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Nel Pd allo sbando pure il gol di Fassino imbarazza Bersani

Bersani, scottato dalle vicende di Milano e di Napoli, all’ultimo non se l'è sentita di appoggiare pienamente la candidatura "ufficiale" del partito, per poi vedersi eventualmente appioppata l’eventuale sconfitta, e ha ritratto la mano. Fassino ha vinto, ma nel Pd ora è "maretta"

Nel Pd allo sbando pure il gol di Fassino imbarazza Bersani

A Torino, per il Pd, è andata sorprendentemente bene: Piero Fassino ha vinto le primarie stracciando quello che veniva raccontato alla vigilia come insidiosissimo avversario, l’ex democristiano Davide Gariglio, e che invece alla resa dei conti ha avuto la metà dei voti raccolti dall’ex segretario dei Ds: un flop. Nonostante Pier Luigi Bersani.

L’intervista concessa alla Stampa dal segretario Pd alla vigilia del voto ha letteralmente mandato su tutte le furie Fassino: evidentemente Bersani, scottato dalle vicende di Milano e di Napoli, all’ultimo non se la è sentita di appoggiare pienamente la candidatura «ufficiale» del partito, per poi vedersi eventualmente appioppata l’eventuale sconfitta, e ha ritratto la mano: «Devono decidere i torinesi, chi vince va bene».

Le urla di Fassino, quando ha letto le dichiarazioni del leader, sono arrivate fino a Roma, con gli uomini del segretario che si sforzavano di sminuire l’accaduto dandone la colpa al giornale di Torino, colpevole di aver messo la frase incriminata nel titolo.
Paradossalmente, però, proprio la vittoria di Fassino restituisce argomenti a chi (e sono molti più di quanti lo dicono) sulla bontà dello strumento delle primarie continua a nutrire forti dubbi. Ieri il dalemiano Matteo Orfini, membro della segreteria Pd, ha messo il dito nella piaga: «Non è doveroso usare le primarie, vanno valutate caso per caso. Se a Napoli o a Milano non le avessimo usate sarebbe stato meglio». Anche perché, fa notare Orfini, «uno dei primi doveri di un partito democratico è quello di selezionare la classe dirigente», anziché affidarsi ogni volta all’umore dei passanti.

Il fatto che un candidato come Fassino, torinese doc, ultimo leader dei Ds e con un curriculum a prova di bomba, si sia dovuto sottoporre alla corrida di primarie tutte interne allo stesso partito ha in effetti del paradossale.
Se a Torino (dove il Terzo Polo è a corto di candidati) il centrosinistra è favorito dai pronostici, a Napoli la situazione è ancora in altissimo mare. Annullate le primarie, tramontata l’ipotesi di candidare il magistrato Cantone (sponsorizzato da Roberto Saviano), il Pd sta freneticamente cercando un nuovo nome, al quale non possa dire di no Di Pietro (che scalpita per candidare De Magistris, soprattutto per levarsi di torno l’ingombrante compagno di strada) e che soprattutto convinca a desistere il candidato uscito vincente dalle primarie annullate, ossia il bassoliniano Cozzolino, che minaccia di farsi una lista per conto proprio.

«Dobbiamo trovare un altro magistrato, o almeno un dirigente di Polizia, un generale dei Carabinieri, un comandante della Finanza», elencava tra il serio e il faceto qualche giorno fa un parlamentare del Pd. Sbagliando di poco: la scelta, a quanto pare, potrebbe cadere su un prefetto di rango, Mario Morcone, attuale direttore nazionale dell'Agenzia per i beni confiscati alla criminalità.

Il Pd punta su di lui, che deve sciogliere la riserva su una partita assai difficile per il centrosinistra, dopo gli anni della Iervolino e della monnezza.

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