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Bolivia, la presidente anti Pachamama: "La Bibbia ritorna al governo"

Jeanine Áñez, la presidente pro tempore della Bolivia post Morales, ha spiegato: "La nostra forza è Dio, il potere è Dio, che Dio ci benedica cari fratelli boliviani"

Bolivia, la presidente anti Pachamama: "La Bibbia ritorna al governo"

In Bolivia la senatrice Jeanine Áñez, che ha assunto il compito di presidente pro tempore del paese sudamericano dopo la cacciata di Evo Morales, si è presentata presso il Palazzo del Governo con una grande copia dei Vangeli in mano dicendo, davanti la stampa e i simpatizzanti accorsi, che "la Bibbia ritorna a Palazzo".

Così facendo la Áñez si è scagliata contro Morales, accusato in passato dalla stessa senatrice di voler sostituire la Chiesa Cattolica con il pachamismo. Morales, infatti, pur dichiarandosi cristiano, ha in vario modo attaccato la Chiesa Cattolica, accusando i cattolici di avere colonizzato gli indigeni, promulgando una Costituzione in cui il cattolicesimo ha cessato di essere il culto ufficiale del paese, chiedendo di abolire il celibato e di approvare il sacerdozio femminile, donando un crocifisso "comunista" a Papa Francesco e, più volte, ammettendo di aver praticato l’adorazione della Madre Terra (Pachamama).

Jeanine Áñez, dopo aver annunciato che la sua priorità sarà quella di indire le elezioni entro 90 giorni per eleggere un nuovo presidente, da un balcone del Palazzo del Governo a La Paz ha spiegato che la Bibbia è molto significativa per i boliviani. "La nostra forza è Dio, il potere è Dio, che Dio ci benedica cari fratelli".

Jeanine Añez, esponente del mondo pro-life e pro-famiglia naturale, si è sempre dichiarata contraria alla rinascita del paganesimo indigeno, propugnato dall’oramai ex presidente Morales. I social network stanno diffondendo molti suoi vecchi tweet. In uno, pubblicato nel 2013, cancellato dal suo profilo ma archiviato da altri siti, aveva dichiarato di sognare "una Bolivia libera da riti satanici indigeni. La città non è per gli indios. Lasciamoli andare nell'Altipiano o al Chaco".

Durante la cerimonia di insediamento della neo presidente ad interim (la seconda donna ad assumere tale carica dopo Lidia Gueiler, che fu anche lei temporaneamente presidente tra il 1979 e il 1980), in una sessione parlamentare dove erano assenti tutti i rappresentanti del movimento che sosteneva Morales, la Añez è stata accolta dai suoi sostenitori al grido di "gloria a Dio".

La cinquantaduenne Jeanine Añez, che è stata per qualche tempo avvocato ma anche conduttrice del canale Total Visión ha ricevuto il via libera dalla Corte costituzionale plenipotenziaria della Bolivia che ha dichiarato la sua successione costituzionale a Morales "conforme al testo e al significato della costituzione".

Non si sa ancora se la presidente ad interim concorrerà alle prossime elezioni mentre in molti scommettono sulla candidatura dell’avvocato Luis Fernando Camacho, presidente del Comité pro Santa Cruz, leader civico e maggiore oppositore del governo social-comunista di Morales.

Intanto la senatrice, molto seguita sui social, dove conta circa 107 mila follower su Twitter e quasi 25 mila su Instagram, ha già ricevuto il 13 novembre il riconoscimento della sua presidenza da parte della Colombia, degli Stati Uniti di Donald Trump, del Brasile di Jair Bolsonaro e del Regno Unito di Boris Johnson, mentre l'ambasciatrice messicana in Bolivia ha affermato che il suo paese - che ha dato asilo a Evo Morales e agli ex funzionari del governo - non riconosce Áñez come presidente boliviano.

A sorpresa la Russia di Putin ha riconosciuto il 14 novembre la senatrice Jeanine Áñez come presidente ad interim della Bolivia fino alle prossime elezioni, ma attraverso un intervento del vice ministro degli Esteri russo Sergey Riabkov, si è dichiarata preoccupata "per la mancanza di quorum in Parlamento quando si è votata la sua nomina".

Successivamente María Zajárova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha ribadito la decisione della Russia di considerare Jeanine Áñez la persona incaricata di dirigere la Bolivia fino allo svolgimento delle elezioni in quel paese ma spiegando che "non si tratta di riconoscere ciò che è accaduto in quel paese come un processo legale, poiché si capisce che non si è trattato di questo".

Il vicario apostolico di Pando (nord Bolivia), monsignor Eugenio Coter, ha sottolineato il ruolo della Chiesa che "ha invitato le parti a sedersi e a lavorare con onestà, trasparenza e con giustizia per aiutare questo processo di dialogo".

Secondo il monsignore questa crisi ha portato "alla dimissione di vari sindaci e governatori anche a livello locale", permettendo "un rinnovamento di tutto la struttura dirigente del Paese".

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