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Colonia, Dacia Maraini difende i profughi: "Non sono stati loro"

La scrittrice considera un "atto di guerra misogino" le violenze di Capodanno in Germania. Ma si dice sicura: "Tra gli aggressori non possono esserci i profughi"

Colonia, Dacia Maraini difende i profughi: "Non sono stati loro"

"Stento a credere che tra gli aggressori ci possano essere migranti e rifugiati, gente che ha alle spalle storie molto dolorose. Chi affronta la morte rischiando la vita sui barconi o attraversando il deserto non rischia la libertà per una cosa simile". Le parole della scrittrice Dacia Maraini fanno discutere. E si capisce. Parlando delle violenze di Colonia, dove gli immigrati hanno aggredito e messo le mani addosso a donne tedesche durante il Capodanno, la scrittrice ha condannato i gesti degli stranieri, ma ha chiuso gli occhi di fronte all'evidenza che tra i moletstatori ci fossero "profughi", ovvero persone che fanno richiesta di asilo in Europa.

Per la Maraini, quello di Colonia è "un atto di guerra. Una guerra di sesso, misogina, contro le donne viste come prede». Ma i profughi, dice, non c'entrano. "Io lo vedo come un atto di guerra - prosegue la scrittrice in una intervista al Mattino - Esattamente come in guerra quando le donne vengono molestate e spogliate. Un atto che viene da una cultura per cui una donna che sta per strada è di proprietà di tutti. Nonostante tutte le battaglie che abbiamo fatto, questa idea appartiene purtroppo anche ad una nostra cultura arcaica. Quella dove nasce il femminicidio che considera la donna una proprietà e una minaccia alla virilità dell'uomo. Non ne faccio una questione di sesso, non tutti gli uomini ovviamente la pensano così, ma di cultura".

E l'islam la cultura del rispetto non la ha: "Sopravvive anche da noi questo arcaismo culturale che porta a considerare le donne come una proprietà - accusa la Maraini - ma noi abbiamo leggi che puniscono questi comportamenti come reati. Il problema è che invece ci sono culture in cui gli atteggiamenti violenti nei confronti delle donne sono addirittura legittimati perché la donna se non è invisibile rappresenta una tentazione. Nei momenti di tensione e paura collettiva si trova il punto debole su cui infierire".

Il problema, però, a quanto pare, è più il possibile razzismo che ne potrebbe nascere che gli atti di violenza in sè. "Mi sembra che da Colonia arrivino raccomandazioni di prudenza vuol dire che c'è un clima di razzismo che in un episodio del genere si può sviluppare sia ai danni delle donne che dei loro aggressori. Questi atti sono manifestazioni di crisi e di paura, d'altronde la violenza è sempre una manifestazione di paura". Quondi gli stupri di Colonia sarebbero causati da "paura". "Una paura - precisa la Maraini - che ha radici culturali lontanissime, anche per la nostra cultura, se pensiamo alla cacciata di Eva dal Paradiso terrestre. Ma anche economica e soprattutto sociale. L'emancipazione femminile continua a fare paura come dimostrano, nella nostra società, i continui delitti che hanno per vittime le donne. Anche il femminicidio è una manifestazione di paura di fronte all'emancipazione, ad una donna che lavora, che decide, è sempre più visibile nella società in posti di comando e di potere e che molti uomini non tollerano. Un rigurgito arcaico".

Ma la soluzione per la Maraini non è chiudere le frontiere: "Aprire gli occhi davanti a questi fenomeni di grandi cambiamenti sociali e culturali. Imparare a guidarli, questi cambiamenti, con idee e progetti per il futuro. Chiudersi, in se stessi, nella propria casa o nel proprio paese è la cosa più stupida che si possa fare, mettere barricate non serve a nulla. La globalizzazione ci ha travolto". Come a dire: non diamo troppe colpe agli immigrati che fuggono da guerre.

Anche se hanno stuprato.

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