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I missili colpiscono Tel Aviv. E la diplomazia chiacchiera

Raid e lanci ininterrotti. Israele ordina lo sgombero di alcuni rioni di Gaza: saranno zona di guerra

I missili colpiscono Tel Aviv. E la diplomazia chiacchiera

«Israele va avanti, non ci sono limiti all'operazione». Mentre la diplomazia internazionale s'ingegna a trovare punti di compromesso - al momento quantomeno improbabili - per fermare un conflitto che ha già fatto ben più di cento morti nella Striscia di Gaza e ha trasformato Israele in un poligono di tiro per missili palestinesi, il ministro delle Finanze israeliano Yair Lapid riprende la linea tracciata dal premier Netanyahu e ricorda che le pressioni internazionali non fermeranno l'azione destinata a «indebolire le capacità di Hamas e riportare stabilità e calma per gli israeliani».

Parole in sintonia con quelle del collega della Difesa Moshe Yaalon, secondo cui lo Stato ebraico è pronto «a lunghi giorni di combattimento e continuerà a punire Hamas». La conferma arriva in serata. Con un invito perentorio di Israele che ha ha ordinato alla popolazione di alcuni quartieri di Gaza «di abbandonate le case perché oggi quelle aree si trasformeranno in zona di combattimento».

Battaglia che per le forze speciali sarebbe già cominciata con l'avvio di operazioni segrete mirate a individuare punti sensibili da colpire. Non risultano però conferme al comunicato delle «brigate al-Quds», braccio armato degli estremisti dei Jihad Islamica, secondo cui miliziani si sarebbero scontrati con truppe speciali israeliane penetrate nella Striscia e ci sarebbero state «perdite» tra i militari di Israele.

Il bollettino di guerra della giornata di ieri somiglia purtroppo a quelli delle giornate precedenti. Il sistema d'intercettazione Iron Dome contro i razzi continua a funzionare impedendo che le aree urbane, ancora prese di mira com'è avvenuto ieri sera a Gerusalemme dove sono risuonate le sirene d'allarme, siano colpite. Ieri sera Hamas ha fatto ricorso anche al terrorismo psicologico, annunciando per le 21 locali un attacco su Tel Aviv «con nuovi missili», che effettivamente sono arrivati ma sembra senza far danni. Ben diverso il destino degli abitanti di Gaza, che si vedono piovere addosso le bombe israeliane e sono praticamente senza difesa. Anche perché morire da scudi umani è una sorta di onore obbligatorio a Gaza, secondo le ingiunzioni della dirigenza di Hamas.

Ieri però tra le vittime si sarebbero contati anche due parenti del leader integralista Ismail Haniyeh: due suoi nipoti sarebbero morti sotto gli attacchi dell'aviazione israelian. Rimane il fatto che le cifre delle vittime (135 morti di cui 25 solo ieri e oltre 900 feriti secondo fonti palestinesi) e dei danneggiamenti (282 case rase al suolo e 9000 danneggiate) fanno impressione e che aumentano i casi di uccisioni di civili palestinesi che nulla hanno a che fare con Hamas. Ieri sono state colpite due moschee, un orfanotrofio e un centro di riabilitazione psichiatrica.

L'Egitto ha riaperto il valico di confine di Rafah per far passare alcuni feriti e 500 tonnellate di cibo e forniture mediche destinate a Gaza.

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