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Usa, così le agenzie di rating si preparano a bastonare Trump

Trump si appresta a varcare la soglia della Casa Bianca. Una schiera di oppositori sono pronti a continuare la guerra al tycoon. In prima linea le agenzie di rating

Usa, così le agenzie di rating si preparano a bastonare Trump

Donald Trump si appresta a varcare la soglia della Casa Bianca, ma vi è una schiera di oppositori pronti a continuare la guerra al tycoon. Dopo le ultime invettive di alcune stars di Hollywood ci pensano le temibili agenzie di rating a minacciare l’operato di Donald Trump, prima ancora che questo cominci. L’avvertimento è arrivato direttamente da Ed Parker, Senior Director dell’agenzia di rating Fitch. Come riportato dalla Reuters Parker sostiene che "potremmo vedere un incremento nel medio-lungo termine della pressione sul rating degli Stati Uniti". Proviamo a tradurre per i profani.

L’agenzia Fitch, così come Standard’s and Poor e Moody’s, sono le maggiori agenzie internazionali di valutazione del credito e del rating. Queste società classificano la capacità da parte degli Stati sovrani di onorare le obbligazioni assunte con i creditori. Tutti gli investitori internazionali, banche, fondi d’investimento e quant’altro, guardano con molta attenzione alle valutazioni delle "tre sorelle" del rating per effettuare in sicurezza i propri investimenti. Il metro di valutazione usato dalle "tre sorelle" va da un massimo di tre a (AAA) che indica "eccellenti capacità di onorare il debito" fino al minimo D, che indica il default. Ora gli Stati Uniti sono, per Fitch, stabilmente all’interno del primo ranking, ovvero quello delle tre A. Questo nonostante abbiano il più alto livello di indebitamento tra le nazioni della prima fascia.

Qual è dunque il rischio per gli Stati Uniti? Secondo Ed Parker starebbe proprio nella politica economica che Donald Trump ha promesso di attuare. Tutto si gioca sulla riduzione delle tasse annunciata dal tycoon. Si parla di ben 6.2 trilioni di dollari di tasse eliminate nell’arco dei prossimi dieci anni. Rielezione di Trump permettendo. Di questo piano ambizioso beneficeranno tutti i piccoli e medi imprenditori americani, nonché i colletti blu, principali elettori di Trump. Un tale progetto non combacia però con le aspettative di Fitch che vuole allarmare il prossimo presidente degli Stati Uniti. Secondo l’agenzia di rating, con l’attuazione di questo piano, la forbice del debito americano si allargherà del 33%, arrivando così alla possibilità di declassare il Paese. Un’eventualità più che spiacevole per gli Usa, dato che comporterebbe una drastica riduzione degli investimenti esteri. Gli States si ritroverebbero così ad essere sorpassati dalla Germania e dai Paesi Bassi. Un notevole e non indifferente spostamento di forze da Washington verso Berlino. Fitch rincara la dose e sostiene che la politica del dollaro forte potrebbe causare un effetto a catena su alcune economie emergenti. In particolare sarebbero Sud Africa e Turchia a rischiare il tanto temuto downgrade, ovvero il declassamento.

Vi è però da dubitare sul tempismo e l’imparzialità del giudizio di queste agenzie di rating. Tutte e tre le "sorelle", Fitch, Moody’s e Standard’s and Poor, risultano infatti tuttora indagate per manipolazione di mercato con dati falsi, in modo pluriaggravato e continuato. Quello che numerosi critici hanno fatto emergere in merito al lavoro delle agenzie di rating è come tra i principali azionisti di queste vi siano banche e vari istituti finanziari che investono negli Stati. Un vero e proprio conflitto d’interessi. In questo caso, nello specifico, risulta che uno dei principali azionisti di Fitch è il colosso dell’editoria americana Hearst. Gruppo editoriale che fin dal suo padre fondatore si è schierato con il Partito Democratico americano.

Potrebbe dunque esserci una strategia più ampia dietro alle recenti dichiarazioni di Fitch, con l’intento di delegittimare l’azione politica di Trump fin dal suo esordio.

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