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In Ucraina c'è la guerra dei volontari

Stranieri "di destra" e "di sinistra" accorrono a rafforzare le armate di Kiev e le milizie filorusse

Il gruppo dei cetnici serbi in azione per Mosca
Il gruppo dei cetnici serbi in azione per Mosca

Un americano ucciso in battaglia, l'italiano che combatte con Kiev, gli spagnoli al fianco dei filorussi, i francesi da tutte e due le parti, svedesi contro Mosca e serbi schierati con i separatisti. In Ucraina non ci sono solo volontari o militari russi in congedo oppure no, ma decine, probabilmente un centinaio di combattenti stranieri, quasi tutti con passaporti occidentali.

Mark Paslawsky ucciso il 19 agosto in battaglia nella cittadina di Ilovaysk, nell'Ucraina orientale, era un americano diplomato all'accademia militare di West Point. A 55 anni e con antenati ucraini aveva deciso di arruolarsi nel battaglione Donbass, che combatte per Kiev, fin da aprile. «Sono aggregato ad una squadra di sei uomini. Porto il fucile e faccio la mia parte» aveva detto a Vice news il combattente nato a New York.

I francesi risultano schierati da una parte e dall'altra. La scorsa settimana sono comparsi a Donetsk, una delle roccheforti dei ribelli filo russi, Guillame, Michel, Victor e Nicolas, quattro francesi arruolati con la milizia anti Kiev. Guillame intervistato dall'agenzia di stampa russa RIA Novosti non ha dubbi: «Questa è la terza guerra cominciata con la Libia, poi la Siria e adesso il Donbass (la regione di combattimenti in Ucraina, nda). La Russia è uno dei pochi Paesi che combatte il globalismo. Siamo al suo fianco. Per noi è come una “Riconquista”».

La pensa esattamente all'opposto Gaston Besson, il reclutatore francese del battaglione Azov, l'unità degli «uomini neri» schierata contro i separatisti. «Siamo volontari senza un soldo di paga, che combattono per una giusta battaglia. Gli arruolati europei per ora sono 12 ed altri 24 stanno arrivando. Ogni giorno scarico decine di mail di richieste soprattutto da Paesi come Finlandia, Norvegia, Svezia» assicurava Besson, in giugno, a Kiev. Ex parà francese, veterano di cinque guerre dalla Birmania, al Suriname fino alla Croazia, dove negli anni Novanta comandava una brigata internazionale di 500 uomini. Dal 16 giugno ha lanciato via Facebook l'appello «a tutti i volontari stranieri» per arruolarsi nel battaglione Azov. «Non vogliamo fanatici del dito sul grilletto, drogati o alcolizzati - spiega -. Per arrivare devono pagarsi il biglietto da soli».

Nel battaglione che combatte sul fronte dell'Est è arruolato l'italiano Francesco F., toscano, ex di Avanguardia nazionale. «Sulle barricate di piazza Maidan ero come ET, che ritrova “casa” al fianco dei nazionalisti ucraini - ha raccontato il volontario di 53 anni -. Dopo l'annessione della Crimea e l'esplosione dell'Est del Paese non potevo abbandonarli di fronte alla minaccia russa».

Al suo fianco c'è un pugno di svedesi, come un giovane ventenne con un tatuaggio guerriero sul braccio e la scritta in inglese «figlio di Odino». Del reparto accusato di simpatie filonaziste fa parte anche il tiratore scelto svedese Mikael Skillt, che ha una taglia di filorussi sulla testa e dice sprezzante del pericolo: «Venite a prendermi. Non ho paura».

Sul campo di battaglia sono stati segnalati combattenti polacchi, ma il governo di Varsavia ha smentito. Degli ex soldati israeliani aiuterebbero i filorussi e sarebbero arrivati pure i greci.

A fine luglio si sono fatti riprendere a Donetsk, in magliette mimetiche, due spagnoli arrivati in treno da Madrid per arruolarsi nel battaglione Vostok. Anhel Davilla-Rivas, 29 anni e Rafa Munez, 28, sono convinti di combattere contro la nuova minaccia nazifascista in Europa, come ai tempi delle brigate internazionali in Spagna anti Franco.

La pattuglia di europei più scenografica è quella dei serbi. Le loro foto in tenuta da combattimento e armati fino ai denti sono postate sulla pagina Facebook «Difendiamo la Novorossia», l'antica regione zarista che arrivava fino a Odessa. Il comandante è Bratislav Zivkovic, barbone cetnico e occhi di pece, che porta con orgoglio sulla mimetica lo stemma con l'aquila della 63ª brigata paracadutisti, in prima linea sotto i bombardamenti alleati per il Kosovo. Prima dell'Ucraina orientale erano corsi a dar man forte ai secessionisti della Crimea dove li chiamavano «lupi». La loro bandiera nera ha il simbolo cetnico del sacrificio slavo con il teschio e le tibie incrociate.

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