Politica

Mossa giusta per convincere l’Europa

Le nuove misure ci rendono più solidi agli occhi di Germania e Bce: saremo al riparo dalla speculazione

Con saggia rapidità il Consiglio dei ministri ha irrobustito la manovra di finanza pubblica, mediante l’aumento dell’Iva che il premier da tempo avrebbe voluto e che io ho suggerito di introdurre, almeno come clausola di salvaguardia, dato che i recuperi dell’evasione stabiliti da Tremonti non erano convincenti. Questo intervento aggiuntivo si è reso necessario non tanto per convincere il mercato, che per ora rimarrà turbolento, quanto la Bce e i tedeschi, che debbono votare l’aumento della dotazione finanziaria del Fesf, il Fondo Europeo di stabilità finanziaria, che dovrebbe comprare i titoli del nostro debito, come contro manovra rispetto alle vendite speculative rivolte a mettere in difficoltà l’Italia, per mettere in crisi l’euro.

I tedeschi, contrariamente a quanto pensa Montezemolo, che si focalizza sui patrimoni e sui risparmi, reputano che l’Italia consumi al di sopra delle sue possibilità. Ed hanno ragione in quanto abbiamo un deficit di bilancia dei pagamenti correnti dello 1-2% annuo. L’Iva colpisce i consumi ed esonerando l’export lo stimola, mentre tassando l’import riduce il deficit del commercio estero in entrata. Il gettito che si può ricavare dall’aumento dell’Iva oscilla fra i 6 miliardi annui, se saranno colpiti tutti i beni e servizi destinati al consumo, a poco più della metà, se invece si applicasse l’aumento solo ai beni e servizi tassati al 20% e non a quelli tassati al 4 o al 10. Infatti la base imponibile dell’Iva, ossia il valore aggiunto tassabile, è di circa 600 miliardi. L’1% di 600 è 6 (il gettito Iva del 2010 è di circa 115 miliardi, e aumenterebbe del 5%).

Accanto a questa misura ce n’è una strutturale: l’innalzamento graduale dal 2014 dell’età di pensionamento delle donne nel settore privato, a 65 anni, che incide sui saldi del bilancio solo da quell’anno. E sarà molto importante, mano a mano che tale età verrà innalzata. A regime, dopo dieci anni, potrebbe valere un punto di Pil, cioè in termini attuali 16 miliardi circa. Ciò ridurrebbe del 20% circa il nostro debito pensionistico che è attorno al 5% del Pil.

Il terzo elemento del supplemento di manovra consiste nell’aumento del 3% al 46% dell’aliquota sui redditi dei contribuenti con più di 300mila euro annui. Esso si presenta formalmente come transitorio, in attesa della riforma dell’Irpef. Il gettito, se si limita ai soggetti sopra i 500mila euro che sono appena 4mila, sarà molto modesto, a causa della diffusa elusione ed evasione del tributo da parte di molti di tali grandi redditieri. Se immaginiamo che di media essi dichiarino un reddito di un milione, la materia imponibile è solo di 4 miliardi E il gettito del 3% è 120 milioni. Scendendo, però a 300mila euro i contribuenti, con reddito non eccedente i 500mila euro sono circa 17mila e la materia tassabile circa 6,8 miliardi. Quindi il gettito per questo gruppo sarebbe di 200 milioni, cui si aggiungerebbero 120 milioni su quelli con più di 500mila euro, con un gettito annuo di 300 milioni, che potrebbe agevolmente raddoppiare o triplicare, facendo funzionare gli accertamenti tramite gli indici di consumo vistoso del redditometro. Chi ha grosse entrate, può eludere legalmente l’Irpef evitando di distribuire una parte gli utili delle società che generano tali proventi. Se ci sono più soci, ciascuno può far affluire tali utili a una sua società, che ne distribuisce solo una parte, che il proprietario destina alle sue spese.

Ci sono poi le elusioni ed evasioni illegali. Comunque, non si tratta di far piangere i ricchi, ma di sperare che investano e comprino Bot e Btp e amino un po’ più la propria patria, evitando di andare a Cernobbio a fare discorsi catastrofici sulla manovra del governo, allo scopo di farlo cadere.

Questi discorsi riportati dal Wall Street Journal e dal Financial Times generano effetti negativi sulla credibilità dell’Italia e spaventano i nostri risparmiatori. Ora si tratta di tradurre tutta la manovra in legge e di far vedere quali sono i suoi risultati quantitativi sul nostro bilancio per far parlare i numeri. E tenere poi i nervi saldi, perché la nazione con il bilancio in ordine, dà fiducia ai suoi risparmiatori, a cui soprattutto deve contare.

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