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Caso Pantani, parla il medico: "Qualcuno ha approfittato di lui? Può essere"

Roberto Rempi, medico di Marco Pantani ai tempi della Mercatone Uno, ha ricordato il Pirata a poche ore dal diciannovesimo anniversario della sua scomparsa. "Marco era troppo buono, anche con chi non lo meritava. Qualcuno ha approfittato di lui? Può essere"

Un primo piano di Marco Pantani in maglia rosa
Un primo piano di Marco Pantani in maglia rosa

"In questi giorni mi trovo proprio a Madonna di Campiglio. Che dire? Marco resta nel cuore di tutti noi. Specie di chi lo ha conosciuto: una persona introversa, ma intelligentissima. E che ti dava tanto, quando conquistavi la sua fiducia. Ieri mattina, appena sveglio, gli ho dedicato una preghiera. Spiace per tutto quello che ha subìto". Dall'altra parte del telefono c'è Roberto Rempi, settantaduenne fiorentino ex-medico sociale di Marco Pantani ai tempi della Mercatone Uno. Del resto, per gli appassionati di ciclismo, San Valentino non può essere una data felice visto che coincide con l'anniversario della morte del Pirata. Era infatti il 14 febbraio del 2004 quando l'atleta allora trentaquattrenne fu trovato privo di vita in una stanza dell'Hotel Le Rose di Rimini. Il decesso del campione di Cesenatico è stato attribuito ad un mix di droga e psicofarmaci, ma a distanza di quasi due decenni i punti da chiarire non mancano e la famiglia (in primis la madre Tonina Belletti) continua da anni a chiedere alle istituzioni di fare luce sulla vicenda.

Anche perchè sul caso sono state aperte diverse inchieste in tutto questo lasso di tempo: se le prime due sono poi state sostanzialmente archiviate con un niente di fatto, la terza risulterebbe ancora in corso e lo scorso dicembre la Commissione Antimafia non escluse ipotesi alternative circa la scomparsa di Pantani. Nemmeno quella che porta al coinvolgimento della criminalità organizzata. Chi lo conosce sembra concordare su un punto: sul piano psicologico, Marco non si riprese mai del tutto dall'esclusione al Giro d'Italia del 1999 che stava dominando, a seguito del controllo che ne rilevò un tasso di ematocrito pari al 51,8%. Stando a quanto più volte dichiarato dai familiari, il ciclista era convinto già all'epoca del fatto che qualcosa non quadrasse (anche alla luce dei precedenti valori, risultati ben al di sotto della soglia-limite del 50%): era certo di essere stato messo in mezzo e passò gli ultimi dolorosi anni della sua esistenza anche a cercare di capire chi lo avesse "tradito", in quel giorno di giugno del '99 a Madonna di Campiglio.

E anche Rempi, pur soppesando bene le parole, non ha mai nascosto alcune perplessità. "Un valore che può dipendere da mille variabili: da quanta parte liquida e quanta parte corpuscolata del sangue c’è in provetta. Fatto sta che fu sospeso per quindici giorni ed escluso dal Giro - ha ricordato - i controlli a Pantani e ai corridori erano sempre stati fatti con regolarità, in istituti di analisi accreditati e annotati in cartella. La documentazione era conservata ma sia lui che io finimmo indagati da ben sette procure”. Rempi non venne comunque rinviato a giudizio, anche se proprio quell'anno decise di congedarsi dall'attività di medico per le società professionistiche di ciclismo. A precisa domanda su quale siano le sue sensazioni circa l'esito della nuova indagine, dà l'impressione di non nutrire particolari speranze. Pur non sbottonandosi però, si è lasciato andare ad una considerazione sibillina. "Marco era troppo buono, anche con chi non lo meritava. Qualcuno ha approfittato di lui? Può essere - ha chiosato Rempi - una figura come la sua deve essere ricordata, sempre.

Per il resto, però, lasciamolo in pace".

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