Cronaca locale

"L’altarino identificava il gruppo criminale", indagati i genitori di Emanuele Sibillo

Il giovane boss fu ucciso dalla camorra in un agguato nel 2015. La cappella in suo onore è stata rimossa lo scorso aprile

"L’altarino identificava il gruppo criminale", indagati i genitori di Emanuele Sibillo

Fa ancora discutere la cappella votiva che conteneva l’urna cineraria di Emanuele Sibillo, il giovane boss ucciso dalla camorra nel 2015. Ad aprile scorso, l’altarino costruito dalla famiglia del ragazzo, nel cortile di casa, in via Santissimi Filippo e Giacomo a Napoli, è stato rimosso dalle forze dell’ordine, ma la vicenda non si è chiusa là. Come riporta Fanpage, la Dda ha iscritto i genitori di “ES17”, l’acronimo con cui il capo banda di zona era riconosciuto, nel registro degli indagati. Gravi le accuse a carico di Vincenzo Sibillo, 55 anni, e Anna Ingenito, 50 anni. Si va dall’estorsione alla violenza privata, per finire all’associazione mafiosa. Per gli inquirenti, quella cappella votiva aveva un significato preciso: era un elemento di identificazione forte per il gruppo criminale e non un semplice ricordo del familiare defunto.

Respingono ogni accusa i coniugi Sibillo che, attraverso i loro legali, fanno sapere di attendere con ansia il processo dove dimostreranno la loro completa innocenza. Secondo la costruzione fatta dalla Direzione distrettuale antimafia, Emanuele Sibillo sarebbe stato a capo di una “paranza” legata alla famiglia Contini, clan di spicco della famosa alleanza di Secondigliano. Le guerre di quartiere costarono caro a “ES17”, che il 2 luglio 2015 fu sparato alla schiena. Inutile si rivelò la corsa all’ospedale Loreto Mare, il giovane morì lungo il tragitto. La sua dipartita, in giovanissima età, fu vissuta in maniera tragica nel quartiere, che ha innalzato a figura mitologica il baby boss. “ES17” è diventato un mito per i ragazzi di Secondigliano, tanto da finire in diversi documentari realizzati per descrivere il fenomeno delle giovani bande camorristiche di Napoli.

La cappella votiva in suo onore fu costruita in maniera completamente abusiva, a discapito degli altri condomini, a cui veniva sottratta anche l’energia elettrica del palazzo.

L’altarino ospitava il busto di Emanuele Sibillo, oggetto di pellegrinaggio da parte degli scagnozzi del quartiere, e le ceneri riposte in un’urna come reliquia da venerare.

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