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Ecco come l'islam radicale vuole annientare le altre fedi

Dopo le crocifissioni, i jihadisti fanno saltare la moschea di Giona in Irak: "Sono eretici"

Ecco come l'islam radicale vuole annientare le altre fedi

Il Califfato avanza spazzando via a picconate, con i bulldozer e la dinamite i luoghi sacri non solo dei cristiani, ma pure dei musulmani considerati eretici. Per gli estremisti di Allah è un déjà vu: in Afghanistan hanno tirato giù le secolari statue di Buddha, a Timbuktu distrutto i santuari islamici patrimonio dell'Unesco ed in Nigeria assaltato decine di chiese. Nel Califfato a cavallo con l'Iraq, dopo la mattanza dei prigionieri e le crocifissioni, è l'ora della furia iconoclasta. A Mosul, la nuova «capitale» del califfo Abu Bakr al Baghdadi, è stata rasa al suolo la moschea di Nabi Yunis, il profeta Giona. Per i fanatici dello Stato islamico in Iraq e Siria (Isis) era un pericoloso «luogo di apostasia, non di preghiera», con la grave colpa di essere «frequentato sia da musulmani che da cristiani».

La grandiosa moschea del XIV secolo, simbolo della città, sorgeva sulla collina di Al Tauba (Pentimento). La tomba del profeta Giona, che secondo la leggenda è sepolto proprio a Mosul, era meta di pellegrinaggio per musulmani e cristiani. I giannizzeri del califfato l'avevano già presa a mazzate, ma giovedì hanno superato se stessi. La moschea di Giona è stata minata e fatta saltare in aria in una nuvola di fumo. Il minareto che dominava Mosul si è disintegrato in un attimo, dopo secoli di storia.

Dal 10 giugno, quando i talebani del califfo hanno conquistato la città, la furia iconoclasta non si è mai fermata. Decine di chiese, monasteri e moschee degli odiati musulmani di fede sciita sono state distrutte in tutta la provincia. La moschea di Al- Sabunji e Al- Khodr nel centro di Mosul è stata fatta a pezzi prima con la dinamite e poi con i bulldozer. Nel mirino dei fanatici sono finiti i santuari come il più importante dedicato all'imam Sultan bin Asim Abdullah ibn Umar ibn al-Khattab. I crocefissi divelti vengono sostituiti con le bandiere nere dell'Isis. Il bilancio provvisorio registra 4 santuari sufi, i musulmani moderati, e sei moschee sciite distrutte, oltre ad 11 chiese incendiate o danneggiate compresa l'arcidiocesi di Mosul.

I primi della classe sono stati i talebani, su istigazione di Osama bin Laden, quando il 12 marzo del 2001 polverizzarono le due gigantesche statue di Buddha nella provincia di Bamyan. Con le cannonate e poi con il tritolo hanno spazzato via dei monumenti religiosi di 1700 anni. Il capoccia guercio dei talebani, mullah Mohammed Omar, aveva ordinato la distruzione di tutte le statue non islamiche. Nel 2012, quando tuareg e magrebini votati alla guerra santa hanno conquistato il nord del Mali non sono stati da meno. A Timbuctù hanno fatto piazza pulita dei mausolei sufi e delle moschee «eretiche», patrimonio dell'umanità inutilmente tutelato dall'Unesco.

In Libia, dopo la caduta del colonnello Gheddafi, si è visto lo stesso copione. I salafiti, in pieno giorno, hanno demolito con le ruspe il mausoleo di al Shaab e in Cirenaica non è rimasta in piedi una sola tomba sufi. I talebani con la pelle nera di Boko Haram si sono accaniti contro le chiese. Nel 2013 ne avevano distrutte 70. L'ultima mattanza è avvenuta il 29 giugno con tre chiese bruciate fino alle fondamenta, altre due danneggiate ed una cinquantina di cristiani trucidati.In Siria i contendenti sciiti del presidente Bashar al Assad al potere ed i sunniti dello Stato islamico si sono distinti nell'occupare o colpire le rispettive moschee. Il risultato è che oltre mille luoghi di culto islamico sono stati deliberatamente distrutti durante i combattimenti.

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