorni ai futuri pensionati. La normativa, lo ripeto, dovrebbe favorire il processo di investimento, non impedire l'ottimizzazione del ritorno dell'asset.

Guerriero. Noi siamo istituzionali più che retail; credo che ormai il nostro mondo sia alla ricerca della specializzazione. Non possiamo immaginare di essere bravi in tutto, e soprattutto di farlo con le stesse risorse. Proprio per questa ragione, quando i consulenti strategici alla Bain o alla McKinsey valorizzano una società di gestione, distinguono se opera con soggetti istituzionali oppure con società retail. Il profilo dei costi e dei ricavi è completamente diverso, così come le masse sono di differente entità nei due mercati. Il core business in entrambi i casi resta la gestione, ma le sgr istituzionali hanno un modello business to business mentre le società che puntano al retail fondamentalmente hanno un modello o business to consumer oppure business to business to consumer. Di conseguenza, non posso parlare di information ratio a un privato che ha investito 1.000 euro in un fondo comune perché ci metterei due giorni a spiegarglielo e non gli aggiungerei alcun valore. Mentre l'investitore istituzionale può richiedere questo tipo di informazione, oltre che una rendicontazione molto più accurata. Dal punto di vista della reportistica, infatti, c'è necessità di produrre documenti molto tecnici, spiegando le scelte mercato per mercato, titolo per titolo e dei best execution report che evidenzino le controparti alle quali è stato chiesto un prezzo. Un'altra importante differenza è che la sgr spesso riesce a sperimentare di più con i clienti istituzionali, mentre sul target retail ha bisogno di condotta più morbida per ottenere rendimenti costanti e con meno picchi. Non è raro, infatti, trovare istituzionali che investono in distressed debt, cioè sui titoli che stanno per fallire; altri che inseriscono nel portafoglio grandi quote di titoli high yield; altri ancora che scelgono di investire in particolari segmenti del debito subordinato delle banche. L'ultima differenza è relativa al brand. Nel momento in cui voglio aggredire il grande pubblico devo investire sul mio marchio, perché la persona che compra il prodotto allo sportello si deve sentire rassicurata. Nel mercato istituzionale investire sul brand ha meno significato: devo puntare sulle mie capacità gestionali più che sul marketing per convincere i referenti del soggetto istituzionale.

D. Mentre nel rapporto con le strutture distributive, le sgr estere si sono attrezzate con una presenza massiccia di sales per dialogare con i promotori, gli sportelli bancari e le private bank, non è chiaro cosa accade nel caso delle sgr straniere che operano con i soggetti istituzionali italiani: operano in una logica di specializzazione per cliente con sales dedicati oppure c'è un gruppo di sales che lavora indifferentemente su tutti i target di clientela?

Guerriero. Generalmente c'è un team dedicato agli istituzionali e uno dedicato al retail che dialoga con le reti distributive. Sono due approcci e due modi di lavorare diversi. Nel nostro caso non abbiamo individuato un addetto per i fondi negoziali piuttosto che per le fondazioni o le casse di previdenza oppure per le compagnie assicurative e lo abbiamo escluso per motivare al massimo i professionisti incaricati: se ci si occupa di più segmenti, magari occorrerà più tempo per diventare degli specialisti. Però il contenuto del lavoro è molto più interessante e non si perdono motivazioni, anzi.

Tavazzani. A seguito dell'integrazione delle expertise nel campo dell'asset management di Crédit Agricole e Société Générale, che ha creato un nuovo polo europeo nel risparmio gestito, si è provveduto a porre in essere una organizzazione con due divisioni interne alla società di gestione. Amundi group ha previsto una struttura di comando con un presidente e due direttori generali responsabili rispettivamente della divisione istituzionale e della divisione distributiva, cioè delle relazioni con le reti partner. In Italia la declinazione dell'organizzazione internazionale di Amundi ha portato a costituire un team di sales specializzati che seguono in maniera trasversale le varie tipologie di clienti all'interno del segmento della clientela istituzionale.

Martorella. Nello strutturare una squadra per la clientela istituzionale bisogna guardare da un lato ai vincoli di bilancio e dall'altro alle opportunità. Se mi posso permettere una struttura di 100 persone andrò verso una specializzazione estrema per offrire il servizio più customizzato possibile; se al contrario posso permettermi una struttura di due o tre persone dovrò fare di necessità virtù in termini di specializzazione nel servizio al cliente.

D. Quali sono le difficoltà ad acquisire un cliente istituzionale e nel fidelizzarlo?

Giannico. è difficile parlare di fidelizzazione. Nei fondi pensione negoziali, per esempio, si partecipa a una gara, c'è una short list, e chi è selezionato è invitato a spiegare ai consiglieri del fondo come pensa di gestire quel determinato comparto rispondendo alle loro domande. Se si ha successo si ottiene un mandato da decine o centinaia di milioni e che dura mediamente tre anni. Alla scadenza non è detto che il mandato venga rinnovato, a prescindere dai risultati. Nel caso delle casse di previdenza le logiche sono altre: normalmente non si partecipa a una gara, ma addirittura può capitare di essere contattati direttamente con degli obiettivi ben definiti. Alcuni soggetti istituzionali hanno, infatti, un loro processo interno di valutazione che mira a selezionare i gestori secondo vari criteri come il track record e il tipo di asset class o di micro asset class. Operata la selezione si rivolgono direttamente al gestore prescelto. Per altri segmenti, come le tesorerie bancarie, è essenziale conoscere in modo molto accurato la regolamentazione e le esigenze contabili.

Rossi. C'è un altro fattore che pesa come un macigno nella scelta del gestore. A parità di performance, secondo la mia esperienza personale, spesso il costo passa davanti ad altre valutazioni. Un'altra caratteristica del mercato italiano è che i mandati sono in genere dei bilanciati dove si chiede di fare un po' di tutto. Non ho riscontrato una specifica richiesta di specializzazione per asset class da parte dei fondi pensione. Spesso ci siamo trovati in difficoltà, essendo una casa di gestione di medie dimensioni, perché alcuni consulenti tra i vari parametri dei bandi hanno inserito come requisito per partecipare alla gara quello della size totale dei propri asset under management. Una scelta discutibile. La taglia non determina necessariamente una performance. I moloch della gestione così vengono favoriti senza che ciò determini un reale vantaggio per il soggetto istituzionale. Daranno appena un granello del proprio impegno e offriranno un servizio molto standardizzato al fondo pensione italiano. è chiaro che il consulente fa regole che poi devono essere accettate dal cda del fondo. Ma, ripeto, inserire il criterio delle masse under management ai fini di una selezione significa fare un cattivo servizio al soggetto istituzionale. Alla fine per il sottoscrittore di un fondo pensione contano solo le performance. E invece con questi criteri di selezione non si fanno gli interessi dei sottoscrittori.

Guerriero. Dipende anche da quanto il soggetto istituzionale intende pagare, perché se il compenso è previsto in quattro basis point allora meglio scegliere un soggetto che gestisce 100 miliardi di euro.

Fonzi. Il fattore più importante, dopo l'acquisizione, che richiede comunque molto tempo, è collaborare con poche controparti istituzionali che apprezzino realmente le tue capacità gestionali. Ma la fidelizzazione si crea poi con il supporto e il servizio, in particolare con le realtà di medie dimensioni. Devi cioè avere una macchina totalmente dedicata agli istituzionali per la parte di set up operativo, di negoziazione e di reportistica, mentre per quanto riguarda la parte commerciale e di marketing in alcune occasioni si può utilizzare la documentazione realizzata per il retail anche per la clientela istituzionale. Più spesso, però, occorre preparare una documentazione ad hoc diversa rispetto a quella preparata per la distribuzione retail. Tra gli sviluppi positivi del mercato, alcune casse di previdenza hanno creato al proprio interno una vera e propria divisione dedicata al patrimonio mobiliare. Diverso è il caso dei fondi pensione negoziali, che devono tenere i costi al minimo e quindi non dispongono di strutture interne e si rivolgono ai consulenti esterni. Ancora, le fondazioni bancarie medio-grandi hanno professionisti preparati al loro interno così come le compagnie di assicurazioni con cui dialogare. I referenti tendono a essere essenzialmente i direttori finanziari e molto spesso sono professionisti molto validi. A volte però si ha l'impressione che la loro professionalità e il loro parere non sempre vengano tenuti nel giusto conto in sede decisionale. Molto spesso la decisione, infatti, è sempre e solo collegiale, dei consigli di amministrazione. Ai cda la nomina di un consulente conviene anche perché se le cose vanno male si può sempre attribuirgli la colpa. Altra considerazione collegata: non è vero che il brand non sia importante perché tante volte si preferisce scegliere il grande nome così si hanno le spalle coperte nel caso alla scelta non facciano seguito i risultati sperati. La fidelizzazione del cliente istituzionale, nel nostro caso, passa attraverso la performance fornita dai nostri gestori oltre che mediante la trasparenza dei processi gestionali e decisionali.

Giannico. è vero che la maggior parte dei fondi pensione preferisce i comparti bilanciati. Però è altrettanto vero che un comparto bilanciato non si affida a un unico gestore. In generale l'azionario viene affidato a una sgr, il comparto obbligazionario a un altro operatore e l'high yield a un altro ancora. Tornando al lavoro dei consulenti, la loro attività dovrebbe consistere nell'effettuare l'asset liability management del fondo pensione. Una volta impostato il suo portafoglio strategico, questo rimane invariato per tre o anche cinque anni. Quindi, normalmente si prevede un bilanciato con dentro 30 micro asset class dalle percentuali ben definite e che non vengono modificate nell'arco temporale stabilito. Per essere chiaro è impossibile parlare di asset allocation tattica. Fidelizzazione? In materia di tesorerie bancarie abbiamo costruito in questi anni circa 40 rapporti. In questi casi, il nostro lavoro assume un carattere molto specialistico a causa delle regole contabili, di solvibilità e quelle previste da Banca d'Italia. La nostra soluzione è di creare fondi dedicati molto sofisticati. Detto questo, la capacità di relazione continua a contare molto.

Martorella. Alla luce di quanto detto emerge chiaramente un mercato molto eterogeneo. Da un lato abbiamo i fondi negoziali, ma anche quelli preesistenti più grandi, che sono soggetti o comunque predispongono regole precise per la scelta dei gestori e dunque indicono bandi di gara per procedere alla selezione, prevedendo in genere compensi bassi e mandati anche despecializzati. Su un altro piano operano varie decine di altri operatori che spesso hanno la possibilità di fare scelte molto diverse per i veicoli di investimento e che spesso comprano direttamente fondi di investimento invece di ricorrere alla delega. Questa è una prassi consolidata all'estero, un po' meno in Italia. Dunque, il fondo di investimento non è solo un prodotto dedicato al retail, ma può essere anche un valido strumento a disposizione del cliente istituzionale. Un segmento che merita maggiore attenzione è quello delle assicurazioni. Le compagnia italiane tendono a fare tutto in casa, però in alcune nicchie di prodotto e classi di attivo può rappresentare un segmento di nostro interesse.

Tavazzani. Il ruolo del consulente in Italia non è ancora sfruttato in modo completo dai clienti istituzionali per aumentare la cultura finanziaria e, quindi, l'efficienza nella costruzione dei loro portafogli di investimento. Il consulente, infatti, dovrebbe guidare il soggetto istituzionale ad adeguarsi agli standard internazionali diversificando i portafogli in più asset class. C'è un mercato più libero, quello delle casse e delle fondazioni bancarie, dove effettivamente si potrebbe sperimentare qualcosa di più dal punto di vista dell'innovazione dei processi di investimento e delle classi di attivo utilizzate. Ma anche lì ci si scontra sempre con l'orizzonte di breve termine e con l'esigenza di risultati immediati. Con le casse previdenziali ci sono più margini di azione e, anche se in genere è prevista la presenza di un consulente, conta molto la relazione di fiducia creata dalla società di gestione con la Cassa stessa.

Lazzari. Abbiamo soprattutto clienti di emanazione bancaria che chiedono supporto nel gestire gli asset immobiliari: le aziende di credito, infatti, dispongono solitamente di un portafoglio real estate di cui non sanno cosa fare. Hanno una competenza limitata in materia, ignorano come gestirlo.

Questo business ha caratteristiche peculiari: non puoi fare mandati di gestione ma devi creare un fondo cui apportare gli asset immobiliari.

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