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La guerra ai curdi arriva in Europa. Attaccati dagli islamici

Picchiato con spranghe e bastoni chi manifestava contro l'Isis ad Amburgo e in Bassa Sassonia. Decine di feriti

Scontri ad Amburgo tra la comunità curda e centinaia di musulmani salafiti
Scontri ad Amburgo tra la comunità curda e centinaia di musulmani salafiti

Berlino - Non c'è pace per il popolo curdo. Da mesi i peshmerga combattono contro gli uomini dello Stato islamico in Siria e in Irak sperando in un massiccio intervento dell'Occidente a proprio favore. Europa, Usa e Turchia, invece, nicchiano: da un lato vorrebbero lasciare tutto il lavoro sporco ai peshmerga; dall'altro temono che un domani i curdi reclamino quello Stato autonomo che il mondo gli aveva promesso con il Trattato di Sevrès nel 1920. Nell'attesa che il resto del mondo sciolga i propri dubbi, i curdi iracheni muoiono a centinaia e Kobane, città a maggioranza curda sul confine turco-siriano, è stretta d'assedio dal Califfato. La violenza intanto supera i confini e si muove verso Turchia ed Europa.

Le province orientali turche a forte presenza curda sono il teatro di scontri violentissimi: civili scesi in piazza a denunciare il massacro dei propri fratelli contro le forze di polizia turche. Per le fonti più vicine al governo di Ankara si tratta si manifestazioni violente animate dal Pkk, illegale tanto in Turchia quanto in Europa. Per i curdi la violenza è causata dalle forze dell'ordine. Pesante a ogni modo il bilancio con almeno 19 vittime civili nelle ultime ore. Il perdurare degli scontri può portare a «conseguenze inimmaginabili» ha detto il ministro degli Interni turco Efkan Ala. «Nessuno - gli ha fatto eco il vicepremier Numan Kurtulmus - ha il diritto di disturbare la pace e la stabilità in Turchia usando come un pretesto sviluppi che accadono all'estero».

In Europa si sono registrate molte manifestazioni pacifiche presso diversi aeroporti. A Liegi, Bruxelles e Roissy i curdi hanno chiesto aiuto umanitario per Kobane e uno stop ai voli degli jihadisti europei verso la Siria. Ad Amburgo 400 curdi si sono radunati martedì sera fuori dalla moschea di Al-Nour: immediata la reazione di 400 giovani musulmani della città anseatica - identificati dalla polizia come «salafiti» - che, armati di spranghe e bastoni, si sono diretti contro i manifestanti. La polizia ha lavorato fino all'alba per sedare la mega-rissa. Bilancio: 14 feriti e 22 persone tratte in arresto. Epilogo analogo lunedì sera a Celle, in Bassa Sassonia: la manifestazione organizzata lunedì sera da una sessantina di curdi di fede yazida è degenerata in uno scontro con una trentina di islamici radicali. Gli scontri di Amburgo e di Celle sono lo specchio europeo delle persecuzioni subite in Siria o in Irak dai curdi, discriminati per motivi etnici o religiosi.

«Noi non siamo d'accordo con chi manifesta per il nostro popolo ricorrendo alla violenza. Siamo contrari anche all'occupazione di binari e di autostrade». Così al Giornale Mehmet Tanriverdi, presidente della Kurdische Gemeinde Deutschland, organizzazione dei curdi tedeschi riconosciuta dal governo di Berlino. Tanriverdi non esclude che dietro ai recenti scontri ci possa essere anche lo zampino del Pkk, «ma questo lo dovete chiedere alla polizia». «I curdi di Germania - riprende - sono un milione, la metà dei quali con il passaporto tedesco: siamo integrati nella società e siamo grati al governo che ha deciso di sostenere i peshmerga in Irak». «La maggioranza dei curdi -aggiunge- è islamica eppure noi siamo contro l'estremismo», ricordando l'esempio del Kurdistan iracheno «dove convivevano musulmani, cristiani, yazidi». L'arrivo dei tagliagole dello Stato islamico ha provocato un'ondata di profughi, centinaia di migliaia, che ha invaso la Turchia ma paradossalmente «ha migliorato la posizione dei curdi presso le cancelliere europee». Cosa chiedete oggi all'Ue? «Che insieme agli Usa convinca la Turchia a intervenire contro il Califfato. Poi vogliamo che l'Ue prosegua sulla strada di Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno dove tutti hanno aperto un consolato.

Vogliamo essere riconosciuti: non siamo turchi, iraniani, siriani, azeri, armeni o iracheni: noi siamo curdi».

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