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Il petrolio della Libia è sotto attacco Reparti speciali contro le milizie Isis

I porti del greggio nel mirino da settimane. Sempre più insistenti le voci su forze speciali già in azione

Fiamme al porto di Es Sider,a Ras Lanuf
Fiamme al porto di Es Sider,a Ras Lanuf

Ieri lo aveva detto Martin Koebler, inviato delle Nazioni Unite per la Libia: "Le forze libiche sono divise, Isis no; e guadagna terreno ogni giorno". Se della veridicità di questa dichiarazione serviva una prova ulteriore, è arrivata oggi con l'ennesimo attacco jihadista al porto petrolifero di Ras Lanuf, nella Cirenaica.

Non è la prima volta che gli uomini leali al sedicente Califfo Abu Bakr al-Baghdadi prendono di mira le risorse petrolifere della Libia, le cui divisioni interne hanno creato un terreno fertile a una certa espansione dell'Isis, delle cui mire si è ricevuto un chiaro segnale quando l'interesse dei jihadisti si era spostato sulla città di Agedabia (Ajdabiya), a un centinaio di chilometri da Sirte e non distante dai principali porti petroliferi del Paese.

Nell'attacco di oggi alle installazioni petrolifere "almeno due cisterne della compagnia Harouge Oil Operations" sono state incendiate, secondo fonti anonime citate dalla stampa egiziana. Poche ore prima le milizie avevano respinto un attacco kamikaze su Derna. E nelle ultime settimane gli assalti ai terminal si sono moltiplicati, a Ras Lanuf come a Sidra, poco più a ovest.

Enormi colonne di fumo si alzano dalla cisterne prese di mira dai terroristi, colpite da alcuni missili. La Compagnia nazionale del petrolio (Noc) descrive una "tragedia umanitaria e ambientale", a cui si era provato a far fronte con lo svuotamento dei grandi depositi di greggio, mai completato.

Mentre le mire dei jihadisti da settimane si sono spostate saldamente sul sabotaggio del petrolio libico, la formazione di un governo rappresenta un primo passo - del tutto insufficiente - verso il riavvicinamento delle fazioni tra cui la Libia è divisa. Un nuovo esecutivo di 32 ministri è stato nominato, ma preferisce per ora il ruolo di un governo in esilio (a Tunisi) che quello di compagine di "accordo nazionale", non godendo dell'appoggio di tutti.

Il tam-tam su un possibile intervento è continuo e quello che ormai pare certo - ne parlano fonti militari anonime su diversi giornali - è che nel Paese sono attive forze speciali italiane, francesi, inglesi e americane, che agirebbero accanto alle milizie ritenute più affidabili e avrebbero portato a termine missioni "chirurgiche" per eliminare elementi jihadisti di spicco.

@ACortellari

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