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Dietro alle torture di Regeni quei contatti "sospetti" nel cellulare

Secondo fonti de Il Giornale, la mattanza va forse cercata nel telefonino dello studente friulano. I suoi contatti sono stati l'oggetto dei brutali interrogatori delle forze anti-terrorismo che lo consideravano un fiancheggiatore dei "Fratelli Musulmani"

Dietro alle torture di Regeni quei contatti "sospetti" nel cellulare

La causa della brutale mattanza di Giulio Regeni va cercata forse nel suo telefonino. È questa, secondo fonti de Il Giornale, l'ipotesi degli investigatori italiani incaricati di mettere insieme il puzzle della contro indagine sulla scomparsa e sulla barbara uccisione del ricercatore friulano sequestrato in una strada del Cairo e ritrovato cadavere in un fosso. Un telefono in cui Giulio registrava i nomi dei suoi contatti all'interno dell'opposizione egiziana. Un telefono diventato l'oggetto dei brutali interrogatori condotti da elementi di quelle forze anti-terrorismo abituate spesso ad operare al di là e al di sopra della legge.

Proprio l'esame della rubrica telefonica in cui Giulio Regeni annotava, probabilmente in arabo, i nomi dei conoscenti e degli interlocutori incontrati nel corso delle sue ricerche potrebbe aver spinto i responsabili della sua uccisione a considerarlo un fiancheggiatore dei "Fratelli Musulmani" o di altri gruppi considerati dalle autorità egiziane alla stregua di terroristi. E purtroppo a rendere ancora più sospetta la posizione di Giulio agli occhi di chi lo interrogava potrebbe aver contribuito la conoscenza dell'arabo. Chi conosce le metodologie delle squadre dell'anti terrorismo egiziano sa che la conoscenza della lingua locale da parte di occidentali è considerata quasi un indizio di colpevolezza. Soprattutto perché genera il sospetto molto spesso immotivato, di frequentazioni prolungate con elementi dello jihadismo. Lo sanno bene fotografi e giornalisti brutalmente picchiati nei giorni della cosiddetta "rivoluzione" proprio quando cercarono di giustificare, parlando in arabo con i poliziotti, la frequentazione di dimostranti o di militanti vicini alla "Fratellanza Musulmana".

Proprio per questo la rubrica telefonica di Giulio e la conoscenza della lingua araba potrebbero aver generato prima il sospetto e poi i brutali maltrattamenti costatigli la vita.

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