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Ankara accusa i curdi per la morte di due soldati in un attacco bomba

Nessuna rivendicazione, ma le autorità ritengono dietro l'attentato ci siano i militanti del Pkk. Traballa il cessate il fuoco

Scontri a Istanbul tra la polizia e manifestanti che denunciano i morti a Suruc
Scontri a Istanbul tra la polizia e manifestanti che denunciano i morti a Suruc

Di rivendicazioni ancora non ne sono arrivate, ma le accuse che vengono fatte dalle autorità turche danno bene l'idea del clima teso che si respira negli ultimi giorni nel Paese, dopo che Ankara ha lanciato una serie di raid aerei che hanno sì colpito l'Isis, ma pure le postazioni del Pkk nel Kurdistan iracheno.

Due militari sono rimasti uccisi e altri quattro feriti dall'esplosione di un'autobomba a Diyarbakir, città sud-orientale considerata la capitale de facto dei curdi in Turchia. L'attacco è avvenuto al passaggio di un veicolo militare, in transito verso la città di Lice, un'ottantina di chilometri verso nord.

Un comunicato non lascia spazio a dubbi sull'interpretazione che le autorità turche danno dell'attentato. Le accuse convergono sui "terroristi", con evidente riferimenti ai curdi. Negli ultimi giorni centinaia di persone sono finite in manette, tra simpatizzanti dell'Isis e militanti del Pkk e ad Ankara non si fanno in questo momento troppe differenze tra le due categorie.

La Turchia, che pure dà un giudizio affrettato, ha delle ragioni per ipotizzare che dietro l'attentato di oggi possano esserci i curdi. Con i raid aerei sulle posizioni del Pkk in Iraq, i militanti considerano di fatto spezzato il fragile cessate il fuoco che durava dal 2013.

Pochi giorni fa, inoltre, due poliziotti sono rimasti uccisi in un attentato rivendicato dal Pkk a Ceylanpınar e descritto come una rappresaglia per il massacro di Suruc, dove 32 giovani sono rimasti uccisi. Un attacco per cui i curdi non hanno esitato a prendersela con la Turchia e con una politica considerata ancora troppo lassa nei confronti dei jihadisti dell'Isis.

Un portavoce della Casa Bianca, parlando da Nairobi, dove il presidente Barack Obama è impegnato nella prima tappa di un viaggio africano, ha lodato l'impegno turco contro l'Isis e il Pkk, ribadendo che l'organizzazione di Ocalan è un gruppo terrorista. Un'affermazione che ribadisce una linea politica, ma che non tiene conto della realtà dei fatti.

Le milizie curde in Siria, particolarmente vicine al Pkk, sono - per stessa ammissione di Washington - la forza più abile su cui al momento gli Stati Uniti possano contare nella lotta contro i jihadisti dell'Isis. Dall'altro lato la Turchia è un alleato prezioso, che da pochi giorni ha concesso le basi sul territorio nazionale per i raid della coalizione.

In una lettera inviata alle Nazioni Unite, le autorità turche hanno intanto spiegato la decisione di dare il via a una serie di strike aerei contro le posizioni dell'Isis in Siria. La missiva parla di diritto alla difesa del territorio nazionale e accusa il governo di Damasco - scrive l'agenzia Anadolu - di non essere in grado di eliminare la minaccia dell'Isis, ma non di non desiderarlo neppure.

La posizione di Ankara sulla guerra civile è chiara da sempre e chiede la destituzione del presidente Bashar al-Assad. La Turchia è stata più volte accusata di sostenere gruppi della galassia ribelle, tollerando i traffici al confine o fornendo direttamente aiuto ad alcune fazioni islamiste.

@ACortellari

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