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L'altra verità sulla strage di Idlib: "Colpito deposito di armi chimiche dei ribelli"

Secondo il ministero della Difesa di Mosca i caccia siriani avrebbero condotto un raid contro un deposito di armi chimiche dell'opposizione armata ad Idlib, le stesse usate dagli islamisti in Iraq e ad Aleppo

L'altra verità sulla strage di Idlib: "Colpito deposito di armi chimiche dei ribelli"

Dopo la condanna unanime da parte della comunità internazionale per il presunto attacco chimico attribuito alle forze governative siriane, che ieri ha provocato 72 morti e decine di feriti a Khan Shaykhun, nella provincia siriana di Idlib, ultima roccaforte dell’opposizione ad Assad, la Russia rimescola le carte in tavola e offre la sua versione dei fatti.

Ad essere colpito dai caccia siriani, secondo il ministero della Difesa di Mosca, è stato un deposito in cui era custodito un arsenale chimico dei ribelli nella periferia est della città. Nessun attacco con armi chimiche da parte dell’esercito siriano, quindi, che già ieri aveva negato il suo coinvolgimento in un operazione di questo tipo, ma un raid rivolto contro un deposito di armi chimiche nelle mani dei ribelli anti-Assad: questa la verità di Mosca sull'incidente.

“Secondo i sistemi russi di monitoraggio dello spazio aereo, ieri tra le 11.30 e le 12.30 l’aviazione siriana ha condotto un raid aereo nella periferia orientale di Khan Sheikhun, colpendo un importante deposito di munizioni e una fabbrica di armi, contenente proiettili con agenti tossici”, ha detto il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkov, citato dall'agenzia russa Tass. Dal deposito colpito ieri dall’esercito siriano, secondo il ministero della Difesa russo, provengono le armi chimiche usate dai miliziani jihadisti in Iraq e dall’opposizione armata ad Aleppo, lo scorso autunno. “Le immagini diffuse sul web mostrano le persone affette dagli stessi sintomi di avvelenamento” riportati dalla popolazione di Aleppo, ha chiarito, in proposito, Konashenkov.

Nella giornata di ieri l’esercito siriano aveva smentito “categoricamente” di essere responsabile di un attacco chimico a Khan Sheikhun, chiarendo di non essere in possesso di armi chimiche e di non aver “mai usato queste armi, in alcun momento o in alcun posto”, e di non aver intenzione di farlo “mai neanche in futuro". Damasco ha ribadito, inoltre, di aver rispettato tutti gli obblighi assunti nel 2013 con l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (Opac), a cui la Siria consegnò tutto il proprio arsenale chimico.

Mentre Stati Uniti, Francia e Regno Unito stanno preparando una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per condannare il presunto attacco, chiedendo un'inchiesta sull’accaduto, la Russia, principale alleato del governo siriano, difende, quindi, l’operato delle truppe di Damasco. Del resto, sono molti i punti ancora poco chiari nella vicenda. In Siria, le armi chimiche e di distruzione di massa, come il gas Sarin, secondo i dati delle Nazioni Unite, sono state quasi totalmente debellate nel 2015. E, inoltre, perché Assad, che in Siria sta vincendo, grazie al supporto della Russia, in una inedita alleanza con la Turchia e l’Iran, avrebbe dovuto colpire civili, bambini compresi, con armi chimiche, per poter essere accusato apertamente di “crimini di guerra” dalla comunità internazionale?

Della vicenda discuterà oggi il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che cercherà di “identificare le responsabilità per i crimini commessi”, ha detto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. La comunità internazionale, secondo Guterres, dovrà unirsi al fine "di mettere pressione alle parti in conflitto e sui Paesi che hanno influenza sulle parti in conflitto perché mettano da parte le loro differenze". Ma un intervento contro Assad, in questo momento, avrebbe probabilmente il solo risultato di restituire terreno ai jihadisti dello Stato Islamico e di al Nusra.

E sembra, infine, uno scenario difficile da immaginare dopo le dichiarazioni della Casa Bianca, che recentemente si è detta poco interessata ad un regime change in Siria, pur condannando duramente gli effetti del raid di ieri a Khan Shaykhun.

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