Politica

Napolitano al giro di boa: difendere e aggiornare "il patto che ci lega"

Un libro del Mulino raccoglie gli interventi più significativi dei primi tre anni e mezzo del mandato del capo dello Stato: dalla memoria alla necessità di riforme profonde e condivise, dalla democrazia dell'alternanza alla Costituzione che è sacra ma non intoccabile

Tre anni e mezzo sul Colle per onorare quel «patto che ci lega». Al giro di boa di Giorgio Napolitano al Quirinale, è già tempo dei primi bilanci. Ci ha pensato il Mulino, che ha raccolto una selezione degli interventi del presidente della Repubblica nel corso della prima metà del suo mandato. Il libro, che si intitola infatti «Il patto che ci lega - Per una coscienza repubblicana», è introdotto dello storico Paolo Pombeni ed è stato presentato durante un'udienza al capo dello Stato.
Il filo rosso che unisce molte prese di posizione di Napolitano è proprio il richiamo a quell'accordo, a quel collante del Paese e della società italiana e che non è solo la lettera della Costituzione ma la capacità di rinnovare questo legame. Il presidente, spiega Pombeni, dalle pagine dei suoi discorsi richiama tutti a «un concorso di volontà più forte di tutte le ragioni di divisione», a un «operante patriottismo costituzionale».
Il libro si apre con il messaggio del capo dello Stato nel giorno del suo giuramento davanti alle Camere, il 15 maggio 2006, che è anche l'occasione nella quale Napolitano ribadisce il faro e la missione del suo settennato: aiutare il Paese, rappresentando un punto di riferimento super partes, a completare la sua transizione politica verso una «matura democrazia dell'alternanza». Obiettivo che - Napolitano l'ha ripetuto pochi giorni fa in Turchia - resta tuttora valido.
I messaggi sono divisi in quattro sezioni. La prima è dedicata ai discorsi agli italiani, nei quali c'è sempre l'invito a cogliere l'occasione delle riforme e a uscire dalla crisi come un Paese migliore. Poi ci sono gli interventi più storici: quelli per i caduti di Cefalonia e di El Alamein, la festa della Liberazione, il 4 novembre, il Mezzogiorno e l'unità d'Italia. La terza parte è quella incentrata sulla memoria: spicca l'invito a non dimenticarè per le vittime del terrorismo, di qualsiasi matrice. Infine, la sezione più politica, con il ruolo della Costituzione e l'evoluzione della democrazia italiana e la collocazione dell'Italia nello scenario europeo.
Centrale, anche per il modo in cui Napolitano interpreta il suo ruolo, la lezione dell'aprile scorso alla Biennale democrazià di Torino su democrazia e Costituzione che «non è una specie di residuato bellico come da qualche parte si vorrebbe talvolta fare intendere». La centralità del Parlamento, così come l'indipendenza della magistratura sottolineava allora il capo dello Stato, «non costituisce un bagaglio obsoleto sacrificabile, esplicitamente o di fatto, sull'altare della governabilità in funzioni di decisioni - la citazione è di Bobbio - rapide, perentorie e definitive da parte dei poteri pubblici». Più che attuale, e quasi profetica, un'altra frase: «Tutte le istituzioni di controllo o di garanzia non possono essere viste come elementi frenanti del processo decisionale, ma come presidio legittimo della dialettica istituzionale».

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