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La notte di «Paese Sera»: dalle glorie col Pci agli editori inquisiti

CosenzaSi fa notte per Paese Sera. Dopo gli anni gloriosi al fianco del Pci, le storiche firme ospitate e la lunga e sofferta chiusura dopo il fallimento del 1994, il quotidiano «rosso» finisce nelle mani di due signori molto particolari: il primo è Pietro Citrigno, editore calabrese, condannato per usura a quattro anni e otto mesi di carcere; il secondo è il fedele socio, Fausto Aquino, sua storica «spalla», per il quale la procura di Cosenza ha appena chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di falso in un brutta storia di affitti illeciti fra la sua società e l’Azienda sanitaria provinciale. Questo, al momento, il destino di Paese Sera, che prima ha ripreso vita on line e poi, tre mesi fa, come free press. L’obiettivo fissato dai due nuovi proprietari è ambizioso: 120mila copie di tiratura iniziale, 80mila a regime. «Faremo battaglie civili e politiche - afferma Citrigno - e combatteremo là dove ci sarà da combattere». Per ora però le uniche battaglie che impegnano i due soci sono quelle per risolvere i loro guai giudiziari. La storia in cui è rimasto coinvolto Citrigno ha fatto scalpore in terra calabra. Nel 2004 carabinieri e guardia di finanza danno il via all’operazione «Twister» coordinata dalla Dda di Catanzaro. Sequestrano 30 milioni di euro in beni e società ma soprattutto arrestano 39 persone per associazione per delinquere di stampo mafioso, usura, estorsione e riciclaggio. Gente vicina alle famiglie Presta e Chirillo che controllano la città di Cosenza e il territorio di Tarsia e Paterno Calabro. E tra gli arrestati (non per mafia) c’è pure il nuovo editore di Paese Sera, Pietro Citrigno, che esce dal carcere ma dopo quattro mesi, nel corso dell’operazione «Twister 2», ci finisce nuovamente. La procura prima ottiene il rinvio a giudizio per l'imprenditore-editore e poi, nel dicembre del 2006, la condanna a tre anni e dieci mesi. Per nulla rassegnato, Citrigno ricorre in appello, così come i magistrati che pretendono una pena più dura. La posizione di Citrigno viene stralciata e nel febbraio scorso arriva la mano pesante: quattro anni o otto mesi di carcere. In attesa della Cassazione l’imprenditore ha pensato di buttarsi nell’avventura editoriale con Aquino per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio per aver affittato all’Asp di Cosenza un palazzina di cui la sua società, «L’Edera srl», non aveva la proprietà ma solo un mero diritto di superficie. Il nome di Citrigno salta fuori anche nel corso di un’altra inchiesta, quella sulla casa di cura «Giovanni XXIII», la cosiddetta «clinica degli scandali» di Serra D’Aiello, in provincia di Cosenza. A tirarlo in ballo, pur senza mai nominarlo, è l'ex parlamentare dell’Udeur Ennio Morrone, secondo cui un assessore dell’allora giunta Loiero, insieme a un magistrato, brigavano per far finire la clinica nelle sue mani. «Già condannato per usura e più volte arrestato - affermava Morrone - unitamente all’assessore regionale, con visite di poca cortesia, se confermate, avrebbe più volte fastidiosamente importunato l’arcidiocesi. Anche un magistrato avrebbe caldeggiato l’affidamento dell’istituto a società riconducibili all’usuraio». Risultato: il pm dell’inchiesta, Eugenio Facciolla, decide di sentire sia Citrigno che Aquino. Ma da questa inchiesta i due imprenditori rimarranno fuori. Tra i papabili per dirigere Paese Sera si fa insistentemente il nome dell’attuale direttore di Calabria ora, Paolo Pollichieni, che nel 2000 rimane coinvolto nell’inchiesta «Sanitopoli» della Dda di Reggio Calabria.

Condannato in primo grado a due anni, poi assolto in appello.LuRo

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