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Obama: "Crisi superata, voltiamo pagina". E chiede i pieni poteri contro il terrorismo

Nel suo penultimo discorso sullo stato dell'Unione il presidente ribadisce la necessità di sostenere la classe media con tasse più alte per i ricchi. La dura replica dei Repubblicani

Obama: "Crisi superata, voltiamo pagina". E chiede i pieni poteri contro il terrorismo

Nel suo penultimo discorso sullo stato dell'Unione Barack Obama presenta con orgoglio i segnali della ripresa economica: gli Stati Uniti hanno voltato pagina tornando a crescere. Nei primi 15 anni di questo secolo, ha proseguito Obama, "una nuova generazione ha combattuto due lunghe e costose guerre", la recessione si è diffusa negli Usa e nel mondo. "Sono stati, e ancora sono, tempi duri per molti. Ma stanotte - ha proseguito - abbiamo voltato pagina", la "nostra economia sta crescendo e creando lavoro al ritmo più alto dal 1999, il nostro tasso di disoccupazione ora è più basso di quanto fosse prima della crisi finanziaria". Non sta nella pelle, Obama, mentre snocciola quei dati. Sa bene che il merito non è tutto suo. Questo è indubbio. Però la Casa Bianca vuol passare all'incasso. Perché se nel 2008 l'America sprofondava nella crisi più pesanti dalla Grande depressione, ora rivede la luce e la speranza di un futuro più roseo. E se negli Usa si vota (soprattutto, ma non solo) guardando al portafoglio, Obama è consapevole di lasciare ai democratici una dote importante, in vista delle presidenziali del 2016.

"L'ombra della crisi - ha proseguito il numero uno della Casa Bianca - è passata e lo stato dell'Unione è forte. In questo momento, con un'economia in crescita, il deficit in contrazione, un'industria vivace e un aumento della produzione energetica, siamo usciti dalla recessione, più liberi di scrivere il nostro stesso futuro, rispetto a ogni altro Paese sulla terra". Obama approfitta del momento per lanciare una "middle class economics", una politica a favore dei ceti medi. In concreto: crediti d’imposta triplicati a tremila dollari per ciascun figlio a carico, incentivi per le famiglie dove entrambi i coniugi lavorino, aiuti al risparmio pensionistico, più asili nido, istruzione gratuita per i corsi professionali biennali nei community college. Ma come coprire questo sforzo da parte dello Stato? Con tasse più alte (sui guadagni di capitale e sulle eredità) per i redditi più alti. E anche per le banche. Obama ha anche chiesto una riforma delle imposte per le aziende che approfittano delle "scappatoie" fiscali e sopratutto il potere di negoziare nuovi accordi commerciali internazionali, il cosiddetto fast track, che facilitino le esportazioni americane.

"Spetta a noi decidere cosa vogliamo essere per i prossimi 15 anni", ha detto il presidente rivolgendosi a deputati e senatori. "Accetteremo un’economia dove solamente poche persone traggono vantaggi spettacolari, oppure vogliamo impegnarci per
un’economia che crei redditi maggiori e occasioni per coloro che si impegnano?". Il presidente ha quindi chiesto al Congresso di agire e "fare di più per ristabilire il legame tra il duro lavoro e le crescenti opportunità per ogni americano".

Il Congresso degli Usa, prosegue Obama, deve "approvare una legge che garantisca che le donne siano pagate come gli uomini per fare lo stesso lavoro. È il 2015, è tempo di farlo", ha esortato il presidente, sottolineando poi la necessità di alzare gli stipendi minimi. "Se veramente pensate di poter lavorare a tempo pieno e mantenere una famiglia contando su meno di 15mila dollari all'anno, provateci!".

Obama non si limita a parlare di economia. Affronta di petto anche la minaccia del terrorismo e chiede ufficialmente al Congresso "di mostrare al mondo che siamo uniti in questa missione, approvando una risoluzione che autorizzi l'uso della forza" contro i militanti dello Stato islamico. Probabile che il Congresso, su questo punto, sia compatto e sposi la linea del presidente. Chiedendogli, però, di non avere ripensamenti se decide (davvero) di fare guerra.

Gli Stati Uniti, assicura il presidente, sono vicini "alle persone del mondo che sono state attaccate dai terroristi, da una scuola in Pakistan alle strade di Parigi". Gli Usa, ha aggiunto, "continueranno a dare la caccia ai terroristi e a smantellare le loro reti, e si riservano il diritto di agire in maniera unilaterale". Al tempo stesso, ha sottolineato Obama, "abbiamo imparato alcune costose lezioni negli ultimi 13 anni. Invece di avere americani di pattuglia nelle valli dell'Afghanistan, abbiamo addestrato le loro forze di sicurezza", "invece di inviare grandi forze oltremare, ci stiamo allenando con nazioni dall'Asia meridionale al Nordafrica per negare rifugi sicuri ai terroristi che minacciano l'America. In Iraq e Siria, la leadership americana sta fermando l'avanzata
dello Stato islamico".

Nel suo discorso il presidente si sofferma anche sulla Russia. Gli Stati Uniti sostengono "il principio che una nazione più grande non può opprimere quella più piccola" e lo dimostrano "opponendosi all'aggressione russa, sostenendo la democrazia ucraina e rassicurando i nostri alleati della Nato", oggi l'America è "forte al fianco degli alleati", mentre "la Russia è isolata, con la sua economia a pezzi". "Questo è il modo dell’America di guidare, senza dare in escandescenze ma con una determinazione ferma e persistente".

La replica dei Repubblicani: discorso deludente

Il capitolo dei trattati commerciali, nelle regioni del Pacifico e dell’Atlantico, è l'unico punto su cui Obama trova il plauso anche dei repubblicani, che hanno la maggioranza al Congresso, come ha riconosciuto la senatrice dell’Iowa Joni Ernst nella tradizionale risposta ufficiale del partito al discorso del presidente. Su tutto il resto i repubblicani non sono d'accordo e trovano deludente l'intervento di Obama. Nel suo discorso di rito la Ernst ha rivendicato l’ultima schiacciante vittora elettorale del partito dell’Elefante, segno della voglia di cambiamento dell'America. "Solo provocazioni e minacce di veto", ha tuonato il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell. "Per questa amministrazione si è trattato di un’occasione persa", gli ha fatto eco il senatore della Carolina del Nord Richard Buss, "non ci sarà mai una svolta se si comincia con minacce di veto, chiudendo ogni porta al compromesso".

Torna a farsi sentire anche Mitt Romney, sfidante di Obama nel 2012 e possibile nuovo candidato alle primarie per il 2016: accusa il presidente di pensare più alla politica che a fare progressi. Obama "ignora il fatto che è stato eletto un Congresso che spinge per un governo più piccolo e tasse poì basse", ha scritto su Facebook. Sulla stessa lunghezza d'onda le parole del texano Ted Cruz: "Il presidente offre la stessa soluzione per ogni problema: più tasse e più governo", ha ironizzato.

"Per Obama ora è tutta politica di parte il vista delle elezioni del 2016", ha attaccato il senatore Mike Lee dello Utah, "cerca di dividere gli americani e di distrarli dai fallimenti della sua amministrazione".

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