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Infermiere australiano legato all'Isis arrestato al suo ritorno in patria

Sostiene di essere stato obbligato ad aiutare i jihadisti, ma le autorità sono di un altro avviso. A breve comparirà davanti ai giudici

Infermiere australiano legato all'Isis arrestato al suo ritorno in patria

Che fare con chi va all'estero, per combattere con sigle definite terroriste, e poi decide di tornare in patria? È una delle domande più intricate a cui i Paesi, occidentali e non, si trovano a dover dare una risposta. Una che le autorità australiane sono tornate a porsi, ora che quello che è il primo cittadino a lasciare i ranghi del sedicente Stato islamico, a cui si sarebbe unito, è tornato sulle sponde oceaniche.

Si tratta di Adam Brookman, 39enne infermiere accusato di essersi unito ai jihadisti, accusato di terrorismo, ma che sostiene di essere stato obbligato a mettere la sua professionalità di medico al servizio degli uomini del sedicente Califfo, mentre si trovava in Siria per ragioni umanitarie. Da ieri notte è in manette, fermato al Sidney International Airport per il suo presunto coinvolgimento nella guerra civile siriana.

Padre di famiglia, cinque figli, Brookman si è consegnato alle forze dell'ordine in Turchia, dopo avere lasciato i territori controllati dall'Isis ed è tornato in Australia con l'aiuto della autorità del suo Paese, che hanno già approvato il suo trasferimento a Victoria, nell'Australia meridionale, dove sarà giudicato.

Se l'infermiere punta a negare un suo coinvolgimento diretto nelle attività del gruppo, documenti nelle mani delle autorità australiane, di cui scrive la Associated Press, sostengono invece che non sia neppure limitato alla sola professione medica, ma si sia impegnato in operazioni di pattuglia e abbia aiutato nella preparazione di un possibile atto terroristico.

Sono circa 120 gli australiani che hanno lasciato il proprio Paese per unirsi alle schiere dei jihadisti tra Siria e Iraq. Tra di loro non ci sono soltanto combattenti, ma come nel caso di Brookman - se le accuse saranno provate - anche professionisti di vari settori. Ad aprile Tareq Khamleh, un medico australiano, era comparso in uno dei molti video dell'Isis, tessendo le lodi del servizio sanitario offerto dal sedicente Stato islamico e invitando altri a unirsi a lui.

"I dottori dovrebbero salvare vite - aveva commentato allora il primo ministro australiano, Tony Abbott - non toglierle.

È il punto focale dell'etica professionale".

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