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Nautica con il fiato sospeso Filo diretto Ucina-Bruxelles

L'export di yacht italiani in Usa è il 50% del totale Ue Demaria: «Comparto già penalizzato pesantemente»

Antonio Risolo

La guerra dei dazi innescata dagli Stati Uniti entra nella fase più delicata, e pericolosa, dopo la risposta europea alle misure americane sulle importazioni dall'Europa. Come il Giornale di Bordo aveva anticipato nell'edizione del 20 giugno, nella blacklist c'è anche la voce Nautica, una voce pesante il cui fatturato globale vale 3,4 miliardi di euro (dati riferiti al 2017).

E Bruxelles? La Commissione Ue «è al lavoro, pronta a negoziare», fanno sapere i portavoce di Juncker & C. Più probabile, però, che l'Europa, nel tentativo di mostrare i muscoli che non ha, abbia adottato ancora una volta le solite strategie che spesso si sono rivelate veri e propri boomerang per gli Stati membri.

Ucina Confindustria Nautica, insieme con Ebi (European Boating Industry, la federazione che raggruppa e rappresenta tutte le associazioni nautiche europee con sede proprio a Bruxelles), è in continuo contatto con gli entourage di Jean-Claude Juncker, Cecilia Malmström e il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, nel tentativo di fare uscire da un possibile e nuovo girone infernale un settore già massacrato dalla lunga crisi e dalle scellerate politiche del governo Monti.

Ucina ed Ebi, in sostanza, dicono «no a una politica suicida» che potrebbe bloccare la ripresa in atto, proiettata verso la storica crescita del 20%.

Per capire di che cosa stiamo parlando, è bene ricordare che l'export europeo di yacht negli Usa è di circa 800 milioni di dollari (contro un import di 150 milioni), mentre la quota italiana, da sola, rappresenta circa il 50%: 400 milioni di export e appena 20 di import.

I conti sono presto fatti: senza un negoziato serio, l'Italia ne uscirebbe con le ossa rotte. Per l'ennesima volta, anche se per congiunture diverse. Di sicuro, tutta la complessa filiera nautica non sarebbe in grado di assorbire altri colpi bassi.

«In una fase di crescita e di consolidamento dell'industria nautica in Italia e nel mondo, una guerra sui dazi tra Stati Uniti ed Europa non può che avere riscontri negativi sul mercato e sull'economia globale - dice al Giornale di Bordo Carla Demaria, presidente di Ucina Confindustria Nautica - I nostri esperti stanno lavorando a stretto contatto con l'European Boating Industry, presieduta da Piero Formenti, nel tentativo di scongiurare una nuova crisi che potrebbe rivelarsi devastante. L'auspicio è che la situazione possa trovare il più presto possibile una risoluzione in un'ottica di apertura, non di chiusura dei mercati e dei confini. Il nostro settore, del resto, è già stato penalizzato pesantemente sia dalla crisi globale sia da politiche poco lungimiranti e autolesioniste di cui, purtroppo, conosciamo la portata e l'impatto drammatico». Le cui ferite, aggiungiamo noi, non sono ancora del tutto rimarginate.

In questo bailamme scatenato dal tycoon americano, potrebbero esserci altri nervi scoperti.

Alcuni cantieri italiani, infatti, hanno acquisito di recente importanti commesse proprio da armatori americani, con consegne previste tra il 2019 e il 2020. Che cosa ne sarà di questi ordini nella sciagurata ipotesi di un inasprimento della disputa in atto?

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