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Strage di Parigi, l'attentatore la notte prima gridò: "Allah akbar"

A 24 ore dall'attacco all'interno della prefettura parigina, ancora non è stata chiarita l'esatta dinamica. La moglie dell'uomo, tenuta in custodia, ha parlato di una "crisi di demenza" del marito, descritto da tutti come "un impiegato modello" e un fedele "non estremista"

Strage di Parigi, l'attentatore la notte prima gridò: "Allah akbar"

Ieri mattina, tra le 12.30 e le 13, ha preso un coltello da cucina di cercamica, si è alzato dalla sua scrivania, ha lasciato il suo ufficio e ha iniziato ad agire, ferendo a morte quattro persone, prima di essere ucciso nel cortile della struttura, con alcuni colpi d'arma da fuoco, dopo non aver eseguito l'ordine di lasciar cadere l'arma a terra. È il bilancio dell'attacco alla sede della prefettura di Parigi di ieri, il cui autore, Mickael Harpon, un 45enne nato in Martinica, era stato descritto da Loic Travers, del sindacato di polizia Alliance, come "un impiegato amministrativo modello" con più di 20 anni d'esperienza.

La prima ipotesi

La dinamica del gesto, su cui stanno ancora lavorando gli inquirenti, deve essere ancora chiarita, ma si è detto, almeno all'inizio, che alla base della sua azione potesse esserci un regolamento di conti per faccende di tipo sentimentale. Dell'uomo, che dal 2003 soffriva di problemi all'udito, si sa soltanto che 18 mesi fa si era convertito all'islam e che la moglie (sposata nel 2014), messa in custodia dagli agenti poche ore dopo l'attacco, è musulmana.

Musulmano dal "profilo molto fragile"

Gli investigatori hanno perquisito la sua abitazione, a Gonesse, a 20 chilometri da Parigi, nella Val d'Oise. I vicini da casa l'hanno descritto come un uomo calmo e di fede non estremista, anche se il 45enne frequentava spesso la moschea del quartiere. Probabilmente per questo motivo, almeno all'inizio, sono state prese in considerazione dagli investigatori diverse piste, incluso il movente personale, e nella prima fase dell'inchiesta non è stata incaricata la procura antiterrorismo. Fino alla giornata di ieri non aveva dato nessun segno di radicalizzazione, anche se presentava un profilo psicologico "molto fragile".

Il grido "Allah Akbar"

Un testimone, però, ha affermato che l'aggressore, la sera prima dell'attacco, avrebbe gridato "Allah Akbar", che significa "Dio è grande" ed è il grido che molti terroristi esclamano prima di compiere un attentato. A citare il racconto, il quotidiano Le Figaro. Sempre secondo quanto ricostruito, il testimone sarebbe stato svegliato dalle urla dell'impiegato, nel cuore della notte.

Il governo: "Gli islamici non sono terroristi, ma non eslcudiamo il movente"

Sibeth Mdiaye, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e portavoce del governo francese, avrebbe fatto sapere che non ci sono elementi a conferma di una motivazione estremistica, esortando a non correre a conclusioni affrettate sulla base del solo fatto che l'aggressore si era convertito all'islam. E ha aggiunto: "Il fatto che qualcuno si converta all'islam non è automaticamente un segno di radicalizzazione. I fatti devono essere esaminati con precisioni. Ed è quello che gli inquirenti stanno attualmente facendo. Questo non significa al contempo che un movente terroristico sia eslcuso".

La "crisi di demenza"

Eppure, in base a quanto riportato dalla moglie dell'uomo a France info, la sera prima dell'attacco, l'impiegato avrebbe avuto visioni, dopo un brusco risveglio, avrebbe detto cose incoerenti e sentito persino delle voci. La compagna ha però anche sottolineato che il marito era scontento della sua posizione lavorativa e che pensava che il suo valore non venisse abbastanza riconosciuto. Ascoltata dagli investigatori, la donna avrebbe parlato anche di "una crisi di demenza".

"Nessun segno d'allarme"

Ieri, sul luogo dell'incidente, sono arrivati il primo minstro Edouard Philippe, il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, e il ministro dell'Interno Christophe Castaner, che ha confermato che l'assalitore "non aveva mai mostrato problemi comportamentali" o "il minimo segno di allarme". Secondo quanto riportato dal sindacato SGP-Police, si sarebbe trattato di "un dramma puramente umano, che non ha nulla a che fare con il nostro lavoro, sarebbe potuto accadere in qualsiasi azienda e luogo di lavoro".

L'aggressione, infatti, si è consumata all'indomani di una mobilitazione senza precedenti da 20 anni dei poliziotti, scesi in piazza per denunciare il malessere per le dure condizioni di lavoro, i suicidi tra gli agenti e la riforma delle pensioni.

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