Politica

Il Nobel e l’economia perfetta «Il piacere conta più del Pil»

Uno studio americano misura ansia e soddisfazione dei cittadini. Ma apre le porte a governi da Grande Fratello

Cristina Missiroli

Non preoccupatevi di ricercare la vostra felicità. Comunque, non sareste in grado di valutare cos'è che vi renderebbe felici. Ma non temete: tra poco ci potrebbe pensare lo Stato. Due scienziati americani, Alan Krueger e Daniel Kahneman, sostengono infatti che sono stati fatti progressi importanti nella misura della felicità. Una nuova scienza, a metà tra l'economia e la psicologia, ha sviluppato metodi affidabili per misurare il benessere soggettivo di una persona. Krueger è un economista e professore molto considerato all'Università di Princeton. Kahneman è psicologo e ha vinto il premio Nobel nel 2002 e certo non grazie ad un manuale su come essere felici.
Il loro metodo - dicono - consente di stabilire quanta parte della felicità sia relativa al denaro (sia in termini assoluti, sia in termini relativi alla ricchezza della propria cerchia), quanta allo stato familiare, e quanta al modo in cui le persone distribuiscono il loro tempo tra le varie attività. Tra tutte appare una certezza: il tempo dedicato alla socializzazione rientra nelle scelte buone, quello dedicato ad attività solitarie rientra invece nelle scelte cattive.
Ma se sul serio è possibile determinare scientificamente la formula della felicità, sostengono i due studiosi, allora è logico che queste scoperte siano prese in considerazione per formulare politiche di governo. E lo Stato dovrebbe intervenire per accertarsi che le scelte personali del cittadino servano davvero a promuovere il suo benessere. Le preferenze del singolo, infatti, possono essere fuorvianti. Formula pericolosa.
Nel loro saggio Krueger e Kahneman propongono quello che chiamano l'U-index, l'indice U. Dove U sta per undesirable, indesiderabile. Uno strumento - dicono - più utile del Pil per calcolare il benessere di una nazione. Spiegano: «L'indice U misura la porzione del tempo che un individuo spende in uno stato indesiderabile o spiacevole. L'indice U, insomma, è un po’ come l'handicap a golf: se è basso è buon segno, se è alto è brutto segno». Ma ve l'immaginate come si trasformerebbe la politica se, come suggeriscono Krueger e Kahneman, il governo dovesse porsi come obbiettivo quello di diminuire l'indice U dei suoi cittadini? Il governo comincerebbe ad utilizzare leggi, regolamenti, incentivi per incoraggiare attività piacevoli e per scoraggiare attività che alzano l'indice U. Le persone sposate, spendendo meno tempo nell'indesiderabile stato di solitudine, hanno un indice U più basso dei single. Forse bisognerebbe incoraggiare i matrimoni e rendere la legge che permette il divorzio un po’ più restrittiva. Gli autori spiegano anche che dedicare tempo a quelle che chiamano delicatamente relazioni intime aiuta ad abbassare il famigerato indice U. Forse sarebbe il caso di punire quelle tv che non fanno abbastanza per promuovere il sesso.
Possono sembrare esempi paradossali o fuorvianti. Krueger e Kahneman, in fondo, sostengono di volere semplicemente «massimizzare il benessere della società». E non è questo, da sempre, il principale obbiettivo degli economisti? Il mondo occidentale, però, ha avuto così tante false partenze basate sulla scienza che un'altra proprio non serve. Pensate al socialismo scientifico o alla scienza psicologica di Freud. La scienza del benessere soggettivo, in fondo, non può che essere un'altra chimera. Basta applicare la nuova scienza ai suoi stessi padri. Fare ricerca e scrivere saggi finisce per tenere Kahneman e Krueger lontani dalle attività socializzanti (buone). Forse per il bene della loro teoria sul benessere soggettivo dovremmo impedir loro di chiudersi nei laboratori tutti soli (negativo). Ma forse aveva ragione Eugenio Montale: «L'uomo coltiva la propria infelicità per avere il gusto di combatterla a piccole dosi.

Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità».

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