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Abu Mazen cita in giudizio Israele

Dopo avere annunciato ai media l’avvio della causa davanti alla Corte, il governo di Ramallah ha criticato duramente le autorità americane per la recente chiusura della sede dell’Olp a Washington

Abu Mazen cita in giudizio Israele

La Palestina ha ufficialmente denunciato Israele davanti alla Corte penale internazionale. Il governo di Ramallah accusa le autorità di Gerusalemme di commettere, in Cisgiordania, “incessanti crimini di guerra”. Il presidente palestinese Abu Mazen ha preso la decisione di adire il tribunale dell’Aia pochi giorni dopo la chiusura degli uffici dell’Olp a Washington disposta dall’Amministrazione Trump.

Saeb Erekat, segretario generale del comitato esecutivo dell’Olp, in una conferenza stampa a Ramallah, ha specificato i gravi illeciti perpetrati da Israele sottoposti da Al-Fatah all’attenzione della Corte penale internazionale. Il governo palestinese ha esortato l’organo giudiziario a sanzionare lo Stato ebraico per i “crimini di guerra” commessi da quest’ultimo in Cisgiordania. Dopo avere rinfacciato alle autorità di Gerusalemme innumerevoli “violenze” e “discriminazioni” ai danni dei Palestinesi residenti in quel territorio, il “braccio destro” di Abu Mazen ha sollecitato la comunità internazionale e il tribunale dell’Aia a non “restare in silenzio” davanti all’“ultimo affronto” subito dall’Olp: la demolizione del villaggio di Khan al Ahmar, sempre in Cisgiordania.

Tale insediamento, dal 1952, ha ospitato migliaia di Palestinesi e di beduini espulsi da Israele. L’Esecutivo Netanyahu ha recentemente ordinato l’abbattimento del villaggio, evidenziando, a giustificazione del provvedimento, la natura abusiva degli abitati. Per Erekat, invece, la demolizione di Khan al Ahmar sarebbe l’ennesimo “crimine di guerra” ascrivibile a Gerusalemme. Secondo il collaboratore di Abu Mazen, Netanyahu avrebbe decretato l’eliminazione degli abitati che ospitano rifugiati palestinesi al fine di realizzare, sulle macerie delle case abbattute, un nuovo “insediamento coloniale” israeliano: “Netanyahu non ha alcun diritto di costruire su quella terra. Il nostro popolo la difenderà con ogni mezzo. La Corte penale internazionale deve infliggere a Israele una sanzione esemplare. In Cisgiordania è in corso da decenni una palese dominazione coloniale, caratterizzata da crimini di guerra ai danni dei legittimi abitanti di quella regione".

L’avvio all’Aia di un processo a carico di Israele, malgrado i reiterati appelli lanciati dall’Olp all’indirizzo della Corte penale internazionale affinché lo Stato ebraico venga condannato per i crimini commessi in Cisgiordania, è un’ipotesi assolutamente irrealizzabile. L’organo giudiziario infatti può emettere sentenze soltanto verso Stati che siano parti del suo trattato istitutivo. Gerusalemme non ha mai sottoscritto la convenzione istitutiva della Corte e considera “illegittima” la giurisdizione di quest’ultima.

Erekat, al termine della conferenza stampa, ha indirizzato dure critiche anche nei confronti di Donald Trump, colpevole di avere decretato la chiusura della rappresentanza diplomatica dell’Olp a Washington. L’espulsione dagli Stati Uniti dei rappresentanti del governo Abu Mazen è stata annunciata pochi giorni fa da John Bolton, consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale. Le autorità americane hanno presentato la chiusura degli uffici dell’Olp come una legittima reazione alla costante “propaganda anti-israeliana” orchestrata da Ramallah e come una contromisura al recente “rigetto”, da parte delle istituzioni palestinesi, del piano di pace per il Medio Oriente predisposto dagli Usa. Erekat ha replicato con queste parole alla decisione statunitense: “L’espulsione dei nostri funzionari dal territorio americano è un gesto vile e pericoloso. La Casa Bianca ci accusa di avere compromesso i negoziati per la pace in Medio Oriente, ma sono stati proprio gli Usa a boicottare, mediante inaccettabili provocazioni, ogni trattativa. Dal giorno in cui il presidente Trump ha trasferito l’ambasciata americana a Gerusalemme, la Palestina non considera più gli Stati Uniti come un mediatore onesto e affidabile nel negoziato per la pace.

L’affronto che il nostro popolo ha subito ad opera di Trump ci impedisce di proseguire ogni forma di collaborazione con le autorità Usa".

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