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L'Onu condanna la Birmania, ma si dimentica dei cristiani

L'Onu approva una risoluzione di condanna per il massacro dei Rohingya. Nessuna parola sulle persecuzioni subite dai cristiani nel mondo

L'Onu condanna la Birmania, ma si dimentica dei cristiani

134 sì, 9 no e 28 astenuti: sono le cifre inerenti una risoluzione, che l'Onu ha di fatto approvato qualche ora fa e che è tesa a stroncare, in modo formale e con tutti i crismi dell'ufficialità, le persecuzioni subite dalla minoranza Rohingya in Birmania. La notizia è stata data pure dall'Adnkronos nel corso della giornata di ieri.

Se ne era occupato anche Papa Francesco nella sua penultima visita apostolica in Asia. Un po' a sorpresa, Jorge Mario Bergoglio aveva deciso di affrontare di petto la questione di quella comunità islamica tanto bistrattata. E non era per nulla scontato che l'ex arcivescovo ponesse un focus all'interno di un discorso pubblico. Un tema sentito ma inaspettato, forse perché un po'oscurato o comunque non troppo esaminato a livello geopolitico. I Rohingya sono persone di fede islamica, e di lingua indoeuropea, che vivono per lo più nel settentrione birmano. Di loro si parla spesso anche in termini di "genocidio" subito. Alcuni birmani, per dirla in maniera semplice, non gli riconoscono una legittimità.

A ben guardare, sono anni che l'Onu domanda l'incriminazione delle forze armate della nazione che reputa responsabile. Le prove raccontano di come la persecuzioni si basi su una natura sistemica. Di episodico, in questa vicenda, sembra persistere davvero poco. Soltanto che il Natale e il periodo limitrofo contribuiscono, di solito, a far emergere quanto subito da tutte le minoranze religiose ed etniche presenti sul pianeta terra. Questa, almeno, è la prassi precostituita, mentre quest'anno qualcuno ha fatto notare come si possa ventilare la sussistenza di una certa dose di doppiopesismo. E magari di un po' di politicamente corretto. Macron, per dirne una, si è dimenticato di fare gli auguri di Natale ai cristiano-cattolici francesi. Trump e Boris Johnson, al contrario, si sono distinti in positivo, almeno dal punto di vista dei cattolici in cerca di rappresentanza.

L'intensità con cui gli accenti cadono sulle vicende dei cristiani perseguitati sta diminuendo in modo esponenziale. Eppure gli ultimi dati narrano di un'ascesa persecutoria. Emblematica è la casistica stilata da Aiuto alla Chiesa Che Soffre. Non esistono più dubbi sul fatto che, almeno nella storia recente, i cristiani non siano mai stati perseguitati come ora: "I cristiani in Iraq erano 1,5 milioni prima del 2003, mentre nell’estate del 2019 il loro numero era «nettamente inferiore» a 150.0002" . E ancora:" I cristiani (in Siria, ndr) erano stimati in meno di 500.0003, ovvero meno di un terzo degli 1,5 milioni presenti nel Paese prima dell’inizio del conflitto nel 2011". L'edizione odierna de La Verità poi, tra i vari punti sollevati, ha parlato di come buona parte dei media abbia bypassato le parole di Francesco, anche quelle pronunciato sotto le festività natalizie, su come i cristiani vivano situazioni terribili in alcune nazioni del mondo. Tempi e ritmi mediatico-politici, in definitiva, sembrano preferire il caso dei Rohingya, che è comunque grave, al macro dramma del martirio cristiano.

E l'Onu è in sincronia con l'andazzo.

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