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Per drenare le finanze dell'Isis Baghdad blocca stipendi e pensioni

Niente più soldi agli statali che vivono sotto il giogo del Califfato. Il governo: "È un danno, ma dobbiamo combattere i jihadisti"

Le forze curde combattono contro l'Isis al fronte di Kirkuk
Le forze curde combattono contro l'Isis al fronte di Kirkuk

Se si vuole combattere con efficacia l'espansione del sedicente Stato islamico, una delle vie è certamente quella di chiudere i rubinetti che ne finanziano le attività. Una cosa non facile, perché le vie attraverso le quali i jihadisti fanno casa sono numerose.

Dai proventi che derivano dalla vendita del petrolio alla tasse imposte agli abitanti dei territori sotto il loro controllo, dai milioni sottratti alle banche saccheggiate ai riscatti per la liberazione degli ostaggi, per finire con il saccheggio delle opere d'arte e i soldi che ogni mese - fino a luglio - arrivavano da Baghdad, le fonti da drenare non sono poche.

Una delle molte è stata bloccata a luglio quando - lo scrive oggi Reuters - il governo iracheno ha smesso di pagare le pensioni e gli stipendi agli impiegati statali che vivono nei territori su cui i jihadisti hanno il controllo. Per più di un anno le autorità hanno continuato a versare ogni mese il dovuto a medici, infermiere, polizia e pensionati. Da qualche mese non è più così.

In un articolo in cui a febbraio di quest'anno faceva il quadro sul problema, il New York Times scriveva che "decine di migliaia di impiegati statali" ricevevano ancora i loro stipendi ogni mese. Ma il taglio imposto ora da Baghdad ha acuito i problemi di chi vive sotto il giogo dell'Isis e tagliato in alcuni casi l'ultimo legale che restava con il governo iracheno.

Il problema non si pone tanto per chi ha accettato senza problemi la nuova situazione, ma per quegli abitanti che alla vita nei territori che ora sono controllati dall'Isis non hanno un'alternativa. "La situazione non è mai stata tanto misera", ha detto alla Reuters Younes Khalaf, pensionato con un passato da guardia di confine.

Ali al-Freji, consigliere del governo di Baghdad, ha chiarito che la misura fa parte delle azioni intraprese dall'Iraq per combattere l'Isis.

"Sfortunatamente - ha ammesso - in ogni guerra ci sono dei danni collaterali".

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