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Jochen Goller : "La Mini? Un'icona senza rivali"

Il direttore vendite del marchio mondiale: "Vinta la scommessa cominciata nel 2001. Fiat 500? Noi siamo unici"

Jochen Goller : "La Mini? Un'icona senza rivali"

Jochen Goller, 47 anni, è tra i papà della riedizione dell'icona Mini: correva l'anno 2001. Ora, tredici anni dopo, guarda con soddisfazione la crescita della famiglia (sette modelli) e il recente avvento della terza generazione. Il suo incarico è quello di senior vicepresident a capo di vendite e marketing del marchio premium di Bmw Group.

Sergio Marchionne, numero uno di Fiat Chrysler, con la sua nuova sfida premium ha tutta l'intenzione di dare filo da torcere anche all'inglesina Mini. Timori?

«Non abbiamo paura. Mini è un marchio britannico e noi stiamo facendo un bellissimo lavoro. Mini è il modello più premium tra i piccoli. Non esiste un nostro diretto concorrente».

Però, in Italia, pongono la Fiat 500 come vostra rivale. Una sfida molto sentita soprattutto negli Usa.

«Quando si pensa alla famiglia Mini si va dalla berlina fino alla Countryman: sette modelli in tutto. Non si può, ribadisco, fare una comparazione diretta con il brand Mini».

Per la giardinetta Clubman e la vostra Coupé il mercato sembra non aver risposto bene. Pensate di aver esagerato, andando oltre il concetto originale di Mini?

«Non abbiamno mai previsto grandi numeri. E poi, nel mondo, il segmento delle coupé, in generale, non è andato bene. In Cina, a esempio, non esiste più».

Il 2001, anno del lancio della Mini (by Bmw). Lei può dire: «Io c'ero».

«La famiglia è diventata numerosa, come vede. Comunque, non dobbiamo crescere necessariamente con nuovi modelli, ma lo dobbiamo fare anche nei mercati e come numero di concessionari. Orgoglioso di “esserci stato”».

Come immagina la Mini tra dieci anni?

«Non ho la sfera di cristallo. Quando guardo al passato, vedo che siamo alla terza generazione. E se guardo la berlina, vedo con piacere che è un'evoluzione di quella del 2001. Ebbene, nel 2024 ci sarà un'ulteriore evoluzione. Mini è un brand molto iconico».

Il marketing di Mini?

«Innanzitutto bisogna capire al 100% il marchio e conoscere la sua storia. Ecco perché è necessario guardare indietro nel tempo. Vero è, comunque, che ora e domani dobbiamo guardare al digitale, ai social network, ma senza perdere di vista la tv. Fondamentale, poi, è restare sempre vicini al cliente, sia che abbia 19 oppure 65 anni, sia che sia uno studente o un manager. L'auto dev'essere personalizzata secondo le esigenze del cliente».

E la tendenza di acquistare l'auto tramite il web?

«Ai concessionari spetta il compito di creare sempre più interesse attorno al marchio. Ecco la sfida. L'auto, comunque, bisogna pur sempre provata in concreto».

Mini è più per l'uomo o più per la donna?

«Direi sia per l'uno sia per l'altra. Basta guardare chi siede alla guida».

Intanto crescono le persone che preferiscono affittare l'auto per due-tre anni piuttosto che comprarla.

«Di soldi ne circolano ancora, e in tanti optano per l'acquisto. La crisi, però, ha imposto a molte famiglie di considerare un budget mensile, in linea con le entrate. Insomma, si fa fatica a guardare avanti. Da qui la decisione di spendere un tot al mese».

Cambiano le abitudini e l'auto sembra non essere più una priorità.

«Il desiderio dell'auto non va più verso la fascia bassa di età. Chi vive in centro, con la famiglia, pensa di poterne fare a meno. Ma poi, quando è costretto a uscire dalla città per i costi eccessivi o per lavoro, magari a 35-40 anni, cambia atteggiamento».

La mitica fabbrica di Oxford ha compiuto 100 anni.

«Nel 2000 su decise di produrre la Mini a Oxford, a casa sua, e fu un grande impegno. E ora, a distanza di anni, da Oxford escono più di 200mila Mini. Quella fabbrica mi emoziona. Mini è un'icona british e resterà tale.

Come Oxford rimane la nostra casa».

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