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Nuovo allarme a tavola La Germania ci invade con i maiali alla diossina

I criminali senza scrupoli non hanno confini. In Germania, per esempio, creativi fornitori di mangimi per animali hanno reso più saporito il cibo per i maiali aggiungendo acidi grassi destinati all’industria della carta. E così, in pochi giorni, lo scandalo della diossina ha travolto non solo il mercato delle uova ma anche quello dei suini. La scoperta è stata fatta in un allevamento della Bassa Sassonia. Centinaia di maiali sono stati già abbattuti. E attualmente sono 330 gli allevamenti chiusi, di cui 19 quelli ufficialmente contaminati. E la carne a rischio sarebbe stata esportata in 25 Paesi. Le ricadute economiche e d'immagine sono gravissime. L’Italia, per esempio, è un forte importatore di maiali dalla Germania. Nei primi nove mesi dell’anno scorso - stima Coldiretti - hanno passato il confine ben 220 milioni di chili di carne e 3,7 milioni di chili di maiale. Non c’è da stupirsi nel sapere che due fette di prosciutto su tre vendute come italiane sono fatte con carne suina proveniente dall’estero (Germania compresa).
Il problema è che non si può sapere di che carne sia fatto il prosciutto che arriva sulle nostre tavole. Solo i prodotti nazionali con marchio Dop sono una garanzia. Il resto è incerto. Ma ancora per poco. Martedì prossimo il Parlamento approverà la legge sulla etichettatura obbligatoria per ogni prodotto alimentare in vendita. In pratica, sulla confezione dovrà essere elencata l’origine di ogni materia prima. In caso di prosciutto o di salame, per esempio, sapremo se è stato confezionato con carne proveniente dalla Germania. E in un caso di emergenza sanitaria come quella che si sta profilando in queste ore, il consumatore potrà salvaguardarsi da solo, senza aspettare che i Nas requisiscano dagli scaffali cibi sospetti: basta non comprare il prodotto con gli ingredienti sotto accusa.
Ad oggi l’origine degli alimenti è obbligatoria solo per alcuni prodotti, legati alle varie emergenze sanitarie. La provenienza del pollame si conosce dopo l’aviaria, quella di carne bovina dopo la mucca pazza. Oggi sappiamo anche da dove arrivano le uova, il miele, il pesce, la frutta, l’olio di oliva. Ma non conosciamo la provenienza della farina con cui si fa la pasta o della frutta con cui si fanno i succhi. Poco si sa invece sui formaggi, la carne di pecora, agnello, maiali e quindi salumi vari. Circa il 50% della spesa degli italiani, dice Coldiretti, non ha chiaro il marchio di origine. Ora si cambia e l’Italia confermerà la sua leadership in Europa nella tutela della qualità e della sicurezza dei consumatori. Il Consiglio europeo dei Ministri della salute continua infatti a osteggiare la trasparenza. «Ci verrebbe da pensare – sostiene Sergio Marini, presidente della Coldiretti -che con una chiara etichettatura lederemmo gli interessi commerciali di quei delinquenti che fabbricano alimenti zootecnici con “olio bruciato di motori”, o di quel mercato di carne, latte e uova che avvelena le nostre tavole e uccide le nostre imprese oneste». Ma alla Ue qualcosa si muove. Una riunione di esperti dei vari paesi dovrebbe mettere a punto una strategia di monitoraggio sui suini tedeschi.

Inoltre potrebbe regolamentare con una normativa l'attività dei produttori di mangimi.

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