Politica

«Nostalgie inutili: è meglio costruire il partito unico»

«Certi ragionamenti non fanno i conti con la realtà. Si rievoca un passato di cui abbiamo già sperimentato i limiti e la crisi»

Francesco Kamel

da Roma

Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia, giudica «significativa» la riflessione di Mario Monti ma non rimpiange «un Centro forte che faceva alleanze variabili». Meglio lavorare per «la razionalizzazione del sistema bipolare».
Onorevole Cicchitto, che pensa della presa di posizione di Monti che vorrebbe un grande Centro per «progredire verso una moderna economia di mercato»?
«È significativa l'uscita di Mario Monti anche perché non si è mai esposto politicamente in questo modo. Resta da capire da quali ambienti politici ed economici è stato sollecitato».
C’è qualcuno dietro?
«Non voglio fare un processo alle intenzioni. Ma è la prima volta che Monti si esprime in questi termini».
Come giudica la sua riflessione?
«Per me il suo ragionamento non fa i conti con la logica che caratterizza i rapporti politici nel nostro Paese. Il sistema politico è contraddistinto da uno scontro frontale tra i poli che a loro volta sono scossi da un’alta conflittualità interna».
Nessun rimpianto per la vecchia Dc?
«Non è che specie negli ultimi anni il sistema politico della Prima Repubblica fosse in grado di affrontare e risolvere i problemi dell’economia italiana e avesse il massimo dell’efficienza. Anzi molti problemi di oggi, a cominciare dall'alto indebitamento pubblico, sono un'eredità di quel passato. Allora, non mi pare il caso di riesumare un grande centro dopo che ne abbiamo sperimentato la crisi. Quella di Monti è una nostalgia per un tempo che non può tornare».
Eppure la fotografia sui problemi del capitalismo italiano fatta da Monti appare tanto impietosa quanto veritiera.
«Assenza di mercato e di concorrenza non sono stati nel passato e non sono determinati oggi solo dalle forze politiche. È una caratteristica di fondo del capitalismo italiano: la Fiat, Mediobanca, l'Iri sono la prova che in Italia di mercato ce ne è stato sempre molto poco».
Quindi la via d'uscita suggerita da Monti verso un grande Centro non la appassiona?
«No non mi appassiona perché, magari involontariamente, sembra guardare ai seri problemi di oggi con gli occhi del passato. Il vero problema è la razionalizzazione del sistema bipolare e non ricreare un centro con alleanze variabili di volta in volta».
E la proposta di una nuova Dc avanzata da Gianfranco Rotondi?
«È una proposta politicamente impraticabile perché i soggetti potenzialmente coinvolti hanno intenzioni diverse. A cominciare dalla Margherita che non è disponibile ad un rimescolamento delle carte».
Ma i centristi chiedono di fare qualche cosa.
«Quello che è auspicabile è che nel medio periodo, ma non so se ce la facciamo prima delle elezioni, si riesca a fare il partito unitario del centrodestra. La prospettiva è quella di mettere insieme la destra democratica e le varie tendenze di centro come l'Udc e Forza Italia. Non è facile ma è comunque necessario unire - nella logica di un bipolarismo che non è eliminabile - chi viene dalla destra, chi dal centro e chi, come alcune componenti liberalsocialiste di Forza Italia, proviene dal centrosinistra. Quello che non è né realistico né auspicabile è lasciare la destra democratica per allargarsi alla Margherita».
Eppure i Dl sono tra i protagonisti delle polemiche che stanno lacerando l'Unione.
«La Margherita polemizza con i Ds ma è saldamente dall'altra parte. Il problema è un altro. A sinistra c'è qualcosa di più: due differenti piani di scontro. Ce n’è uno di tipo politico ed ideologico tra la sinistra estrema e le altre forze dell'alleanza. E c'è un altro scontro tra Ds e Margherita sul piano economico e finanziario. È una situazione caratterizzata da un duplice conflitto che renderebbe ingovernabile il Paese».
An si è sentita all’angolo in seguito al dibattito sul grande Centro.
«La reazione di An è giustificabile ma nessuno nel centrodestra ha l’intenzione di suicidarsi rompendo con An come del resto con la Lega. Quindi il problema è quello di superare la conflittualità forzata che c’è stata in questo periodo in seguito alle polemiche. Per questo è necessario lavorare per l’unità politica ed elettorale della Cdl e anche per quella razionalizzazione che può essere rappresentata dal partito unico. Proprio le profonde differenze che emergono nel centrosinistra mettono in evidenza che le elezioni politiche non sono locali, ed è possibile far tornare in campo gli elettori del centrodestra che alle regionali non hanno votato».
Perché avrebbero disertato il voto?
«Una ragione deriva dalle difficoltà economiche che hanno penalizzato tutti i governi europei. L’altro campanello d’allarme è suonato in seguito alla conflittualità interna.

Mi sembra un grave errore, di fronte alle contraddizioni rilevanti di tipo ideale, programmatico e sulle operazioni economiche e finanziarie del centrosinistra, far riemergere nel centrodestra una conflittualità interna che poi ha scarse ragioni di esistere».

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