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Pakistan, rinviato ancora il processo ad Asia Bibi

La Corte Suprema del Pakistan ha rinviato a data da destinarsi l’udienza prevista per questa mattina: dopo 2.665 giorni di prigionia Asia Bibi resta in carcere

Pakistan, rinviato ancora il processo ad Asia Bibi

Anche questa volta niente da fare per Asia Bibi: si è risolta in un buco nell’acqua l’attesissima udienza che avrebbe dovuto finalmente decidere delle sorti della cristiana pakistana detenuta dal 2009 con l’accusa di blasfemia.

Il rinvio

La Corte Suprema del Pakistan ha rinviato a data da destinarsi l’udienza prevista per questa mattina perché Iqbal Hamid-ur-Rehman, uno dei tre giudici, ha rinunciato al caso. Anche se a livello giuridico – come sostiene l’avvocato Saiful Malook – non ci sono prove sufficienti per condannare la donna, nessuno sembra volersi assumere la responsabilità di scagionarla. Forse per paura di finire nel mirino degli estremisti islamici come accadde al governatore del Punjab, Salman Taseer, ucciso nel 2011 per aver difeso Asia Bibi. Stessa sorte toccata, lo stesso anno e per le stesse ragioni, a Shahbaz Bhatti, il primo e unico ministro delle Minoranze del Pakistan.

La storia di Asia Bibi

Il calvario di Bibi inzia nel 2009. Quell’anno i suoi vicini di casa l’accusano di aver offeso il profeta Maometto durante una discussione, avuta qualche giorno prima in un frutteto del Punjab, con alcune contadine di fede musulmana. «Il mio Gesù è morto sulla croce per redimere i peccati di tutta l’umanità, Maometto cosa ha fatto per voi?», sono le parole che avrebbero fatto scattare l’accusa di blasfemia per Bibi che – dopo giorni di intimidazioni e violenze – viene arrestata e processata. La condanna a morte, confermata in tutti i gradi di giudizio, il 16 ottobre 2014 viene avallata anche dall’Alta Corte di Lahore. Ma, a luglio del 2015, si riaccende la speranza: la Corte suprema sospende l’esecuzione della pena capitale e dispone il riesame. La donna, madre di cinque figli, è in carcere già da 2.665 giorni a causa di una legge che viene spesso usata impropriamente per colpire la minoranza cristiana – appena il 2% - del Paese a maggioranza musulmana.

La legge sulla blasfemia

Questa legge punisce ogni atto giudicato offensivo nei confronti del Corano o di Maometto e, nei casi più gravi, è prevista la pena capitale. Come riferito dall’agenzia Fides ad agosto, la Commissione per i diritti umani del Senato del Pakistan avrebbe finalmente cominciato ad affrontare il problema dell’uso improprio della legge sulla blasfemia programmando una serie di incontri con esperti legali, studiosi di religione ed altri organi competenti. L’obiettivo della Commissione non è quello di abolire o modificare la norma, bensì di proibirne l’abuso sistematico.

Nell’80% dei casi, infatti, gli imputati per il reato di blasfemia sono innocenti, a dimostrazione di come il caso di Asia Bibi – ormai celebre a livello mondiale – sia solo la punta di un iceberg.

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