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Un bambino è il nuovo testimonial dell'Isis per reclutare giovani kamikaze

Un dodicenne autore di un massacro in Pakistan scelto dall'Isis come testimonial per la campagna di reclutamento dei giovani martiri

Un bambino è il nuovo testimonial dell'Isis per reclutare giovani kamikaze

Lo Stato islamico ha pubblicato poche ore fa il 140° numero di al-Naba. Così come abbiamo notato negli ultimi mesi, le pubblicazioni continuano a seguire precise finestre temporali per la diffusione sulla rete. L’opera consta di diverse info-grafiche che non andrebbero assolutamente confuse con le prime schede diramate dai sostenitori dell'Isis come ad esempio quelle pubblicate da Khattab Media Foundation e Wafa' Media Foundation. Ritroviamo il medesimo linguaggio diretto, estremamente semplice. Riferimenti religiosi mai invasivi. Forme di saluto non presenti. L’impaginazione è ordinata. Le immagini di supporto sono come sempre estremamente violente. Al-Naba è una produzione espressamente concepita per la massima diffusione e l'immediata lettura sul campo: è uno strumento per le forze di guerriglia. E’ un approccio certamente diverso da quello adottato per Inspire o Rumiya, intesi come veri e propri manuali di guerra. Mutati contesti operativi impongono una diversa letteratura di supporto. Lo Stato islamico non ha adattato la sua letteratura di riferimento al contesto, sospendo la produzione delle sue principali opere.

Ad oggi, non considerando la letteratura parallela diffusa su canali riservati, al-Naba resta l’unica produzione Isis diffusa sulla rete con regolarità. Scritta fin dal primo numero in arabo e mai tradotta, l’opera ha un preciso scopo: rivendicare ogni attentato nel globo, dando visibilità, credito e profondità digitale alle operazioni che non ottengono rilevanza sui media occidentali. Ad esempio un attentato avvenuto in Afghanistan o Yemen e con poche vittime, non ottiene alcuna visibilità in occidente. L’obiettivo di ogni rivendicazione è quello di ridicolizzare l’apparato di sicurezza degli apostati, ribadendo che il volere divino non è mai il medesimo e che si realizza tramite azioni semplici ed immediate. È il messaggio Isis ad avere l'autorità necessaria per innescare i distaccamenti o consacrare le loro operazioni per attacchi pianificati e su larga scala. Oltre alla letteratura convenzionale diffusa sulla rete con istruzioni prevalentemente entry level e dedicata prevalentemente ai terroristi radicalizzati a distanza, ne esiste una parallela. Quest’ultima si rivolge all’élite del movimento e per diffondere informazioni classificate ai distaccamenti.

Ignorata la morte del figlio di al-Baghdadi

Stupisce ancora una volta l'assenza della morte di Hudhayfah al-Badri, uno dei figli al-Baghdadi, coinvolto in una vasta operazione Inghimasi nei pressi di Homs all’inizio del mese. La presunta morte del giovane è stata annunciata il 3 luglio scorso su Amaq. Otto ore dopo è stata annunciata sul canale ufficiale Isis ed infine utilizzando il nuovo template scelto per la Carovana dei Martiri. Nei tre numeri successivi alla sua morte, il nome di Hudhayfah al-Badri non è mai stato menzionato su al-Naba. E’ chiaramente una precisa strategia ad oggi oscura. Sfruttare a vantaggio della strategia ibrida Is (ideologia comune per cellule indipendenti adattative) la morte di uno dei figli del califfo avrebbe avuto pienamente senso. Alla fine del 140° numero di al-Naba troviamo la locandina del lungometraggio dedicato ai Cavalieri del Martirio con protagonista il nuovo testimonial per reclutare nuovi martiri.

I Cavalieri del Martirio

Il 13 luglio scorso lo Stato Islamico del Khorasan, gruppo attivo nel teatro afghano-pakistano, ha pubblicato sulla rete il video “I Cavalieri del Martirio”: bimbi ed adolescenti kamikaze. Il video di 22 minuti e 47 secondi è male puro. Genitori felici che aiutano i propri figli ad indossare il dispositivo di innesco che attiverà la detonazione del mezzo o della pesante cintura esplosiva. Discorsi letti da bambini gioiosi ed imbarazzati davanti la telecamera che sperano di raggiungere il paradiso “nel tentativo di strappare alla vita il più alto numero di apostati”. La locandina pubblicata su al-Naba mostra solo alcuni dei martiri che hanno perso la vita in operazioni rivendicate ufficialmente nelle ultime tre settimane. Ma è il bambino alla destra della locandina ad essere stato prescelto dai terroristi come testimonial per la campagna di reclutamento dei giovani martiri consacrati sul campo a Cavalieri. Oltre sei minuti de "I Cavalieri del Martirio" sono dedicato al giovane. Secondo l’Is, il dodicenne sarebbe stato l’artefice di un attentato che ha lasciato sul campo 128 morti ed oltre 200 i feriti, avvenuto durante un comizio elettorale in Baluchistan, in Pakistan, il 12 luglio scorso. Nel video, un orgoglioso padre del giovane lo aiuta ad indossare il pesante giubbotto esplosivo. Il sorriso del dodicenne visibilmente emozionato, è stato utilizzato in numerosi video ufficiali dello Stato islamico e si ritiene sia stato prescelto come testimonial per la nuova campagna di reclutamento dei giovani leoni nelle operazioni di martirio.

Possibili evoluzioni nella terminologia

Ad oggi, lo Stato islamico utilizza la frase Caravan of the Shuhada - Carovana dei Martiri per indicare gli Inghimasi, così come avvenuto ad esempio per la presunta morte di Hudhayfah al-Badri. Per indicare le operazioni kamikaze, lo Stato islamico inizia ad utilizza la frase Cavalieri del Martirio. Il termine "carovana" a breve potrebbe sparire dai testi Is a favore della più dinamica ed attraente parola "Cavalieri". Il termine carovana si riferisce alle crociate. Secondo la distorta visione dell’Isis, il mondo è diviso in due parti (il riferimento è al discorso dell’ex Presidente Bush): o si è dalla parte dei crociati o con l’Islam. E’ uno stratagemma culturale nel tentativo di unire tutti i musulmani in una guerra religiosa. La strategia dialettica ha un fine ben preciso: inquadrare il conflitto in un’ottica religiosa e politica. Tuttavia la parola "cavaliere" (Faris) inizia ad essere utilizzata sempre più spesso. Con la parola Faris si indentifica il cavaliere musulmano: senza paura, giusto e pronto a difendere l'Islam. L’adozione del concetto di “Campioni” alla stregua dei Mubarizun nella propaganda jihadista potrebbe essere imminente. Infine, nel rivendicare gli attentati, lo Stato islamico ha da qualche tempo iniziato ad associare ai distaccamenti una nuova parola, نهضة che potremmo tradurre in risveglio.

Perchè i terroristi prediligono l'attacco suicida?

L'attentato suicida è impossibile da prevedere e genera pubblicità. L'attenzione dei media è come l'ossigeno per i terroristi. L'attacco suicida riceve un'enorme copertura mediatica a causa della dinamiche e del danno scioccante inflitto indiscriminatamente contro bersagli e civili inermi. Da non dimenticare, infine, che per un attentato suicida di successo è richiesta poca esperienza e scarse risorse. Pertanto l'attacco suicida è molto più conveniente rispetto ad altre tattiche come la presa di ostaggi che richiede un investimento considerevolmente maggiore nelle risorse, nella pianificazione e nella formazione. Indipendentemente dai loro obiettivi a lungo termine, l'attentato suicida è utilizzato in modo razionale e calcolato dai terroristi. Se utilizzato frequentemente e troppo indiscriminatamente, può diventare meno scioccante nel tempo e persino alienare le popolazioni che i militanti hanno bisogno di sostenere per la loro lotta a lungo termine.

A differenza delle tattiche utilizzate dai kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, gli attentati suicidi sono deliberatamente impiegati dai terroristi per un effetto politico calcolato. Dal 1983 l'attentato suicida è la tattica preferita dai terroristi dallo Sri Lanka alla Cecenia, dall'Afghanistan alla Siria. Le organizzazioni terroristiche sfruttano l’attacco suicida, meccanicamente semplice e tatticamente efficiente, per generare un supporto alla causa. La cintura esplosiva indossata da un kamikaze è la granata a frammentazione perfetta per il duplice motivo di essere intelligente e mimetizzata. Tatticamente parlando a vantaggio dell’attentatore suicida vi è la sua difficile individuazione e la capacità di colpire bersagli altamente sensibili o poco protetti, ma di enorme impatto emotivo è. Se il lone wolf (che solo non è mai) potrebbe essersi evoluto in branco per massimizzare l’efficacia e coordinare gli attacchi, il terrorismo islamico ha già dimostrato il fine delle sue azioni: spettacolarizzare la morte. La sensazione di insicurezza costante, il modificare il proprio stile di vita, il cedere alcune libertà individuali sacrificandole sull’altare della sicurezza: il terrorismo si pone l’obiettivo di scardinare gli schemi classici, modificando e plasmando lo status quo che la società conosce. Il danno inflitto dagli attentati suicidi è sia fisico che psicologico e si basa sull'elemento sorpresa. La sorpresa viene generata trasformando il quotidiano o l’innocenza dei bambini in armi (raramente senzienti).

Ambire al martirio

La vulnerabilità al terrorismo è determinata dall'estrema povertà, dalla scarsa istruzione e dall’instabilità costante. Poiché i bambini hanno meno probabilità di capire la differenza tra bene e male, sono facilmente manipolabili e attirati dalla violenza. Proprio l’istruzione gioca un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro di un bambino. Nelle comunità povere ed instabili, i terroristi utilizzano la narrativa strategica per manipolare le giovani menti e portarle alla loro causa. Nella distorta visione della realtà propinata dai terroristi, il martirio diventa un'ambizione per i giovani. Se avessero ricevuto una corretta educazione in un contesto normale, non cercherebbero un valore nella morte. L'economia poi, game changer nella vita di una persona. Nelle nazioni povere i giovanissimi hanno maggiori probabilità di svolgere attività illegali per guadagnare denaro e sostenere la propria famiglia. L’Is ad esempio è stata una delle prime organizzazioni terroristiche a stipendiare i giovani sotto i 18 anni, cosa che i governi locali non facevano. Negli ambienti instabili, i membri delle organizzazioni terroristiche costringono le famiglie ad inviare i propri figli a combattere per loro. Concentrarsi esclusivamente sulla leadership delle organizzazioni terroristiche non è sufficiente poiché manca il più ampio contesto socio-economico che consente loro il reclutamento. Violenze, umiliazioni e mancanza di opportunità derivano dal fallimento dei sistemi educativi e della stagnazione economica in molte parti del mondo.

Qualsiasi tipo di vittoria non si basa sulla conquista fisica del territorio, ma sulla volontà di piegare la forza di volontà ed il desiderio di combattere del nemico. La visione del mondo salafita jihadista è sia transnazionale che transgenerazionale: l'ideologia non può essere sconfitta militarmente. La stabilità politica gioca un ruolo importante nel mantenere una nazione sicura mentre promuove programmi economici e di sviluppo. Senza tale stabilità è impossibile attuare tali progetti per aiutare i cittadini di una nazione. Il terrorismo è un’ideologia per una guerra di contenuti: istruzione e conoscenza sono strumenti essenziali per sradicare l'estremismo giovanile, motivo per cui è imperativo negare le risorse potenziali da cui attingere. E' opportuno quindi contrastare le istituzioni che assistono i gruppi terroristici nella mobilitazione e nel reclutamento. I leader religiosi dovrebbero condannare l'estremismo giovanile, mentre lo stato dovrebbe costruire sistemi scolastici statali come alternativa a quelli religiosi privati. Necessario, infine, scardinare lo status quo che premia gli attentatori suicidi ed i loro parenti.

Creare posizioni non negoziabili: i testi strategici di al-Qaeda e dell’Isis

Non possiamo capire la mentalità jihadista se non studiamo attentamente i testi strategici di riferimento

Il principale testo operativo di al-Qaeda si intitola Management of Savagery: The Most Critical Stage Through Which the Umma Will Pass. Scritto da un certo Abu Bakr Naji è stato pubblicato nel 2004. E’ l’unica opera della letteratura pubblica jihadista ad essere stata firmata da Abu Bakr Naji. Si ritiene che fosse l’egiziano Mohammad Hasan Khalil al-Hakim noto anche come Abu Jihad al-Masri (l'egiziano) eliminato in un raid USA il 31 ottobre del 2008. Se Abu Bakr Naji e Mohammad Hasan Khalil al-Hakim fossero la stessa persona, all’autore bisognerebbe accreditare anche il testo strategico Myth of Delusion del 2006 ed il saggio Towards A New Strategy in Resisting the Occupier. Management of Savagery consta di 268 pagine divise in cinque argomenti. E' un lungo e complesso testo retorico che richiede uno studio accurato. L’opera presenta una strategia per creare/ sfruttare il caos o la ferocia dei regimi politici per formare succursali di al-Qaeda. Queste si sarebbero poi unite per proclamare un califfato mondiale che sarebbe stato innescato dal crollo della monarchia saudita. Al-Qaida, infine, avrebbe assunto il controllo della capitale religiosa del mondo islamico. Abu Bakr Naji, teorico della strategia “Gestione delle barbarie”, chiede di continuare la lotta jihadista contro l'Occidente, mentre predica pazienza per la creazione di un nuovo califfato.

The Jurisprudence of Blood o Fiqh al-Dima è la bibbia dell'Isis. 579 pagine scritte da Abu Abdullah al-Muhajir, veterano della guerra in Afghanistan. L'uomo dovrebbe essere ancora vivo. Parliamo di un soggetto le cui opere hanno plasmato il pensiero del moderno terrorismo islamico. Fiqh al-Dima espone un subdolo quadro teorico, legale e religioso per giustificare qualsiasi tipo di azione. Alcuni titoli dei 20 capitoli sono: "Decapitazione e mutilazione", "Non esiste la resa", "Rapimento degli infedeli in guerra", "Come uccidere le spie", "Uccisione indiscriminata di infedeli in guerra", "L'utilizzo delle armi di distruzione di massa". Il testo è in qualche modo basato sulle letture tradizionali, ma reinterpreta in modo distorto la teologia islamica. Questi testi sono essenziali per creare posizioni non negoziabili nei jihadisti.

La nuova strategia del suicidio

Abu Abdullah al-Muhajir offre una soluzione teologica che permette a chiunque lo desideri di eludere le ingiunzioni coraniche contro il suicidio. La sua posizione si riduce allo scopo ed all'intento dell'attacco.

“Il suicidio con l'intento di porre fine al dolore personale è vietato perché implica che la persona in questione sia intenzionalmente ignorante della misericordia di Dio. Tuttavia, se l'intento è quello di sostenere la religione, lo stesso atto diventa qualcosa di onorevole”. Molti teorici prima di lui hanno affrontato la liceità di un attacco suicida, ma Muhajir espande il concetto, abbattendo i precedenti limiti teologici.

“L’attentatore suicida non deve essere considerato come l’ultima risorsa in caso di guerra.

L’attacco suicida non deve necessariamente determinare un beneficio per la comunità musulmana o essere concepito esclusivamente per alterare le sorti di un conflitto. Chi vuole morire per la giusta causa, sarà libero di farlo”. Ecco creata la flessibilità necessaria per attivare i martiri utilizzata dall'Isis e da al-Qaeda. Le opere di Abu Abdullah al-Muhajir continueranno a plasmare la traiettoria del militarismo salafista per gli anni a venire.

Come l’Isis reclutava i bambini

Nella fase iniziale i terroristi entravano in un villaggio o quartiere, organizzando gare di recitazione del Corano. Distribuivano poi caramelle, gelati e giocattoli. In questa fase il rapporto tra terroristi e bambini è estremamente cordiale. La seconda fase avveniva all'interno delle scuole del villaggio con osservatori che identificavano le propensioni individuali dei giovani studenti.

Per desensibilizzarli alla violenza venivano mostrati video di decapitazioni. Il processo era graduale, ma costante tramite il gioco. Inizialmente i bambini venivano invitati a decapitare le bambole. Successivamente iniziavano a partecipare dal vivo alle decapitazioni come premio: consegnare i coltelli al boia o condurre i prigionieri alla loro morte dinanzi la folla era considerato un privilegio agli occhi del bambino. Il processo era graduale. Nella terza fase i bambini prescelti venivano portati nei centri di addestramento militare. L'idilliaco rapporto delle prime fasi lasciava spazio ad esercitazioni, addestramento alle armi ed indottrinamento continuo. Le nuove regole di condotta morale si applicano alle iterazione con gli avversari che non si percepiscono come umani. La narrativa utilizzata dai terroristi ha il duplice obiettivo di rafforzare la coesione del gruppo e creare un imperativo morale per il cambiamento, inquadrando esattamente gli avversari. Dopo l'addestramento base, ai bambini veniva offerta la possibilità di specializzarsi in base alle loro propensioni. Non tutti i bambini radicalizzati venivano utilizzati in operazioni di martirio e combattimento. Molti venivano preparati per diventare i terroristi di domani.

Le vittime di oggi, i terroristi di domani

Qualsiasi tipo di vittoria non si basa sulla conquista fisica del territorio, ma sulla volontà di piegare la forza di volontà ed il desiderio di combattere del nemico. La visione del mondo salafita jihadista è sia transnazionale che transgenerazionale: l'ideologia non può essere sconfitta militarmente. La stabilità politica gioca un ruolo importante nel mantenere una nazione sicura mentre promuove programmi economici e di sviluppo. Senza tale stabilità è impossibile attuare tali progetti per aiutare i cittadini di una nazione. Il terrorismo è un’ideologia per una guerra di contenuti: istruzione e conoscenza sono strumenti essenziali per sradicare l'estremismo giovanile, motivo per cui è imperativo negare le risorse potenziali da cui attingere. E' opportuno quindi contrastare le istituzioni che assistono i gruppi terroristici nella mobilitazione e nel reclutamento. I leader religiosi dovrebbero condannare l'estremismo giovanile, mentre lo stato dovrebbe costruire sistemi scolastici statali come alternativa a quelli religiosi privati.

Necessario, infine, scardinare lo status quo che premia gli attentatori suicidi ed i loro parenti.

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