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Egitto, gli imputati sono troppi. Giudice rimanda il maxi-processo

Alla sbarra anche Mahmoud Abu Zeid, fotoreporter in carcere da più di due anni in attesa di un'udienza

Egitto, gli imputati sono troppi. Giudice rimanda il maxi-processo

Se ne sono accorti oggi, nel giorno dell'udienza, che tutti non ci sarebbero mai stati nella gabbia degli imputati. Così il giudice si è trovato costretto a rimandare il "maxi-processo" previsto per questa mattina al Cairo, dove centinaia di persone andavano alla sbarra per i sit-in che nel 2013 seguirono alla deposizione del governo guidato dagli islamisti di Muhammad Morsi, sgomberati con la forza nell'agosto di quell'anno.

Hassan Farid, lo stesso giudice che si occupò del processo a tre giornalisti di al-Jazeera, accusati all'epoca di avere diffuso notizie false e di collaborazione con i Fratelli Musulmani, organizzazione ora al bando in Egitto e che in carcere ha migliaia dei suoi, ha aggiornato l'udienza al 6 febbraio, chiarendo di avere ricevuto una lettera in cui lo si informava dell'impossibilità di trasferire gli imputati dalla prigione al tribunale.

L'udienza di oggi riguardava anche Mahmoud Abu Zeid, un fotoreporter meglio noto come Shawkan, il cui caso è uno dei più conosciuti a livello internazionale. Arrestato nel giorno passato alla storia recente come quello del "Massacro di Rabaa", una delle aree dove i sostenitori dei Fratelli Musulmani si erano riuniti per protestare e dove Abu Zeid documentava gli eventi, ha trascorso più di 800 giorni in cella senza mai essere portato in tribunale.

Pubblicato da testate riconosciute internazionalmente, da Die Zeit alla Bbc, Shawkan lavorava nell'agosto 2013 per l'agenzia Demotix. Per oltre due anni è stato trattenuto senza che venissero formulate accuse, che poi sono arrivate: omicidio, tentato omicidio e appartenenza alla Fratellanza musulmana.

Le sue condizioni di salute si sono particolarmente aggravate durante il lungo periodo che ha già trascorso in carcere, dove - accusano le ong che si occupano di diritti umani - ha anche contratto l'epatite C. La difesa ha chiesto diverse volte che venisse scarcerato perché si potesse curare, senza successo.

In una lettera pubblicata pochi giorni fa dalla stampa egiziana, il fotoreporter chiedeva a chi si batte per lui di continuare a ripetere che il giornalismo non può essere considerato un crimine. Un punto particolarmente importante da sollevare, alla luce di dati, rivelati dal Centro per la protezione dei giornalisti (Cpj), secondo cui dal 1991 la situazione per i membri della stampa non era mai stata così preoccupante.

Il caso di Abu Zeid non è l'unico in cui attivisti e giornalisti sono finiti in arresto o a processo per accuse poco fondate. Di questi giorni la notizia dell'arresto di Ismail Alexandrani, un giornalista che a lungo si è occupato delle questioni legate alla penisola del Sinai e molto critico nei confronti del governo attualmente in carica. Come lui è finito in manette, poi rilasciato dopo pochi giorni, il giornalista e attivista per i diritti umani Hossam Bahgat, accusato di aver diffuso notizie atte a ledere gli interessi nazionali.

@ACortellari

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