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«Mi tolgono mio figlio senza dirmi perché»

Il bene del bambino prima di tutto. È, o dovrebbe essere, il comandamento che guida la mano di chi allontana un minore dalla sua famiglia. Lo stesso che mercoledì scorso a Falconara Marittima, vicino ad Ancona, dovrebbe aver portato due vigili urbani e un’assistente sociale a prelevare da scuola T., 11 anni, e a trasferirlo in una comunità protetta di un luogo segreto. I suoi compagni hanno assistito sotto choc alla scena ed è da loro che la madre Paola, operatrice tecnica in un ospedale, ha saputo perché il bambino non era rientrato per pranzo.
«T. è stato portato via alle 10 - denuncia la donna, che è madre single di altri tre ragazzi di 7, 16 e 19 anni -. I miei parenti non l’hanno visto tornare e ci siamo preoccupati, allora ho chiesto ai suoi amici e mi hanno detto cos’era successo. Solo alle 15 mi è stato notificato l’atto di allontanamento. Perché nessuno ha telefonato a me o ai miei genitori? Siamo stati annullati. Ma la cosa più grave è che nessuno mi ha spiegato il motivo di questo brutale rapimento di Stato». La motivazione ufficiale è che il bambino sarebbe in stato di abbandono, ma alla signora Paola non è stato detto su che base gli assistenti sociali danno questo giudizio. «Quando lavoro - continua la giovane mamma - affido il bambino a un mio cugino 40enne che per me è come un fratello. E i miei genitori abitano a pochi passi. Inoltre la mia figlia maggiore ha 19 anni». Da quella mattina Paola non ha più visto né sentito il figlio. Ha solo parlato con le operatrici che se ne occupano: «Hanno detto che il primo giorno ha pianto, poi ha visto che il telegiornale parlava di lui ed è rimasto contento dell’affetto dimostrato dai suoi compagni di scuola». I compagni di T. infatti si sono mobilitati per la sua «liberazione». Sulle pagine di Facebook dei suoi fratelli sono arrivati centinaia di messaggi di sostegno, gli amici sono scesi in strada con striscioni e magliette con il suo nome, le mamme vogliono organizzare una fiaccolata. «Ci conosciamo tutti - aggiunge Paola -, se i miei figli vivessero in una situazione di disagio, come mai nessuno mi ha mai convocato per parlarne?». I servizi sociali rispondono che T. è stato allontanato per il suo bene, che ha diritto a essere protetto. Da cosa non è stato naturalmente reso pubblico. «La famiglia in questione era seguita da due anni - precisa Gilberto Baldassarri, assessore comunale ai Servizi sociali che ha chiesto al sindaco di firmare il provvedimento -. Il bambino andava messo in sicurezza, non c’era più tempo da perdere e per quanto dolorosa era l’unica cosa da fare. Non è vero che T. è stato portato via sotto gli occhi degli altri bambini, è stato chiamato in presidenza, gli è stato spiegato cosa stava accedendo e lui era sereno». L’articolo che giustificherebbe la decisione è il 403 del Codice civile, secondo cui: «Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo» deve essere tolto alla famiglia. La mamma del bambino dice di non capire. «Cresco da sola quattro figli - sottolinea - è difficile, ma lavoro sodo e ce la faccio. Abbiamo avuto qualche problema a scuola, T. è stato vittima di bullismo e ho fatto un esposto. Per la preside è lui a essere irrequieto: è forse per questo che credono che sia abbandonato a sé stesso?». In Italia sono 32 mila i minori in affidamento o ospiti di comunità. Vengono tolti ai genitori per motivi gravi, come abusi e violenze. A volte però le motivazioni suscitano polemica. È successo con i fratellini di Basiglio, con i «genitori-nonni» di Mirabello Monferrato. La storia di T.

è solo all’inizio.

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