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Un obeso costa alla sanità pubblica 100.000 euro in più di un adulto in forma

La denuncia parte dal Congresso della sezione Lazio della Società italiana di obesità (Sio). Il presidente del Comitato italiano per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentari (Cido) Angela Ferracci definisce l'obesità come una nuova forma di invalidità.

Allarme obesità: è una nuova forma di invalidità ancora non sufficientemente riconosciuta . La denuncia arriva dal quarto Congresso della sezione Lazio della Società italiana di obesità (Sio).
«L'obesità è una patologia cronica e invalidante, ma ancora non si approva la legge per riconoscerla. Colpa di un ritardo culturale», sostiene Angela Ferracci, presidente del Comitato italiano per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentari (Cido)
Per la Ferracci l'obeso va considerato come «un disabile a tutti gli effetti» ma con maggiori difficoltà. La condizione delle persone obese, le difficoltà quotidiane che trovano nelle piccole come nelle grandi cose, i problemi relazionali e quelli di salute, sono per lo più sconosciuti perchè l'obeso, dice la Ferracci, «tende a nascondersi, si vergogna della sua condizione e vive la propria malattia come una peccato». Nel nostro paese, prosegue la Ferracci, esiste «un ritardo culturale che acceca anche le istituzioni e che vede nell'obeso l'unico responsabile della propria condizione correlata solo a precise scelte personali». Secondo il presidente Cido, per il 70 per cento questa malattia è sicuramente da imputare ad un problema psicologico, per il 30 ha invece una componente genetica. «Non riconoscendo questa patologia come una malattia cronica e invalidante - prosegue Ferracci - i costi sociali saranno sempre più alti e sempre più a carico dell'obeso. In Italia ci sono solo due centri pubblici che sono addetti alla cura e alla riabilitazione, in Umbria e in Piemonte, gli altri sono centri privati accreditati. Ciò che accomuna entrambe le tipologie di strutture è l'accesso al ricovero che deve essere motivato da un evento acuto (emorragia, ictus o infarto). Diversamente il ricovero per il Sistema Sanitario Nazionale non è rimborsabile».
La Ferracci lancia dunque un appello, rivolto in particolare alle Istituzioni.«Dal 2003 è ferma una proposta di legge presentata dal senatore Antonio Tomassini, presidente della Commissione Sanità del Senato, e che prevede proprio il riconoscimento dell'obesità come malattia cronica e invalidante.-dice la Ferracci- Ma mentre le altre malattie vengono giustamente riconosciute, di questa non se ne parla, perché le persone stesse che ne soffrono si vergognano al punto di non scendere in piazza per difendere i propri diritti». Oltretutto, conclude la Ferracci, un recente studio dell'Istituto S.Anna di Pisa, rivela che un giovane di 18 anni obeso costa, alla sanità pubblica 100 mila euro in più di un normopeso.

Il riconoscimento dell'obesità come di una patologia invalidante potrebbe invece potenziare l'aspetto della prevenzione.

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